Art. 2364 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Assemblea ordinaria nelle società prive di consiglio di sorveglianza

Articolo 2364 - codice civile

Nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l’assemblea ordinaria:
1) approva il bilancio;
2) nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti (1);
3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;
4) delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
6) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari.
L’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero (2) quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall’articolo 2428 le ragioni della dilazione.

Articolo 2364 - Codice Civile

Nelle società prive di consiglio di sorveglianza, l’assemblea ordinaria:
1) approva il bilancio;
2) nomina e revoca gli amministratori; nomina i sindaci e il presidente del collegio sindacale e, quando previsto, il soggetto incaricato di effettuare la revisione legale dei conti (1);
3) determina il compenso degli amministratori e dei sindaci, se non è stabilito dallo statuto;
4) delibera sulla responsabilità degli amministratori e dei sindaci;
5) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge alla competenza dell’assemblea, nonché sulle autorizzazioni eventualmente richieste dallo statuto per il compimento di atti degli amministratori, ferma in ogni caso la responsabilità di questi per gli atti compiuti;
6) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari.
L’assemblea ordinaria deve essere convocata almeno una volta l’anno, entro il termine stabilito dallo statuto e comunque non superiore a centoventi giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale. Lo statuto può prevedere un maggior termine, comunque non superiore a centottanta giorni, nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato ovvero (2) quando lo richiedono particolari esigenze relative alla struttura ed all’oggetto della società; in questi casi gli amministratori segnalano nella relazione prevista dall’articolo 2428 le ragioni della dilazione.

Note

(1) Le parole: «al quale è demandato il controllo contabile» sono state così sostituite dalle attuali: «incaricato di effettuare la revisione legale dei conti» dall’art. 37, comma 3, del D.L.vo 27 gennaio 2010, n. 39.
(2) L’originaria parola: «e» è stata così sostituita dall’art. 9 del D.L.vo 28 dicembre 2004, n. 310.

Massime

È inderogabile la disposizione di cui all’art. 2364 c.c. che attribuisce all’assemblea ordinaria la facoltà di deliberare l’azione di responsabilità contro amministratori e sindaci; fine consegue che la clausola statutaria, la quale preveda la convocazione dell’assemblea ordinaria entro un certo mese dell’anno, non può significare che tutte le assemblee successive abbiano natura straordinaria e siano, quindi, soggette al più rigoroso regime giuridico, dovendo invece essere attribuito all’eventuale termine statutario, secondo l’interpretazione conservativa imposta dall’art. 1367 c.c. lo stesso significato ed efficacia del termine di sei mesi, fissato dall’art. 2364, secondo comma, c.c. nel senso cioè di non precludere lo svolgimento dell’assemblea ordinaria in un momento successivo. Cass. civ. sez. I, 26 luglio 2012, n. 13279

In tema di società di capitali (nella specie cooperativa a responsabilità limitata), qualora l’assemblea, regolarmente tenutasi, decida con l’accordo di tutti i soci la prosecuzione della seduta ad altra data, in cui, sempre con l’intervento di tutti i soci, sia disposto a maggioranza e senza alcuna deliberazione l’ulteriore differimento ad altro giorno, è valida la deliberazione adottata in questa sede, giacché – essendo stati i presenti edotti del prosieguo della assemblea regolarmente tenutasi – non è necessario, in assenza di variazioni dell’ordine del giorno originario – un nuovo avviso di convocazione, mentre, d’altra parte, non ricorrono i presupposti stabiliti dall’art. 2374 c.c. per il rinvio dell’adunanza. Cass. civ. sez. II, 30 ottobre 2006, n. 23329

La delibera di approvazione del bilancio di una società di capitali, resa dall’assemblea ordinaria con le prescritte maggioranze, ha efficacia vincolante nei confronti di tutti i soci, anche con riguardo ai crediti della società verso i medesimi che risultino indicati con chiarezza in detto bilancio. Se è vero, infatti, che a norma dell’art. 2709 c.c. i libri e le scritture contabili – e quindi anche il bilancio – dell’impresa soggetta a registrazione fanno prova contro l’imprenditore e non a suo favore, tale regola non è invocabile nei rapporti fra società e socio, che sono retti dal principio della vincolatività delle deliberazioni assembleari. Tale principio, valevole anche con riguardo ai soci dissenzienti che non abbiano provveduto ad impugnare la deliberazione nei modi e nei termini prescritti, a maggior ragione è destinata a valere nei confronti del socio che abbia concorso con il proprio voto favorevole all’approvazione di quella deliberazione: sicché soltanto facendone pronunciare l’annullamento o facendone accertare la nullità detto socio può sottrarsi al vincolo da essa derivante, fermo restando che l’onere di provare il vizio da cui deriva l’invalidità di una deliberazione giudizialmente impugnata grava su chi la impugna. (Omissis). Cass. civ. sez. I, 10 novembre 2005, n. 21831

In tema di bilancio di società – che ha la funzione di informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione – la delibera di approvazione del medesimo (la quale, ovviamente, non può prescindere dalla relazione di accompagnamento redatta dall’amministratore), non comporta automaticamente – in difetto di espressa previsione nell’ordine del giorno sul quale l’assemblea è stata convocata – l’approvazione anche degli atti gestori menzionati nella relazione. (Omissis). Cass. civ. sez. I, 9 giugno 2004, n. 10895

In sede di assemblea i soci intervenuti hanno non solo il diritto di esprimere la propria opinione sugli argomenti all’ordine del giorno ma anche di richiedere informazioni e chiarimenti tanto sulle materie oggetto di deliberazione quanto sull’andamento della gestione sociale, e ciò vale anche in sede di assemblea di approvazione del bilancio, ai sensi dell’art. 2423 c.c. (sia nel nuovo che nel vecchio testo) dato il collegamento esistente tra principio di chiarezza e diritto all’informazione; per essere legittimo l’esercizio di tale diritto deve essere pertinente agli argomenti posti all’ordine del giorno e non trovare ostacolo in oggettive esigenze di riservatezza in ordine a notizie la cui diffusione può arrecare pregiudizio alla società; quando la domanda sia pertinente e non attenga a notizie riservate deve ricevere una risposta adeguata, concreta, idonea a dissipare insufficienze e incertezze, il relativo accertamento costituendo giudizio di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se sorretto da idonea motivazione. Cass. civ. Sezioni Unite, 21 febbraio 2000, n. 27

La delibera di approvazione del bilancio di una società per azioni non è invalida per esser stata adottata dopo la scadenza del termine di quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale, stabilito dall’art. 2364, secondo comma, c.c. o del termine più lungo (ma non superiore a sei mesi) dalla detta chiusura, fissato nell’atto costitutivo, conformemente alle previsioni dell’ultima parte della disposizione citata. Cass. civ. sez. I, 14 agosto 1997, n. 7623

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