Art. 2497 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Responsabilità

Articolo 2497 - codice civile

Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette (1).
Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio.
Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento.
Nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario (2).

Articolo 2497 - Codice Civile

Le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società. Non vi è responsabilità quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette (1).
Risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio.
Il socio ed il creditore sociale possono agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento, solo se non sono stati soddisfatti dalla società soggetta alla attività di direzione e coordinamento.
Nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario (2).

Note

(1) A norma dell’art. 19, comma 6, del D.L. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, nella L. 3 agosto 2009, n. 102, questo comma si interpreta nel senso che per enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economica o finanziaria.
(2) A norma dell’art. 382, comma 3, del D.L.vo 12 gennaio 2019, n. 14, questo comma è stato così sostituito dal seguente:
«Nel caso di liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario.».
A norma dell’art. 389, comma 1, del medesimo provvedimento, tali disposizioni entreranno in vigore decorsi diciotto mesi dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del suddetto decreto (Suppl. ord. alla G.U. n. 38 del 14 febbraio 2019).

Massime

In tema di responsabilità da attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c. ai fini della configurazione di un gruppo è certamente necessaria la presenza di pisocietà, ma le formalità attinenti alla loro costituzione, come pure l’iscrizione e le altre forme di pubblicità previste dall’art. 2497-bis c.c. non hanno efficacia costitutiva del gruppo, per l’esistenza del quale non è neppure necessario che le società unitariamente controllate operino simultaneamente. Ciò che prevale è, invece, il principio di effettività, in virtù del quale assume rilievo la situazione di fatto esistente al momento dell’inizio, dello svolgimento e della cessazione dell’attività del gruppo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto irrilevante la circostanza che una delle società controllate, quella asseritamente danneggiata dall’attività di direzione e coordinamento, fosse fallita pochi mesi prima della costituzione di altra società controllata, avvantaggiata dalla prospettata scorretta gestione, posta in essere dalla “holding” familiare di fatto, composta dai soci delle società controllate). Cass. civ. sez. I-, 7 ottobre 2019, n. 24943

L’art. 2497, comma 3, c.c. non prevede una condizione di procedibilità dell’azione di responsabilità – promossa dal socio o dal creditore sociale nei confronti della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento – consistente nella infruttuosa escussione del patrimonio della controllata o nella previa formale richiesta risarcitoria ad essa rivolta, avendo il legislatore posto unicamente in capo alla società capogruppo l’obbligo di risarcire i soci e i creditori sociali danneggiati dall’abuso dell’attività di direzione e coordinamento. Cass. civ. sez. I, 5 dicembre 2017, n. 29139

La responsabilità della società o dell’ente che abbia abusato dell’attività di direzione e coordinamento, per aver agito nell’interesse proprio in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale delle società eterodirette, si estende, in via solidale, alla persona sica che abbia preso parte al fatto lesivo. Cass. civ. sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26765

L’art. 2497 cod. civ. prevede un’unica azione di responsabilità che può essere esercitata dai creditori sociali della società eterodiretta (e, in caso di fallimento, dal curatore) nei confronti dell’ente o della società che ha abusato dell’attività di direzione e coordinamento, al fine di ottenere il ristoro del pregiudizio conseguente alla lesione cagionata all’integrità del patrimonio sociale. Pertanto, il terzo comma della menzionata disposizione, nel prevedere che il creditore sociale può agire nei confronti dell’ente o della società che svolge attività di direzione e coordinamento solo se non sia stato soddisfatto dalla società soggetta a tale attività, si limita ad individuare una condizione di ammissibilità dell’azione di responsabilità prevista dal primo comma, ma non costituisce il fondamento normativo di un’ulteriore responsabilità sussidiaria tipica della cd. “holding” per il pagamento dei debiti insoddisfatti della società eterodiretta. Cass. civ. sez. I, 12 giugno 2015, n. 12254

La formale esistenza di un gruppo, con conseguente assetto giuridico predisposto per una direzione unitaria, e l’amministrazione di fatto di singole società del gruppo stesso non sono situazioni incompatibili poiché mentre la prima corrisponde ad una situazione di diritto nella quale la controllante svolge l’attività di direzione della società controllata nel rispetto della relativa autonomia e delle regole che presiedono al suo funzionamento, la seconda, invece, corrisponde ad una situazione di fatto in cui i poteri di amministrazione sono esercitati direttamente da chi sia privo di una qualsivoglia investitura, ancorché irregolare o implicita. Fine consegue che un soggetto, cui pure siano attribuiti poteri di direzione in quanto amministratore di una “holding” (o in quanto socio di una società di fatto che fine svolge le funzioni), può di fatto, esercitare poteri di amministrazione e, al contempo, disattendendo l’autonomia della società controllata e riducendo i relativi amministratori a meri esecutori dei suoi ordini, comportarsi come se fine fosse l’amministratore, pur utilizzando, formalmente, gli strumenti propri della direzione unitaria, quali le direttive, sicché egli risponde delle condotte relative all’amministrazione delle società controllate. Cass. civ. sez. I, 13 febbraio 2015, n. 2952

In tema di responsabilità degli amministratori di società di capitali verso la società stessa, appartenente ad un gruppo societario, ha rilievo (anche a prescindere dal testo dell’art. 2497 c.c. come novellato dall’art. 5 D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6 ) la considerazione dei cosidetti vantaggi compensativi derivanti dall’operato dell’amministratore, riflettentisi sulla società in conseguenza della sua appartenenza al gruppo e idonei a neutralizzare, in tutto o in parte, il pregiudizio cagionato direttamente alla società amministrata ; tuttavia non è sufficiente, al fine di escludere corrispondentemente la responsabilità, la mera ipotesi della sussistenza dei detti vantaggi, ma l’amministratore ha l’onere di allegare e provare gli ipotizzati benefici indiretti, connessi al vantaggio complessivo del gruppo, e la loro idoneità a compensare efficacemente gli effetti immediatamente negativi dell’operazione compiuta. Cass. civ. sez. I, 24 agosto 2004, n. 16707

La circostanza che un socio disponga, direttamente e/o indirettamente nella specie attraverso un’Anstalt dal medesimo fondata dell’intero capitale sociale di una società di capitale, non comporta la confusione del patrimonio personale del primo con quello della seconda, e perciò i creditori dell’uno, pur se socio sovrano o tiranno, non possono aggredire i beni dell’altra, sottraendoli alla loro primaria funzione di garanzia dell’adempimento delle obbligazioni sociali. Invece, proprio per rafforzare questa funzione, a norma dell’art. 2497, secondo comma, c.c. nella formulazione previgente a quella introdotta dall’art. 7 del D.L.vo 3 marzo 1993 n. 88, nel caso di insolvenza di una società a responsabilità limitata, per le obbligazioni sorte nel periodo in cui le quote sociali siano appartenute ad un solo socio, questi fine rispondeva illimitatamente con il suo patrimonio. Cass. civ. sez. II, 16 novembre 2000, n. 14870

 

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