Integra il reato di false comunicazioni sociali ex art. 2622 c.c. l’omessa registrazione contabile di operazioni finanziarie ad oggetto la stipulazione di contratti derivati ad alto rischio che si rietta sulla veridicità del bilancio di una società quotata, determinando un deprezzamento delle azioni dei soci al momento in cui la relativa notizia venga divulgata a seguito degli accertamenti compiuti in proposito dalle autorità di controllo. Cass. pen. sez. V, 17 aprile 2012, n. 14759
Ai fini della sussistenza del reato di false comunicazioni sociali previsto dall’art. 2622 c.c. la causazione di un danno ai soci può anche non essere perseguito in modo diretto dall’autore della condotta, essendo sufficiente che egli fine abbia previsto ed accettato l’eventualità. Cass. pen. sez. V, 17 aprile 2012, n. 14759
In tema di false comunicazioni sociali, l’ingiustizia del profitto oggetto del dolo specifico necessario per la sussistenza del reato consiste in qualsiasi vantaggio, non solo di tipo economico, che l’autore intenda conseguire, il quale non si collega ad un diritto ovvero che è perseguito con uno strumento antigiuridico o con uno strumento legale ma avente uno scopo tipico diverso. Cass. pen. sez. V, 17 aprile 2012, n. 14759
Integra il delitto di false comunicazioni sociali in danno dei soci l’amministratore che apposta artificiosamente nel bilancio come anticipazioni in conto capitale somme versate dai soci medesimi a diverso titolo, determinandone successivamente l’indebito assorbimento una volta deliberato, peraltro con modalità illegittime, l’azzeramento del suddetto capitale. Cass. pen. sez. V, 28 febbraio 2012, n. 7787
In tema di false comunicazioni sociali, la disposizione di cui all’art. 2622 c.c. come richiamata dall’art. 223, comma secondo, n. 1, L. F. richiede oltre al dolo generico (rappresentazione del mendacio) e al dolo specifico rispetto ai contenuti dell’offesa, qualificata da ingiusto profitto, il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, previsto per escludere letture in chiave di dolo eventuale, ancorché compatibile con la presenza di concomitanti finalità. Nella specie si è ritenuto sussistere siffatto dolo intenzionale con riguardo ai creditori nella rappresentazione tranquillante dello stato finanziario del novero societario facente capo all’imputato quando esso era, in realtà, sommerso da debiti e da impellenti ingiunzioni, costretto a ricorrere ad espedienti rischiosi pur di lucrare qualche garanzia ed allargamento di do). Cass. pen. sez. V, 26 gennaio 2011, n. 2784
Il reato di false comunicazioni sociali e quello di truffa possono concorrere tra loro, non sussistendo alcun rapporto di specialità tra le rispettive fattispecie. Cass. pen. sez. VI, 9 febbraio 2018, n. 6495
Non sussiste l’ipotesi del concorso formale tra il reato di truffa e quello di false comunicazioni sociali previsto dall’art. 2622 primo comma c.c. essendo differenti le condotte, dal momento che per la configurabilità della truffa occorre un quid pluris rappresentato dalla induzione in errore e dalla sussistenza del danno; pertanto, deve escludersi la possibilità di estendere l’effetto della procedibilità a querela anche alla truffa aggravata, ai sensi della disposizione di cui al secondo comma del citato art. 2622 c.c. che fa riferimento ad altro delitto, ancorchè aggravato, a danno del patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, in quanto nella truffa il danno non rappresenta un aggravante, ma un elemento costitutivo del reato. Cass. pen. sez. V, 3 dicembre 2003, n. 46311