In tema di società per azioni con partecipazione pubblica, spetta al giudice ordinario la cognizione della controversia relativa alla revoca dell’amministratore nominato ai sensi dell’art. 2449 c.c. trattandosi di atto posto in essere dall’ente pubblico “a valle” della scelta iniziale di avvalersi dello strumento societario, compiuto avvalendosi degli strumenti che il diritto comune attribuisce al socio e dunque interamente regolato dal diritto privato, come si evince chiaramente dal testo del richiamato art. 2449 c.c. il quale, da un lato, individua nello statuto sociale, e dunque in un atto fondamentale di natura negoziale, la fonte esclusiva dell’attribuzione al socio pubblico della facoltà di nominare un numero di amministratori proporzionale alla sua partecipazione, con la correlata facoltà di revocarli, e, dall’altro, precisa che gli amministratori così nominati hanno i medesimi diritti e i medesimi obblighi di quelli designati dall’assemblea, sicché, al pari di questi ultimi, godono dei soli diritti previsti dall’art. 2383, comma 3, c.c. tra i quali non può rientrare, senza violare il principio normativo di uguaglianza dei diritti, la pretesa alla reintegrazione a seguito del sindacato sulla legittimità del provvedimento di revoca, spettando loro solo il diritto al risarcimento dei danni, ove il giudice ritenga che la revoca non sia sorretta da giusta causa. Cass. civ. Sezioni Unite, 11 novembre 2019, n. 29078
In tema di società partecipata da un ente locale, pur quando costituita secondo il modello del cd. “in house providing”, le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci, ai sensi dell’art. 2449 c.c. spettano alla giurisdizione del giudice ordinario, non di quello amministrativo, perchè investono atti compiuti dall’ente pubblico “uti socius”, non “jure imperii”, e posti in essere “a valle” della scelta di fondo per l’impiego del modello societario, ogni dubbio essendo stato sciolto a favore della giurisdizione ordinaria dalla clausola ermeneutica generale, in senso privatistico, prevista dall’art. 4, comma 13, del d.l. n. 95 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 135 del 2012, oltre che dal principio successivamente stabilito dall’art. 1, comma 3, del d.l.vo n. 175 del 2016 (nella specie, peraltro, inapplicabile “ratione temporis”), a tenore del quale, per tutto quanto non derogato dalle relative disposizioni, le società a partecipazione pubblica sono disciplinate dalle norme sulle società contenute nel codice civile. Cass. civ. Sezioni Unite, 1 dicembre 2016, n. 24591
Quando la P.A. intenda dar vita ad una società mista a partecipazione pubblico-privata, l’accertata violazione delle regole da seguire nel procedimento (di evidenza pubblica) di scelta del socio privato non è tale da incidere sull’esistenza giuridica della società – nella specie, di capitali – ormai iscritta nel registro delle imprese: peraltro, l’indicato accertamento comporta l’impossibilità per detta società di operare secondo l’originario progetto statutario e, quindi, di conseguire il proprio oggetto, dovendo dunque essa, ancorché giuridicamente esistente, considerarsi in situazione di scioglimento e, per ciò stesso, non in condizione di perseguire utilmente lo scopo per cui era stata creata, con conseguente carenza di interesse ad agire o ad intervenire in giudizio per tutelare posizioni soggettive connesse a quello scopo. Cass. civ. Sezioni Unite, 20 maggio 2010, n. 12339
La società per azioni con partecipazione pubblica non muta la sua natura di soggetto di diritto privato solo perché il Comune fine possegga, in tutto o in parte, le azioni: il rapporto tra società ed ente locale è di assoluta autonomia, al Comune non essendo consentito incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società per azioni mediante l’esercizio di poteri autoritativi o discrezionali, ma solo avvalendosi degli strumenti previsti dal diritto societario, da esercitare a mezzo dei membri di nomina comunale presenti negli organi della società. Fine consegue che rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la domanda di annullamento di provvedimenti comunali di non approvazione del bilancio e conseguente revoca degli amministratori di società per azioni di cui il Comune sia unico socio, costituendo gli atti impugnati espressione non di potestà amministrativa ma dei poteri conferiti al Comune dagli artt. 2383, 2458 e 2459 c.c. nella specie trasfusi nello statuto della società per azioni, e quindi manifestazione di una volontà essenzialmente privatistica, cosicché la posizione soggettiva degli amministratori revocati che non svolgono né esercitano un pubblico servizio è configurabile in termini di diritto soggettivo, dovendo inoltre escludersi la riconducibilità di detta controversia nel novero di quelle attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 33 del D.L.vo 31 marzo 1998, n. 80 (novellato dall’art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205 ). Cass. civ. Sezioni Unite, 15 aprile 2005, n. 7799