I termini di decadenza per l’esercizio dell’azione di disconoscimento di paternità concorrono, unitamente ai casi in cui tale azione è consentita, a definire l’ambito nel quale il disconoscimento di paternità è esperibile e, con esso, a delineare il punto di equilibrio tra verità biologica e certezza dello status come presuntivamente attribuito. E siccome tali termini afferiscono a materia sottratta alla disponibilità delle parti, deve ritenersi frutto di collusione ordita per frodare la legge – con conseguente esperibilità dell’impugnazione per revocazione da parte del P.M. – la sentenza emessa a conclusione di un processo nel quale le parti, d’accordo fra loro, per far apparire tempestiva l’azione di disconoscimento di paternità e per conseguentemente superare la decadenza fissata dall’ordinamento a presidio dell’indisponibilità delle situazioni soggettive coinvolte, abbiano, contrariamente al vero, dedotto che l’acquisizione della conoscenza, da parte del figlio maggiorenne, dei fatti che rendono ammissibile il disconoscimento di paternità è avvenuta nell’anno anteriore alla proposizione dell’azione. Cass. civ. sez. I, 16 marzo 2007, n. 6302
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine annuale di decadenza entro il quale va introdotto da parte del padre il giudizio ai sensi degli artt. 235, primo comma, n. 3, e 244, secondo comma, c.c. come emendato con sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, decorre dalla data di acquisizione della conoscenza dell’adulterio della moglie, e non da quella di raggiunta certezza negativa della paternità biologica. Sulla decorrenza di detto termine non ha effetto sospensivo la nomina di un curatore speciale al minore, in quanto esso è suscettibile di sospensione nella sola ipotesi, prevista dall’art. 245 c.c. di interdizione della parte interessata. Cass. civ. sez. I, 25 febbraio 2005, n. 4090
Anche in relazione all’ipotesi dell’azione di disconoscimento di paternità di figlio «reputato legittimo» nato prima che siano decorsi 180 giorni dalle nozze, la «scoperta» dell’adulterio commesso all’epoca del concepimento – alla quale si collega il decorso del termine annuale di decadenza fissato dall’art. 244 c.c. (come additivamente emendato con sentenza n. 134/1985 della Corte costituzionale) – va intesa come acquisizione certa della conoscenza (e non come mero sospetto) di un fatto – non riducibile, perciò a mera infatuazione, o a mera relazione sentimentale, o a mera frequentazione della moglie con un altro uomo – rappresentato o da una vera e propria relazione, o da un incontro, comunque sessuale, idoneo a determinare il concepimento del figlio che si vuole disconoscere. Cass. civ. sez. I, 23 aprile 2003, n. 6477
La disciplina del termine di cui all’art. 244 c.c. conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985 – che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il secondo comma dell’art. 244 c.c. nella parte in cui non dispone, per il caso previsto dal n. 3 dell’art. 235 dello stesso codice, che il termine dell’azione di disconoscimento decorra dal giorno in cui il marito sia venuto a conoscenza dell’adulterio della moglie – è applicabile non soltanto nell’ipotesi in cui si proponga l’azione di disconoscimento del figlio nato dopo i centottanta giorni dal matrimonio deducendo l’adulterio quale condizione d’ammissibilità ai sensi dell’art. 235, n. 3 c.c. ma anche in quella di esercizio dell’azione di cui all’art. 233 c.c. nell’ambito del quale l’asserito «adulterio» all’epoca del concepimento costituisce di per sè il fatto costitutivo della pretesa. Cass. civ. sez. I, 21 aprile 2000, n. 5248
In tema di azione di disconoscimento della paternità da parte del marito (art. 244, secondo comma, c.c.), la dichiarazione della madre di nascita del figlio, appresa dal marito in occasione di un suo ritorno, anche se temporaneo, nel luogo di nascita del figlio – ancorché tale dichiarazione venga effettuata in occasione del giudizio di separazione personale, al fine di ottenere dal marito un contributo per il mantenimento del figlio – integra quella notizia della nascita avuta al momento del ritorno nel luogo di nascita del disconoscendo, idonea a far decorrere il termine annuale per la proposizione dell’azione di disconoscimento, senza che tale momento possa essere spostato a quello successivo in cui il marito ottiene l’estratto dell’atto di nascita dal quale risulti a lui attribuita la paternità, in quanto la legge fa decorrere il termine dalla mera notizia, che è sufficiente ad onerare l’attore delle ulteriori indagini per accertare la sussistenza degli altri presupposti per l’esercizio dell’azione. Cass. civ. sez. I, 18 gennaio 1993, n. 595
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 134 del 1985, il termine annuale per la proposizione dell’azione di disconoscimento della paternità previsto dall’art. 244, secondo comma, c.c. decorre, in caso di adulterio, dal giorno della scoperta dell’adulterio stesso, anziché da quello della nascita del figlio, nell’ipotesi in cui detta scoperta sia avvenuta successivamente alla nascita mentre la decorrenza del termine resta quella fissata nel testo del citato art. 244, secondo comma nella diversa ipotesi in cui la conoscenza dell’adulterio si sia verificata in epoca anteriore a tale evento. Cass. civ. sez. I, 9 giugno 1990, n. 5626
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il termine, di natura decadenziale, previsto dall’art. 244 c.c. afferisce a materia sottratta alla disponibilità delle parti, così che il giudice, giusta l’art. 2969 c.c. deve accertarne “ex officio” il rispetto, mentre l’attore deve correlativamente fornire la prova che l’azione sia stata proposta entro il termine previsto, senza che alcun rilievo possa spiegare, in proposito, la circostanza che nessuna delle parti abbia eccepito l’eventuale decorso del termine stesso. Cass. civ. sez. I, 13 gennaio 2017, n. 785
In tema di azione di disconoscimento di paternità, grava sull’attore la prova della conoscenza dell’adulterio, che si pone come “dies a quo” del termine di decadenza per l’esercizio dell’azione ex art. 244 c.c. in ciavvalendosi anche del principio di non contestazione, che opera – anche in materia di diritti indisponibili – espungendo il fatto generatore della decadenza dall’ambito del “thema probandum”, fermo restando che l’esistenza di una non contestazione sulla data della scoperta dell’adulterio non esclude che il giudice, in ragione della preminenza dell’interesse pubblico nelle questioni di stato delle persone, non possa rilevare “ex actis” un eventuale ulteriore termine di decorrenza che renda l’azione inammissibile. Cass. civ. sez. I, 30 giugno 2016, n. 13436
La prova dell’intempestività dell’azione di disconoscimento della paternità fondata sull’adulterio della moglie, può derivare, anche in via esclusiva, dalle dichiarazioni rese dal marito ad un terzo, sul momento di conoscenza dell’adulterio. Dette dichiarazioni, qualificabili come confessione stragiudiziale resa ad un terzo, ineriscono ad un dato cronologico ed oggettivamente neutro che va autonomamente provato, in via prioritaria, con ogni mezzo di prova consentito dall’ordinamento e prescindendo dalle prove relative alla sussistenza del rapporto procreativo, quale evento condizionante l’ammissibilità dell’azione e quindi estraneo alla materia attinente allo status. Cass. civ. sez. I, 30 gennaio 2001, n. 1264
La proposizione dell’azione di disconoscimento di paternità da parte del minore degli anni quattordici postula l’apprezzamento, in sede giudiziaria, dell’interesse di questi, non potendo considerarsi utile equipollente la circostanza che sia l’ufficio del Pubblico Ministero a richiedere la nomina del curatore speciale abilitato all’esercizio dell’azione stessa; tuttavia, siffatto apprezzamento trova istituzionale collocazione nel procedimento diretto a quella nomina – essendo, nel corso di esso, possibile l’acquisizione dei necessari elementi di valutazione e dovendosi, con il provvedimento conclusivo, giustificare congruamente le conclusioni raggiunte in ordine alla sussistenza dell’interesse – ma non anche nel successivo giudizio di merito, ove rappresenterebbe un’inutile duplicazione di una indagine già compiuta e sottoposta al vaglio del giudice ai fini della nomina del curatore. Cass. civ. sez. I, 15 febbraio 2017, n. 4020
Nel procedimento di nomina del curatore speciale al minore ai sensi dell’art. 244 c.c. appartenente alla categoria dei procedimenti camerali unilaterali, la legittimazione a chiedere detta nomina, o ad impugnare il relativo diniego, è attribuita (ai fini esclusivi di tutela del minore) unicamente al P.M. con esclusione di qualsiasi interferenza degli altri soggetti, che pur siano affettivamente e moralmente coinvolti, come i genitori legittimi e il sedicente padre biologico, i quali assumono, appunto, nel procedimento la veste di semplici «informatori» che offrono al giudice elementi di valutazione dell’interesse del minore, e non la qualità di parti abilitate a far valere situazioni soggettive proprie; ne consegue che gli stessi soggetti non possono essere destinatari di condanna alle spese giudiziali della fase di reclamo. Cass. civ. sez. I, 19 settembre 2003, n. 13892
Il provvedimento di conferma o di revoca di curatore speciale al minore, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 244 c.c. adottato in sede di reclamo ex art. 739 c.p.c. ancorché non sia di per sé ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. è tuttavia impugnabile con tale mezzo limitatamente alla sola parte recante condanna alle spese processuali, atteso che tale statuizione è comunque costitutiva di un rapporto obbligatorio ed è munita dei connotati della pronunzia giurisdizionale idonea ad assumere il valore del giudicato. Cass. civ. sez. I, 19 settembre 2003, n. 13892
In tema di azione di disconoscimento di paternità, il provvedimento di nomina o revoca del curatore speciale di cui all’art. 244 c.c. è privo sia del requisito della definitività (poiché esso non si sottrae alla più generale disciplina della revocabilità dettata dall’art. 742 c.p.c. da intendersi come previsione del piampio ius poenitendi da parte del giudice del procedimento, legittimato in ogni tempo alla modifica o revoca del provvedimento stesso tanto in base ad un riesame ed a una diversa valutazione delle risultanze originarie, quanto in virtù della sopravvenienza di nuovi elementi di fatto – tra cui il venir meno delle condizioni di legittimità in epoca successiva all’emanazione del primo decreto –), sia di quello della decisorietà (attesa la sua innegabile natura di procedimento camerale cosiddetto «unilaterale», la cui struttura, imperniata tutta sulla valutazione e sulla tutela dell’interesse del minore, vede, non a caso, come unico destinatario della comunicazione del provvedimento il P.M. e non anche i genitori legittimi ovvero il sedicente padre), con conseguente inammissibilità del relativo ricorso per cassazione presentato ai sensi dell’art. 111 della Costituzione. Cass. civ. sez. I, 25 novembre 1998, n. 11947
Il decreto con il quale la Corte d’Appello revochi il provvedimento del Tribunale di nomina del curatore speciale al minore infrasedicenne – al fine del promovimento dell’azione di disconoscimento della paternità ex art. 244, ultimo comma, c.c. – incidendo in maniera immediata e diretta sullo status del minore, e quindi su un suo diritto soggettivo fondamentale, è impugnabile con ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. ancorché privo del carattere della definitività. Cass. civ. sez. I, 6 aprile 1995, n. 4035
Il termine annuale per la proposizione della domanda di disconoscimento della paternità naturale è assoggettato alla sospensione per il periodo feriale di cui all’art. 1 della l. n. 742 del 1969, applicabile anche ai termini di decadenza di carattere sostanziale, ma con rilevanza processuale, quale quello ex art. 244 c.c. qualora la possibilità di agire in giudizio costituisca, per il titolare che deve munirsi di una difesa tecnica, l’unico rimedio idoneo a far valere il suo diritto, senza che assuma rilievo la maggiore o minore brevità del termine decadenziale di volta in volta sancito per intraprendere l’azione. Cass. civ. sez. I, 1 febbraio 2016, n. 1868
Il termine fissato dall’art. 244 c.c. per l’azione di disconoscimento della paternità, ha natura sostanziale e non processuale, al pari di ogni altro termine previsto a pena di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziaria, e non è, pertanto, soggetto alla sospensione durante il periodo feriale, disposta dall’art. 1 della L. 7 ottobre 1969, n. 742, con riferimento ai soli termini processuali. Cass. civ. sez. I, 19 giugno 1975, n. 2468
È manifestamente infondata, in relazione agli artt. 24, 29 e 30 Cost. la questione di legittimità costituzionale degli artt. 244 cod. civ. 395, n. 1, e 404 cod. proc. civ. nella parte in cui limitano la proponibilità dell’opposizione di terzo o l’intervento del soggetto indicato come padre naturale, o dei suoi eredi, nel giudizio di disconoscimento di paternità, promosso da colui che solo all’esito del positivo esperimento di tale azione potrà chiedere il riconoscimento di paternità, in quanto il pregiudizio fatto valere è di mero fatto, laddove il rimedio contemplato dall’art. 404 cod. proc. civ. presuppone in capo all’opponente un diritto autonomo, la cui tutela sia perincompatibile con la situazione giuridica risultante dalla sentenza impugnata. Cass. civ. sez. I, 13 gennaio 2014, n. 487
In tema di azione per il disconoscimento della paternità, è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 244 cod. civ. in relazione all’art. 117 Cost. con riferimento all’art. 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, laddove vieta eventuali ingerenze di una autorità pubblica nell’esercizio del diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, dal momento che il termine di decadenza per l’esercizio di detta azione è correlato ad un evento (scoperta in maniera certa dell’adulterio) che pone il presunto padre in condizione di valutare se proporre o meno, entro un termine congruo, la domanda di cui all’art. 235 cod. civ. ed al contempo garantisce sufficientemente, in ragione di tale congruità, l’interesse del minore alla certezza del suo “status”. Cass. civ. sez. I, 30 maggio 2013, n. 13638
In tema di azione di disconoscimento di paternità, ed alla stregua della disciplina transitoria della riforma della filiazione prevista dall’art. 104, commi 7 e 9, del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, mentre la normativa sostanziale di cui al novellato art. 244 cod. civ. si applica a tutte le azioni su cui la riforma è intervenuta, anche se relative a figli nati prima della data di entrata in vigore (7 febbraio 2014) del citato decreto, i nuovi termini di cui al quarto comma della medesima disposizione codicistica operano solo per i figli già nati alla predetta data per i quali non sia stata già proposta l’azione di disoconoscimento (persistendo altrimenti l’utilizzabilità del regime decadenziale pregresso), fermi, in entrambe le ipotesi, gli effetti del giudicato formatosi prima della entrata in vigore della legge 10 dicembre 2012, n. 219. Cass. civ. sez. I, 26 giugno 2014, n. 14556
L’imprescrittibilità dell’azione di disconoscimento di paternità proposta dal figlio, introdotta dall’art. 244, quinto comma, cod. civ. come riformulato dall’art. 18 del d.lgs. 28 dicembre 2013, n. 154, si applica, in quanto non esclusa dalle disposizioni transitorie di cui all’art. 104, commi 7 e 9 del medesimo d.lgs. anche ai giudizi già pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa. Cass. civ. sez. I, 26 giugno 2014, n. 14557