Art. 2067 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Soggetti

Articolo 2067 - codice civile

I contratti collettivi di lavoro sono stipulati dalle associazioni professionali (39 Cost.; 5 prel.).

Articolo 2067 - Codice Civile

I contratti collettivi di lavoro sono stipulati dalle associazioni professionali (39 Cost.; 5 prel.).

Massime

Il rapporto tra il contratto collettivo nazionale e quello aziendale, regolato non in base a principi di gerarchia e di specialità proprie delle fonti legislative, ma sulla base della effettiva volontà delle parti sociali, si caratterizza in ragione di una reciproca autonomia delle due discipline (e di un loro diverso ambito applicativo), che ha trovato riscontro nel mondo sindacale anche nell’aspetto delle relazioni industriali. Fine consegue che, seppure il trattamento economico e normativo dei singoli lavoratori è nella sua globalità costituito dall’insieme delle pattuizioni dei due diversi livelli contrattuali, la disciplina nazionale e quella aziendale, egualmente espressione dell’autonomia privata, si differenziano tra di loro per la loro distinta natura e fonte negoziale con la conseguenza che i rispettivi fatti costitutivi ed estintivi non interagiscono, rispondendo ciascuna disciplina a regole proprie in ragione dei diversi agenti contrattuali e del loro diverso ambito territoriale. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 18 settembre 2007, n. 19351

Il rapporto fra contratti collettivi – come è da qualificare anche il contratto aziendale – di diverso livello deve essere risolto in base non già al principio della subordinazione del contratto collettivo locale a quello nazionale (salva l’espressa previsione di disposizioni di rinvio), né di quello cronologico (della prevalenza del contratto posteriore nel tempo), ma alla stregua dell’effettiva volontà delle parti operanti in area più vicina agli interessi disciplinati. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 19 aprile 2006, n. 9052

In tema di contrattazione collettiva, le cosiddette «ipotesi di accordo» possono non rappresentare la mera documentazione dello stato finale raggiunto dalle trattative, ma costituire espressione di un’effettiva volontà contrattuale, trovando giustificazione, in tale caso, l’adozione del termine «ipotesi» nel fatto che viene fatta salva una fase di ratifica della conclusa stipulazione negoziale, soprattutto nell’interesse della parte che rappresenta i lavoratori. Spetta al giudice del merito accertare quale natura possa in concreto attribuirsi ad una ipotesi di accordo, sulla base della volontà delle parti, che può anche essere implicita e desumibile da prassi – aziendali, settoriali ed eventualmente anche nazionali – sufficientemente concludenti. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 6 aprile 2005, n. 7115

Nell’ipotesi di successione di contratti collettivi di diverso livello (nazionale, provinciale, aziendale) l’eventuale contrasto tra le relative previsioni non va risolto secondo i principi di gerarchia e di specialità, propri delle fonti legislative, ma in base all’individuazione della effettiva volontà delle parti desumibile dal coordinamento delle varie disposizioni, di pari dignità, della contrattazione nazionale e locale, fermo restando che un nuovo contratto collettivo (sia esso nazionale o aziendale) può anche modificare in pejus la disciplina collettiva precedente (di qualsiasi livello esso sia), con il solo limite del rispetto dell’esistenza di veri e propri diritti (e non di mere aspettative) definitivamente acquisiti dai lavoratori alla stregua della normativa poi superata da quella peggiorativa. Cass. civ. sez. lav. 6 ottobre 2000, n. 13300

In mancanza di norme che prevedano, per i contratti collettivi, la forma scritta, ed in applicazione del principio generale della libertà di forma – in base al quale le norme che prevedono che determinati contratti o atti debbano essere realizzati con determinate forme sono di stretta interpretazione, insuscettibili, cioè, di applicazione analogica – l’accordo aziendale è valido anche se non stipulato per iscritto. Cass. civ. Sezioni Unite, 22 marzo 1995, n. 3318

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