In tema di società di capitali, non rientra nel divieto di nuove operazioni, né costituisce atto di straordinaria amministrazione, il conferimento da parte dei liquidatori di mandato alle liti per la proposizione di azione giudiziale volta ad incrementare o ripristinare la consistenza patrimoniale della società in liquidazione e ciò quand’anche l’assemblea abbia attribuito ai liquidatori poteri congiunti per la gestione straordinaria riguardo alle possibili diminuzioni del patrimonio sociale conseguenti ed alienazioni. Cass. civ. sez. II, 15 marzo 2012, n. 4143
La violazione del divieto di nuove operazioni costituisce a carico degli amministratori una fattispecie tipica di obbligazione ex lege che pur avendo natura extracontrattuale, non può perciò solo essere ricondotta allo schema generale dell’art. 2043 c.c. in quanto – agendo gli amministratori nel compimento di dette operazioni non in proprio ma pur sempre in qualità di organi investiti della rappresentanza della società – non si verte in tema di «fatto illecito» nel senso voluto dal citato art. 2043 c.c. nè conseguentemente di risarcimento del danno. Pertanto, nessun rilievo ai fini probatori assume l’accertamento del danno nè, sotto il profilo soggettivo, quello del dolo o della colpa, essendo sufficiente la consapevolezza da parte degli amministratori dell’evento comportante lo scioglimento della società. Cass. civ. sez. I, 16 febbraio 2007, n. 3694
Il divieto, stabilito dall’art. 2279 c.c. a carico dei liquidatori, di nuove operazioni – intendendosi per tali quelle che non si giustificano con lo scopo di liquidazione o di definizione dei rapporti in corso – ha l’evidente ratio d’impedire ai medesimi la prosecuzione dell’attività sociale, consentendo invece solo gli atti necessari per liquidare i risultati della cessata attività sociale. Da ciò consegue che non può considerarsi nuova operazione la proposizione in giudizio di una domanda che, concernendo l’indennità per la perdita dell’avviamento, presuppone la cessazione del rapporto di locazione relativo al locale ove si svolgeva l’attività imprenditoriale della società, e si colloca quindi inequivocabilmente nell’ambito dell’attività volta alla liquidazione. Cass. civ. sez. III, 22 novembre 2000, n. 15080
La società regolarmente sciolta continua a sopravvivere come soggetto collettivo, pur dopo la messa in liquidazione, all’unico scopo di liquidare i risultati della cessata attività sociale, sicché non è consentito ai liquidatori, a norma degli artt. 2278 e 2279 c.c. intraprendere nuove operazioni, intendendosi per tali quelle che non si giustificano con lo scopo di liquidazione o definizione dei rapporti in corso, ma che costituiscono atti di gestione dell’impresa sociale, atti che se compiuti sono inefficaci per carenza di potere. (Fattispecie concernente la stipulazione da parte dei liquidatori di due contratti di locazione). Cass. civ. sez. III, 17 novembre 1997, n. 11393
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