Art. 2094 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Prestatore di lavoro subordinato

Articolo 2094 - codice civile

È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (2086, 2104; 36 ss. Cost.).

Articolo 2094 - Codice Civile

È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore (2086, 2104; 36 ss. Cost.).

Massime

Ai fini della distinzione tra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, occorre avere riguardo al concreto atteggiarsi del potere direttivo del datore di lavoro, il quale, affinché assurga ad indice rivelatore della subordinazione, non può manifestarsi in direttive di carattere generale – le quali sono compatibili con il semplice coordinamento sussistente anche nel rapporto libero professionale –, ma deve esplicarsi in ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa, stabilmente inserita nell’organizzazione aziendale. Cass. civ. sez. L-, 16 novembre 2018, n. 29646

In tema di lavoro subordinato, la sporadicità dell’attività prestata e l’affidamento secondo indicazioni di massima e con possibilità del lavoratore di accettarli o meno – di compiti saltuariamente svolti, è idoneo ad escludere la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato, denotando tali aspetti la mancanza di eterodirezione e dell’inserimento stabile e costante del lavoratore nella compagine organizzativa aziendale. Cass. civ. sez. L, 8 novembre 2013, n. 25204

Costituisce requisito fondamentale del rapporto di lavoro subordinato – ai fini della sua distinzione dal rapporto di lavoro autonomo – il vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, il quale discende dall’emanazione di ordini specifici, oltre che dall’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo dell’esecuzione delle prestazioni lavorative. L’esistenza di tale vincolo va concretamente apprezzata con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che ogni attività umana economicamente rilevante può essere oggetto sia di rapporto di lavoro subordinato sia di rapporto di lavoro autonomo. In sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici – la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale. Cass. civ. sez. lav. 8 febbraio 2010, n. 2728

In tema di distinzione tra rapporto di lavoro subordinato ed autonomo, l’organizzazione del lavoro attraverso disposizioni o direttive – ove le stesse non siano assolutamente pregnanti ed assidue, traducendosi in un’attività di direzione costante e cogente atta a privare il lavoratore di qualsiasi autonomia – costituisce una modalità di coordinamento e di eterodirezione propria di qualsiasi organizzazione aziendale e si configura quale semplice potere di sovraordinazione e di coordinamento, di per sé compatibile con altri tipi di rapporto, e non già quale potere direttivo e disciplinare, dovendosi ritenere che quest’ultimo debba manifestarsi con ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa e non in mere direttive di carattere generale, mentre, a sua volta, la potestà organizzativa deve concretizzarsi in un effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale e non in un mero coordinamento della sua attività. Cass. civ. sez. lav. 22 dicembre 2009, n. 26986

Il lavoro subordinato è caratterizzato dall’obbligo del lavoratore di eseguire personalmente la prestazione e soltanto in via eccezionale, per la natura della prestazione stessa e con il consenso del datore di lavoro, è possibile che il lavoratore medesimo si faccia sostituire in caso di assenza. Fine consegue la legittimità della decisione di merito che ravvisi, in tale possibilità, uno degli elementi del lavoro autonomo, unitamente all’assenza di un orario di lavoro predeterminato, all’inesistenza del diritto alle ferie, alla previsione di un compenso non fisso ma a percentuale ed all’uso di un veicolo proprio. Cass. civ. sez. lav. 24 giugno 2009, n. 14868

Ai fini dell’individuazione delle caratteristiche strutturali del rapporto di lavoro subordinato è necessario che il giudice di merito accerti che siano a carico del datore di lavoro il rischio economico, l’onere dell’acquisto dei materiali necessari al lavoratore nonché l’instaurazione e la gestione del rapporto con gli utenti. In tale contesto l’obbligo di giustificare le assenze da parte del lavoratore è in genere indice di subordinazione solo se soggetto ad una verifica in concreto e conduca, in caso di accertamento dell’assenza ingiustificata, a conseguenze disciplinari ascrivibili al lavoratore. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 7 agosto 2008, n. 21380

Elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato – e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo – è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale e il coordinamento con l’attività imprenditoriale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali – lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall’assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto – possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non fine sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto. Inoltre, non è idoneo a surrogare il criterio della subordinazione nei precisati termini neanche il nomen iuris che al rapporto di lavoro sia dato dalle sue stesse parti (cosiddetta «autoqualificazione»), il quale, pur costituendo un elemento dal quale non si può in generale prescindere, assume rilievo decisivo ove l’autoqualificazione non risulti in contrasto con le concrete modalità di svolgimento del rapporto medesimo. Cass. civ. sez. lav. 27 febbraio 2007, n. 4500

L’assoggettamento del lavoratore alle altrui direttive – che costituisce il tratto tipico della subordinazione – è riscontrabile anche quando il potere direttivo del datore di lavoro viene esercitato de die in diem consistendo, in tal caso, il vincolo della subordinazione nell’accettazione – vuoi espressa (mediante la formale accettazione del rapporto di lavoro subordinato), vuoi per fatti concludenti – dell’esercizio del suddetto potere direttivo di ripetuta specificazione della prestazione lavorativa richiesta in adempimento delle obbligazioni assunte dal prestatore stesso. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 27 febbraio 2007, n. 4500

L’elemento della subordinazione (che si connota, soprattutto, per l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro), che consente di distinguere il rapporto di lavoro di cui all’art. 2094 c.c. dal lavoro autonomo, non costituisce un dato di fatto elementare, quanto piuttosto una modalità di essere del rapporto, potenzialmente desumibile da un complesso di circostanze, richiedenti una complessiva valutazione (e ci in particolare, nei rapporti di lavoro, come quello giornalistico, aventi natura professionale ed intellettuale) che è rimessa al giudice del merito, il quale, perciò a tal fine, non può esimersi, nella qualificazione del rapporto di lavoro, da un concreto riferimento alle sue modalità di espletamento ed ai principi di diritto ispiratori della valutazione compiuta allo scopo della sussunzione della fattispecie nell’ambito di una specifica tipologia contrattuale. Pertanto, se tale apprezzamento di fatto non è immune da vizi giuridici e non è supportato da un’adeguata motivazione, non si sottrae al sindacato di legittimità. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 16 giugno 2006, n. 13935

La subordinazione o meno del rapporto prescinde, di norma, dalla natura dell’attività lavorativa, attenendo, piuttosto, specificamente alla soggezione del lavoratore al potere direttivo, organizzativo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro. Cass. civ. sez. lav. 5 aprile 2006, n. 7966

Il carattere distintivo essenziale del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo è la subordinazione intesa come vincolo di soggezione del lavoratore al potere direttivo (organizzativo e disciplinare) del datore di lavoro, che deve estrinsecarsi nell’emanazione di ordini specifici, oltre che nell’esercizio di un’attività di vigilanza e controllo nell’esecuzione delle prestazioni lavorative, sia pure diversamente atteggiata in relazione alle peculiarità di queste ultime, non prescindendo, altresì, dalla preventiva ricerca della volontà delle parti per accertare, anche attraverso il nomen iuris attribuito al rapporto, come le stesse abbiano inteso qualificare detto rapporto, senza, peraltro, che tale accertamento sia disgiunto da una verifica dei risultati con riguardo alle caratteristiche e modalità concretamente assunte dalla prestazione stessa nel corso del suo svolgimento. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 19 novembre 2003, n. 17549

La previsione di un rigido orario per la prestazione lavorativa costituisce sicura estrinsecazione del potere direttivo del creditore del servizio (e quindi della natura subordinata del rapporto di lavoro) solo quando sia espressione dell’autonomia decisionale nell’organizzazione aziendale e non quando inerisca alla prestazione richiesta, tale da dover essere espletata, per sua natura, in tempi non modificabili, che anche il lavoratore autonomo, debitore del risultato, sia tenuto a rispettare. Cass. civ. sez. lav. 9 dicembre 2002, n. 17534

Con riferimento alle prestazioni di contenuto intellettuale, che non richiedono alcuna organizzazione imprenditoriale né postulano un’assunzione di rischio a carico del lavoratore, il criterio fondamentale per l’accertamento della natura (autonoma o subordinata) del rapporto di lavoro è costituito dall’esistenza di un potere direttivo del datore di lavoro che, pur nei limiti imposti dalla connotazione della prestazione lavorativa, abbia un’ampiezza di estrinsicazione tale da consentirgli di disporre, in maniera piena, della stessa nell’ambito delle esigenze proprie della sua organizzazione produttiva. Cass. civ. sez. lav. 13 aprile 2002, n. 5366

Ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo, elementi rilevanti sono l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo (da esplicarsi con ordini specifici e non con semplici direttive di carattere generale), organizzativo e disciplinare del datore di lavoro e il suo inserimento nell’organizzazione aziendale, da valutarsi con riferimento alla specificità dell’incarico conferitogli e alle modalità della sua attuazione. Lo svolgimento di controlli da parte del datore di lavoro è invece compatibile con ambedue le forme di rapporti, sicché assume rilievo ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato solo quando per oggetto e per modalità i controlli siano finalizzati all’esercizio del potere direttivo e, eventualmente, di quello disciplinare; altri elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario, la localizzazione della prestazione e la cadenza e la misura fissa della retribuzione assumono natura meramente sussidiaria e non decisiva, mentre la qualificazione del rapporto compiuta dalle parti al momento della stipulazione del contratto può essere rilevante, ma certamente non è determinante. L’apprezzamento in concreto circa la riconducibilità di determinate prestazioni all’uno o all’altro tipo di rapporto costituisce un accertamento di fatto, incensurabile in sede di legittimità se adeguatamente e correttamente motivato in riferimento ad un esatto parametro normativo. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 5 aprile 2002, n. 4889

Ai fini della distinzione fra rapporto di lavoro subordinato e rapporto di lavoro autonomo, assume comunque valore determinante – anche a voler accedere ad una nozione più ampia della subordinazione, con riferimento a sistemi di organizzazione del lavoro improntati alla «esteriorizzazione» di interi cicli del settore produttivo – l’accertamento della avvenuta assunzione, da parte del lavoratore, dell’obbligo contrattuale di porre a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative e di impiegarle con continuità, fedeltà e diligenza, secondo le direttive di ordine generale impartite dal datore di lavoro e in funzione dei programmi cui è destinata la produzione, per il perseguimento dei fini propri dell’impresa datrice di lavoro (nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla S.C. aveva escluso la subordinazione in relazione ad una lavoratrice che, facendo parte di un gruppo di giovani che prestavano di sera la propria attività di camerieri presso un ristorante, veniva indirizzata presso l’esercizio secondo turni giornalieri e settimanali organizzati dalla stessa lavoratrice secondo accordi con il suo gruppo, a seconda delle proprie esigenze, senza obbligatorietà della prestazione). Cass. civ. sez. lav. 26 febbraio 2002, n. 2842

Non sono configurabili gli elementi costitutivi del rapporto di lavoro subordinato nel caso in cui le prestazioni necessarie ai fini del perseguimento dei fini aziendali siano organizzate in maniera tale da non richiedere l’applicazione da parte del datore di lavoro di un potere gerarchico concretizzantesi in ordini e direttive e nell’esercizio del potere disciplinare. Cass. civ. sez. lav. 23 ottobre 2001, n. 13018,

La presenza dei caratteri della subordinazione nel rapporto di lavoro, quali la predeterminazione del contenuto delle prestazioni e l’organizzazione degli strumenti produttivi da parte del datore, nonché la prestazione dell’attività lavorativa nei locali di quest’ultimo e l’assenza di rischio economico del lavoratore, non perde il suo valore indicativo per il solo fatto che il lavoro venga reso soltanto per poche ore durante la giornata, dato che il rapporto di lavoro subordinato ben può coesistere con altre attività, di lavoro o di studio. Cass. civ. sez. lav. 6 luglio 2001, n. 9152

Per la qualificazione del contratto di lavoro come autonomo o subordinato – ai fini della quale il nomen iuris attribuito dalle parti al rapporto può rilevare solo in concorso con altri validi elementi differenziali o in caso di non concludenza degli altri elementi di valutazione – occorre accertare se ricorra o no il requisito tipico della subordinazione, intesa come prestazione dell’attività lavorativa alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore e perciò con l’inserimento nell’organizzazione di questo, mentre gli altri caratteri dell’attività lavorativa, come la continuità, la rispondenza dei suoi contenuti ai fini propri dell’impresa e le modalità di erogazione della retribuzione non assumono rilievo determinante, essendo compatibili sia con il rapporto di lavoro subordinato, sia con quelli di lavoro autonomo parasubordinato. In relazione alla qualificazione del rapporto compiuta dal giudice di merito, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri astratti e generali applicati, mentre costituisce apprezzamento di fatto, insindacabili in cassazione se sorretto da motivazione adeguata ed esente da vizi logici e giuridici, la valutazione delle circostanze ritenute in concreto idonee a far rientrare il rapporto nell’uno o nell’altro schema. Cass. civ. sez. lav. 9 gennaio 2001, n. 224

Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato in caso di prestazioni di natura intellettuale o professionale, l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui si presenta in forma attenuata in quanto non agevolmente apprezzabile a causa dell’atteggiarsi del rapporto, sicché occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, la cui valutazione di fatto, rimessa al giudice del merito, se immune da vizi giuridici ed adeguatamente motivata, è insindacabile in sede di legittimità, ove è censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto. ( Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che, in relazione ad un rapporto di lavoro tra una biologa ed un laboratorio di analisi di una casa di cura, aveva escluso la subordinazione valorizzando la possibilità di scelta del turno da effettuare, la libertà di esercitare altrove l’attività professionale, l’erogazione di compensi variabili rapportati al numero di presenze e di reperibilità). Cass. civ. sez. lav. 25 febbraio 2019, n. 5436

In caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato oppure autonomo, sia pure con collaborazione coordinata e continuativa, il primario parametro distintivo della subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare in concreto – con accertamento di fatto incensurabile in cassazione, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato – accordando prevalenza ai dati fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 13 aprile 2012, n. 5886

Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiarità delle mansioni (e, in particolare, della loro natura intellettuale o professionale) e del relativo atteggiarsi del rapporto, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari, come quelli della collaborazione, della continuità delle prestazioni, dell’osservanza di un orario determinato, del versamento a cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale, elementi che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente con indizi probatori della subordinazione. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 19 aprile 2010, n. 9252

Ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, quando l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore alle direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa della peculiare struttura organizzativa del datore di lavoro e del relativo atteggiarsi del rapporto (prestato, nella specie, a favore di gruppi parlamentari della Camera dei deputati), occorre fare completo riferimento a criteri sintomatici e sussidiari – quali la qualificazione della ricorrente come dipendente del gruppo parlamentare, il pagamento con cadenza mensile di un corrispettivo, la corresponsione della tredicesima mensilità e del compenso per le ferie non godute, l’inserimento della stessa nell’organizzazione del gruppo parlamentare al fine di assicurare la presenza di un addetto alla segreteria anche in giorni festivi, la qualificazione della cessazione del rapporto come licenziamento, la costituzione di una posizione assicurativa-previdenziale quale impiegata, nonché, ove il rapporto nel suo concreto esplicarsi presenti elementi tali da essere compatibile sia con l’autonomia che con la subordinazione del lavoratore, la volontà delle parti come espressasi sia nel momento genetico che, eventualmente, nei momenti successivi – che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come indizi probatori della subordinazione, assumendo il giudizio relativo alla qualificazione del rapporto carattere sintetico in relazione all’insieme degli indici significativi e alle specificità del caso concreto. Cass. civ. sez. lav. 14 maggio 2009, n. 11207

Nel caso in cui la prestazione dedotta in contratto sia estremamente elementare, ripetitiva e predeterminata nelle sue modalità di esecuzione e, allo scopo della qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, il criterio rappresentato dall’assoggettamento del prestatore all’esercizio del potere direttivo, organizzativo e disciplinare non risulti, in quel particolare contesto, singnificativo, occorre, a detti fini, far ricorso a criteri distintivi sussidiari, quali la continuità e la durata del rapporto, le modalità di erogazione del compenso, la regolamentazione dell’orario di lavoro, la presenza di una pur minima organizzazione imprenditoriale (anche con riferimento al soggetto tenuto alla fornitura degli strumenti occorrenti ) e la sussistenza di un effettivo potere di autorganizzazione in capo al prestatore, desunto anche dalla eventuale concomitanza di altri rapporti di lavoro. Cass. civ. sez. lav. 21 gennaio 2009, n. 1536

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