Art. 2048 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Responsabilità dei genitori, dei tutori, dei precettori e dei maestri d'arte

Articolo 2048 - codice civile

Il padre e la madre (316), o il tutore (357 ss.) sono responsabili del danno (2056) cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati (301, 316, 320) o delle persone soggette alla tutela (343, 414), che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante (404 ss.).
I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti (2130) nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto (1900, 2047, 2054).

Articolo 2048 - Codice Civile

Il padre e la madre (316), o il tutore (357 ss.) sono responsabili del danno (2056) cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati (301, 316, 320) o delle persone soggette alla tutela (343, 414), che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all’affiliante (404 ss.).
I precettori e coloro che insegnano un mestiere o un’arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti (2130) nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
Le persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto (1900, 2047, 2054).

Note

Ai sensi dall’art. 1, comma 11, L. 10.11.2012, n. 219 le parole “figli legittimi” e “figli naturali”, ovunque ricorrono, sono sostituite dalla parole “figli”.

Massime

L’età ed il contesto in cui si è verificato il fatto illecito del minore non escludono né attenuano la responsabilità che l’art. 2048 c.c. pone a carico dei genitori, i quali, proprio in ragione di tali fattori, hanno l’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria per non recare danni a terzi nella loro vita di relazione, nonché di vigilare sul fatto che l’educazione impartita sia adeguata al carattere e alle attitudini del minore, dovendo rispondere delle carenze educative cui l’illecito commesso dal figlio sia riconducibile. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha confermato la sentenza di merito la quale aveva escluso che i genitori avessero vinto la presunzione di responsabilità su di essi gravante, essendo emerso, nella specie, che il pugno sferrato dal figlio adolescente in faccia ad un compagno non avesse costituito una reazione immediata rispetto all’offesa ricevuta, restando irrilevante inoltre la circostanza che tale fatto si fosse verificato lontano dalla sfera di controllo dei genitori, nelle adiacenze della scuola, in un paese diverso rispetto a quello di residenza). Cass. civ., sez. , III- 10 settembre 2019, n. 22541

La responsabilità del genitore per il danno cagionato dal fatto illecito del figlio minore non emancipato, a norma dell’art. 2048 c.c., è subordinata al requisito della coabitazione, perché solo la convivenza può consentire l’adozione di quelle attività di sorveglianza e di educazione, il cui mancato assolvimento giustifica la responsabilità medesima. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso la responsabilità della madre del minore, autore del fatto illecito, in quanto non convivente con il medesimo, ritenendo irrilevante che egli fosse in possesso, al momento del sinistro stradale, del foglio rosa e non della patente, e che nella relazione dei servizi sociali non si facesse cenno alla separazione dei coniugi). Cass. civ., sez. , III 24 aprile 2019, n. 11198

Ai sensi dell’art. 2048 c.c., i genitori sono responsabili dei danni cagionati dai figli minori che abitano con essi, sia per quanto concerne gli illeciti comportamenti che siano frutto di omessa o carente sorveglianza sia con riguardo agli illeciti riconducibili ad oggettive carenze nell’attività educativa che si manifestino nel mancato rispetto delle regole della civile coesistenza, vigenti nei diversi ambiti del contesto sociale in cui il soggetto si trovi ad operare. (Nella specie la S.C., accogliendo il proposto ricorso e cassando con rinvio la sentenza impugnata, ha ritenuto che il temporaneo allontanamento del minore dalla casa dei genitori, per motivi di lavoro, non esima costoro da responsabilità, essendo ascrivibile a oggettive carenze educative l’illecito comportamento manifestatosi nella inosservanza delle norme sulla circolazione stradale). Cass. civ. sez. III 14 marzo 2008, n. 7050

La responsabilità dei genitori a norma dell’art. 2048 c.c. (unitamente agli altri soggetti nella stessa disposizione normativa indicati) configura una forma di responsabilità diretta, per fatto proprio, cioé per non avere, con idoneo comportamento, impedito il fatto dannoso, ed è fondata sulla loro colpa, peraltro presunta. Cass. civ. sez. III 20 ottobre 2005, n. 20322 

In relazione all’interpretazione della disciplina della norma di cui all’art. 2048 c.c., il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida di motocicli o motoveicoli da parte di minori, con la corrispondente autorizzazione per legge degli stessi alla circolazione su strada con tali mezzi meccanici, non esonera i genitori, che con loro coabitino, dai loro doveri di vigilanza. Cass. civ., sez. , III 20 ottobre 2005, n. 20322

L’art. 2048 c.c. postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando. Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore. Cass. civ. sez. III 26 giugno 2001, n. 8740

La responsabilità del genitore (ex art. 2048, primo comma c.c.) e quella del precettore (ex art. 2048, secondo comma, c.c.) – per il fatto commesso da un minore capace di intendere e volere mentre è affidato a persona idonea a vigilarlo e controllarlo – non sono tra loro alternative, giacché l’affidamento del minore alla custodia di terzi solleva il genitore dalla presunzione di culpa in vigilando (dal momento che dell’adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde il precettore cui lo stesso è affidato), ma non anche da quella di culpa in educando, rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un’educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti. Cass. civ. sez. III 21 settembre 2000, n. 12501

La disposizione di cui all’art. 2048 c.c. – secondo cui i genitori (i tutori, i precettori e i maestri d’arte) sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto – pur escludendo la configurabilità di una responsabilità oggettiva (incompatibile con la possibilità di offrire l’indicata prova liberatoria), addossa a detti soggetti il rischio dell’impossibilità della prova stessa, nel caso in cui si rivelino inadeguate le circostanze, che in concreto si potrebbero provare, alla luce delle carenze, rese evidenti da un contegno del minore particolarmente riprovevole e pericoloso, che avrebbero resa necessaria la dimostrazione di una vigilanza più continua e più intensa rispetto a quella abitualmente richiesta nei confronti di un soggetto di una data età e di una data educazione. Cass. civ. sez. III 10 luglio 1998, n. 6741

Il genitore risponde, ai sensi dell’art. 2048 c.c., dell’atto illecito compiuto dal proprio figlio minore, quand’anche la responsabilità di quest’ultimo non sia accertata in concreto, ma sia stata presunta ex art. 2054, comma 2, c.c. Cass. civ. sez. III 9 luglio 1998, n. 6686

La responsabilità del genitore, per il danno cagionato da fatto illecito del figlio minore, trova fondamento, a seconda che il minore sia o meno capace di intendere e volere al momento del fatto, rispettivamente nell’art. 2048 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di educazione ovvero nell’art. 2047 c.c., in relazione ad una presunzione iuris tantum di difetto di sorveglianza e di vigilanza. Le indicate ipotesi di responsabilità presunta pertanto, sono alternative – e non concorrenti – tra loro, in dipendenza dell’accertamento, in concreto, dell’esistenza di quella capacità. Cass. civ. sez. III 25 marzo 1997, n. 2606

Nell’ipotesi di azione di danno proposta nei confronti del genitore esercente la potestà sul figlio minore per il fatto lesivo ascrivibile a quest’ultimo e per la responsabilità da culpa in vigilando ex art. 2048 c.c., non è richiesta la presenza in lite del minore come litisconsorte necessario ed è irrilevante il conseguimento della maggiore età in corso di causa in ordine alla responsabilità civile per fatto antecedente. Cass. civ. sez. III 1 agosto 1995, n. 8384 Pezzuti c. Bulgherini.. Nello stesso senso, Cass. civ., sez. III, 5 giugno 1996, n. 5268

Qualora il genitore del minore danneggiato agisca in proprio per ottenere il risarcimento dei danni eventualmente derivatigli dall’illecito commesso nei confronti del figlio, è opponibile il suo concorso di colpa (per omessa vigilanza del minore stesso), essendo in tale ipotesi la relativa eccezione diretta a limitare la misura del risarcimento del danno in favore di esso genitore; tale questione non può essere, invece, utilmente proposta allorché il genitore agisca quale rappresentante del minore danneggiato. Cass. civ. sez. III 18 luglio 2003, n. 11241 

L’art. 2048 c.c. postula l’esistenza di un fatto illecito compiuto da un minore capace di intendere e di volere, in relazione al quale soltanto è configurabile la culpa in educando e la culpa in vigilando. Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore. Cass. civ. sez. III 26 giugno 2001, n. 8740

La responsabilità del genitore (ex art. 2048, comma primo, c.c.) e quella del precettore (ex art. 2048, comma secondo, c.c.) – per il fatto commesso da un minore capace di intendere e volere mentre è affidato a persona idonea a vigilarlo e controllarlo – non sono tra loro alternative, giacché l’affidamento del minore alla custodia di terzi solleva il genitore dalla presunzione di colpa in vigilando (dal momento che dell’adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde il precettore cui lo stesso è affidato), ma non anche da quella di colpa in educando, rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un’educazione adeguata a prevenire comportamenti illeciti. Cass. civ. sez. III 21 settembre 2000, n. 12501

La responsabilità (diretta) dei genitori, ai sensi dell’art. 2048 c.c., per il fatto illecito dei figli minori imputabili può concorrere con quella dei precettori, essendo esse rispettivamente fondate sulla colpa «in educando» e su quella «in vigilando». La presenza di questi astratti titoli di responsabilità, fra loro concorrenti, non impedisce che – trattandosi di illecito commesso da minore nell’esercizio della sua attività di apprendista – possa essere accertata la responsabilità esclusiva, ex art. 2049 c.c., del datore di lavoro. Tale responsabilità, essendo fondata sul presupposto dell’esistenza di un rapporto di subordinazione fra l’autore dell’illecito ed il proprio datore di lavoro, e sul collegamento dell’illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente, prescinde del tutto dalla colpa «in eligendo» o «in vigilando» del datore di lavoro, è quindi insensibile all’eventuale dimostrazione dell’assenza di colpa dello stesso, e può ricorrere anche in caso di dolo del commesso. Cass. civ. sez. III 10 maggio 2000, n. 5957

La responsabilità dei genitori per il fatto illecito dei figli minori ai sensi dell’art. 2048 c.c. può concorrere con quella degli stessi minori fondata sull’art. 2043 c.c. se capaci di intendere e di volere. Del pari, il vincolo di solidarietà sussiste anche tra la responsabilità dei genitori da un lato e quella dei precettori dall’altro, fondate rispettivamente sulla culpa in educando e sulla culpa in vigilando, quando sia stata accertata una inadeguata educazione del minore alla vita di relazione. Cass. civ. sez. III 13 settembre 1996, n. 8263

I genitori, per superare la presunzione di colpa prevista dall’art. 2048 c.c., debbono fornire non la prova legislativamente predeterminata di non aver potuto impedire il fatto (atteso che si tratta di prova negativa), ma quella positiva di aver impartito al figlio una buona educazione e di aver esercitato su di lui una vigilanza adeguata, il tutto in conformità alle condizioni sociali, familiari, all’età, al carattere e all’indole del minore. L’inadeguatezza dell’educazione impartita e della vigilanza esercitata su un minore, fondamento della responsabilità dei genitori per il fatto illecito dal suddetto commesso, può essere desunta, in mancanza di prova contraria, dalle modalità dello stesso fatto illecito, che ben possono rivelare il grado di maturità e di educazione del minore, conseguenti al mancato adempimento dei doveri incombenti sui genitori, ai sensi dell’art. 147 c.c. Cass. civ., sez. , III 6 dicembre 2011, n. 26200

La responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente, prevista dall’art. 2048 c.c., è correlata ai doveri inderogabili posti a loro carico all’art. 147 c.c. ed alla conseguente necessità di una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti ed a realizzare una personalità equilibrata, consapevole della relazionalità della propria esistenza e della protezione della propria ed altrui persona da ogni accadimento consapevolmente illecito. Per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di aver impartito al figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini ed alla sua personalità, non assumendo alcun rilievo, a tal fine, la prova di circostanze (quali l’età ormai raggiunta dal minore e le esperienze lavorative da lui eventualmente avute) idonee ad escludere l’obbligo di vigilare sul minore, dal momento che tale obbligo può coesistere con quello educativo, ma può anche non sussistere, e comunque diviene rilevante soltanto una volta che sia stata ritenuta, sulla base del fatto illecito determinatosi, la sussistenza della “culpa in educando”. Cass. civ., sez. , III 22 aprile 2009, n. 9556

La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 c.c. non si esaurisce nella dimostrazione di non aver potuto impedire il fatto, ma si estende alla dimostrazione di avere anche adottato, in via preventiva, le misure idonee ad evitarlo. Cass. civ. sez. III 29 ottobre 2002, n. 15243

La prova liberatoria richiesta ai genitori dall’art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto illecito commesso dal figlio minore capace di intendere e di volere si concreta, normalmente, nella dimostrazione, oltre che di aver impartito al minore un’educazione consona alle proprie condizioni sociali e familiari, anche di aver esercitato sullo stesso una vigilanza adeguata all’età e finalizzata a correggere comportamenti non corretti e, quindi, meritevoli di un’ulteriore o diversa opera educativa. A tal fine non occorre che i genitori provino la propria costante ed ininterrotta presenza fisica accanto al figlio – ricadendosi, altrimenti, nell’obbligo di sorveglianza che l’art. 2047 c.c. impone ai genitori di minore incapace – quanto per l’educazione impartita, per l’età del figlio e per l’ambiente in cui egli viene lasciato libero di muoversi, risultino correttamente impostati i rapporti del minore con l’ambiente extrafamiliare, facendo ragionevolmente presumere che tali rapporti non possano costituire fonte di pericoli per sé e per i terzi. (Omissis). Cass. civ. sez. III 28 marzo 2001, n. 4481

Ai fini della responsabilità del genitore per il fatto illecito del minore a norma dell’art. 2048 c.c., la circostanza che il figlio abbia frequentato la scuola e sia avviato ad un mestiere, se può valere ad escludere la presunzione di culpa in vigilando non è idonea a fornire la prova liberatoria della presunzione di culpa in educando, all’uopo occorrendo che sia stata impartita al figlio un’educazione normalmente sufficiente ad impostare una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini, alla sua personalità. Cass. civ., sez. , III 11 agosto 1997, n. 7459

La responsabilità del genitore per fatto illecito del minore a norma dell’art. 2048 c.c. non è esclusa dall’impedimento del genitore stesso (lontananza o altro) all’esercizio della potestà, traducendosi la relativa prova liberatoria di cui all’ultimo comma dell’art. 2048 c.c. nella dimostrazione non del mero fatto materiale della lontananza, bensì di avere in adempimento dell’obbligo imposto ad entrambi i coniugi dall’art. 147 c.c. – ed indipendentemente, pertanto dall’esercizio della potestà – impartito al minore un’educazione e istruzione consona alle proprie condizioni familiari e sociali, vigilando altresì sulla sua condotta in misura adeguata all’ambiente, alle abitudini ed al carattere del soggetto e, quindi, a prevenire un suo comportamento illecito, nonché, in particolare, a correggere quei difetti come l’imprudenza e la leggerezza che il fatto del minore ha rivelato. Cass. civ. sez. III 18 dicembre 1992, n. 13424

In tema di danni subiti dall’alunno, la natura contrattuale della responsabilità ascrivibile all’istituto scolastico ed al singolo insegnante, che deriva, rispettivamente, dall’iscrizione scolastica e dal contatto sociale qualificato, implica l’assunzione dei cd. doveri di protezione, enucleati dagli artt. 1175 e 1375 c.c., i quali devono essere individuati e commisurati all’interesse del creditore del rapporto obbligatorio, sicchè, nel caso di minore affidato dalla famiglia per la formazione scolastica, essi impongono il controllo e la vigilanza del detto minore fino a quando non intervenga un altro soggetto responsabile, chiamato a succedere nell’assunzione dei doveri connessi alla relativa posizione di garanzia. (Omissis). Cass. civ., sez. , III 28 aprile 2017, n. 10516

La responsabilità della scuola per le lesioni riportate da un alunno minore all’interno dell’istituto, in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico, ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, in quanto il dovere di organizzare la vigilanza degli alunni mediante l’adozione, da parte del personale addetto al controllo degli studenti (bidelli), delle opportune cautele preventive, sussiste sin dal loro ingresso nella scuola e per tutto il tempo in cui gli stessi si trovino legittimamente nell’ambito dei locali scolastici. Cass. civ., sez. , III 19 luglio 2016, n. 14701

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., gli obblighi di sorveglianza e di tutela dell’istituto scolastico scattano solo allorché l’allievo si trovi all’interno della struttura, mentre tutto quanto accade prima può, ricorrendone le condizioni, trovare ristoro attraverso l’attivazione della responsabilità del custode, ex art. 2051 c.c. (Fattispecie in cui una alunna della terza elementare era caduta, all’entrata di scuola, sui gradini esterni sdrucciolevoli e instabili dell’istituto scolastico, riportando gravi lesioni). Cass. civ., sez. , III 6 novembre 2012, n. 19160

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell’insegnante per il danno subito dall’allievo – obbligo la cui estensione va commisurata all’età ed al grado di maturazione ragiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto

– presuppone che l’allievo gli sia stato affidato. pertanto colui che agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l’evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell’obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall’ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinchè sia salvaguardata l’incolumità dei discenti minori. Cass. civ. sez. III 4 febbraio 2005, n. 2272 D’angelo c. Min. istruzione.. Conforme, Cass. VI, 16 febbraio 2015, n. 3081. [RV578753]

Ai sensi dell’art. 2048, secondo comma, c.c., va qualificato precettore il soggetto al quale l’allievo è affidato per ragioni di educazione ed istruzione, sia nell’ambito di una struttura scolastica (come avviene per i maestri ), sia in virtù di un autonomo rapporto privato (quale è quello che intercorre con un institore ), sempre che l’affidamento, se pur limitato ad alcune ore del giorno o della settimana, assuma carattere continuativo e non sia, quindi, meramente saltuario. Cass. civ., sez. , III 18 luglio 2003, n. 11241

Allorché, in relazione al danno ad un terzo cagionato dal fatto illecito dell’allievo, sia stata affermata la responsabilità dell’insegnante di scuola privata ex art. 2048 c.c. per mancata dimostrazione dell’inevitabilità dell’evento dannoso, sussiste la responsabilità indiretta dell’istituto scolastico con il quale detto insegnante intratteneva il rapporto di lavoro, responsabilità che, traendo fondamento dalla rigorosa previsione dell’art. 2049 c.c., non ammette prova liberatoria da parte del datore di lavoro, sul quale grava il rischio di impresa. Cass. civ., sez. , III 18 luglio 2003, n. 11241

L’istituto di istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui essi gli sono affidati, e quindi fino al subentro, almeno potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate; tale dovere di sorveglianza, pertanto, permane per tutta la durata del servizio scolastico, servizio che non può essere interrotto per l’assenza di un insegnante, non costituendo tale assenza fatto eccezionale, bensì normale e prevedibile. Cass. civ. sez. I 30 marzo 1999, n. 3074

In tema di responsabilità civile ex art. 2048 c.c., il dovere di vigilanza dell’insegnante va commisurato all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto. Cass. civ. sez. III 10 dicembre 1998, n. 12424

È corretta ed adeguatamente motivata la decisione del giudice di merito, il quale abbia stabilito un nesso causale tra l’assenza ingiustificata dell’insegnante dall’aula, ed il danno subito da uno degli allievi in conseguenza della condotta imprudente di un compagno di classe, maturata in un clima di generale irrequietezza causata proprio dall’assenza dell’insegnante. Cass. civ. sez. III 7 ottobre 1997, n. 9742

L’art. 2048 c.c., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e dei maestri d’arte per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto; cosicché, perché possa verificarsi una tal genere di responsabilità, è necessario che il fatto sia prevedibile, in quanto ciò che è imprevedibile è anche, per definizione, non prevenibile. Per accertare la prevedibilità del fatto il giudice del merito deve far riferimento alla sua ripetitività o ricorrenza statistica, non astrattamente intesa, ma correlata al particolare ambiente di cui si tratta, sulla base della ragionevole prospettazione secondo cui certi eventi, già verificatisi in date condizioni, possono, al riprodursi di queste, ripetersi. (Omissis). Cass. civ. sez. I 2 dicembre 1996, n. 10723

In tema di responsabilità civile degli insegnanti per i danni cagionati da fatti illeciti di loro allievi, il dovere di vigilanza imposto ai docenti dall’art. 2048, secondo comma, c.c. non ha carattere assoluto, bensì relativo, occorrendo correlarne il contenuto e l’esercizio in modo inversamente proporzionale all’età ed al normale grado di maturazione degli alunni, di modo che, con l’avvicinamento di costoro all’età del pieno discernimento, l’espletamento di tale dovere non richiede la continua presenza degli insegnanti, purché non manchino le più elementari misure organizzative dirette a mantenere la disciplina tra gli allievi. (Omissis). Cass. civ. sez. III 23 giugno 1993, n. 6937

In tema di responsabilità dell’amministrazione scolastica ex art. 61 della legge n. 312 del 1980, sul danneggiato incombe l’onere di provare soltanto che il danno è stato cagionato al minore durante il tempo in cui lo stesso era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico, il che é sufficiente a rendere operante la presunzione di colpa per inosservanza dell’obbligo di sorveglianza, mentre spetta all’amministrazione scolastica dimostrare di aver esercitato la sorveglianza sugli allievi con diligenza idonea ad impedire il fatto. La valutazione circa il raggiungimento o meno della prova liberatoria, da parte di detta amministrazione, attiene al merito della vicenda ed è, pertanto, insindacabile in sede di legittimità e congruamente motivata. Cass. civ., sez. , III 10 ottobre 2008, n. 24997

Il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore si trova in rapporto organico con l’amministrazione statale e non con il singolo istituto, con la conseguenza che, per effetto dell’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, sono riferibili direttamente al Ministero della Pubblica Istruzione i comportamenti, anche illeciti, posti in essere dagli insegnanti del suddetto personale docente, sicché sussiste la legittimazione passiva di detto Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a culpa in vigilando degli stessi docenti. In particolare, in tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza (e, quindi, anche nell’eventualità in cui questa omissione sia consistita nella circostanza di aver delegato la funzione stessa ad un terzo), la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell’applicabilità nei loro confronti della presunzione stabilita dall’art. 2048, comma secondo, c.c., nei giudizi di danno per culpa in vigilando è attuata dall’indicato art. 61 della legge n. 312 del 1980, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sull’operatività dello stesso art. 2048, comma secondo, c.c. nei menzionati giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l’esonero dell’insegnante statale dal processo, nel quale l’unico legittimato passivo è il Ministero della Pubblica Istruzione. (Omissis). Cass. civ. sez. III 29 aprile 2006, n. 10042

In tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza, la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell’applicabilità nei loro confronti della presunzione di cui all’art. 2048, secondo comma, c.c., nei giudizi di danno per culpa in vigilando è attuata dall’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sulla operatività dell’art. 2048, secondo comma, c.c. nei detti giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l’esonero dell’insegnante statale dal processo, nel quale l’unico legittimato passivo è il Ministero dell’istruzione, nei cui confronti continuerà ad applicarsi, nei casi (come quello di specie) di danno provocato da un alunno ad un altro alunno, la presunzione di responsabilità prevista dalla norma citata, mentre la prova del dolo o della colpa grave dell’insegnante rileva soltanto ove l’amministrazione eserciti, successivamente alla sua condanna, l’azione di rivalsa nei confronti del medesimo. Cass. civ. sez. III 11 febbraio 2005, n. 2839

Il disposto dell’art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312 ha innovato la disciplina della responsabilità personale della scuola per i danni prodotti ai terzi nell’esercizio delle funzioni di vigilanza degli alunni, sotto l’aspetto sia sostanziale che processuale. Ed infatti, sotto il primo aspetto, ha limitato la responsabilità del detto personale ai solo casi di dolo o colpa grave nell’esercizio della vigilanza; sotto il secondo aspetto, invece, ha previsto, la «sostituzione» dell’amministrazione al personale scolastico nell’obbligazione risarcitoria verso i terzi danneggiati, con esclusione quindi della legittimazione passiva degli insegnanti. Cass. civ. sez. III 21 settembre 2000, n. 12501

In tema di responsabilità degli insegnanti di scuole statali, l’art. 61, secondo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312 – nel prevedere la sostituzione dell’Amministrazione, salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi – esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando, quale che sia il titolo – contrattuale o extracontrattuale – dell’azione. Ne deriva, pertanto, che l’insegnante è privo di legittimazione passiva non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell’ambito di un’azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all’art. 2048, secondo comma, c.c.), ma anche nell’ipotesi di danni arrecati dall’allievo a se stesso (ipotesi da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.), fermo restando che in entrambi i casi, qualora l’Amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all’alunno autodanneggiatosi, l’insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo e della colpa grave, limite, quest’ultimo, operante verso l’Amministrazione ma non verso i terzi. Cass. civ. Sezioni Unite 27 giugno 2002, n. 9346

Gli insegnanti delle scuole elementari rispondono dei danni cagionati dall’atto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza, se non provano ex art. 2048 c.c. di non aver potuto impedire il fatto e, quindi, dimostrando di avere esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta e che nonostante l’adempimento di tale dovere il fatto dannoso per la sua repentinità ed imprevedibilità abbia impedito loro un tempestivo efficace intervento. Cass. civ. sez. III 24 febbraio 1997, n. 1683

In tema di responsabilità del precettore per i danni subiti dall’allievo nel tempo in cui è a lui affidato, il direttore didattico, per la sua attività meramente amministrativa di organizzazione e di controllo dei maestri, deve considerarsi non un precettore, bensì un organo interno dell’amministrazione della scuola pubblica primaria. Conseguentemente, deve essere esclusa la responsabilità ex art. 2048 c.c. per l’infortunio occorso ad un allievo, del direttore di una colonia, non essendo questi tenuto per i suoi compiti meramente amministrativi alla vigilanza sugli alunni, affidata a maestri assistenti. Cass. civ. sez. III 26 aprile 1996, n. 3888

La responsabilità della P.A. ex artt. 28 Cost. , 2043 e 2048 c.c. per le lesioni riportate da un alunno minore all’interno di un istituto di istruzione in conseguenza della condotta colposa del personale scolastico ricorre anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto al di fuori dell’orario delle lezioni, ove ne sia consentito l’anticipato ingresso nella scuola o la successiva sosta, sussistendo l’obbligo delle autorità scolastiche di vigilare sul comportamento degli scolari per tutto il tempo in cui costoro vengono a trovarsi legittimamente nell’ambito della scuola fino al loro effettivo licenziamento. Cass. civ. sez. III 19 febbraio 1994, n. 1623

In tema di responsabilità dei soggetti obbligati alla sorveglianza di minori, nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, sia che si invochi la presunzione di responsabilità posta dal secondo comma dell’art. 2048 c.c., sia che si configuri la responsabilità come di natura contrattuale, la ripartizione dell’onere della prova non muta, poiché il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c. impone che, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile all’obbligato. Cass. civ. sez. III 31 marzo 2007, n. 8067

La presunzione di responsabilità posta dall’art. 2048, secondo comma, c.c. a carico dei precettori trova applicazione limitatamente al danno cagionato ad un terzo dal fatto illecito dell’allievo; essa pertanto non è invocabile al fine di ottenere il risarcimento del danno che l’allievo abbia, con la sua condotta, procurato a se stesso. Cass. civ. Sezioni Unite 27 giugno 2002, n. 9346

Nel caso di danno cagionato dall’alunno a se stesso, la responsabilità dell’istituto scolastico e dell’insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale, atteso che – quanto all’istituto scolastico – l’accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell’allievo alla scuola, determina l’instaurazione di un vincolo negoziale, dal quale sorge a carico dell’istituto l’obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l’allievo procuri danno a se stesso; e che – quanto al precettore dipendente dell’istituto scolastico – tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell’ambito del quale l’insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l’allievo si procuri da solo un danno alla persona. Ne deriva che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell’istituto scolastico e del’insegnante, è applicabile il regime probatorio desumibile dall’art. 1218 c.c., sicché, mentre l’attore deve provare che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, sull’altra parte incombe l’onere di dimostrare che l’evento dannoso è stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante. Cass. civ. Sezioni Unite 27 giugno 2002, n. 9346

Il precettore o il maestro d’arte, per liberarsi della presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2048, comma 2, c.c., ha l’onere di provare che né lui, né alcun altro precettore diligente, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c., avrebbe potuto, nelle medesime circostanze, evitare il danno. Tale prova non può prescindere dalla dimostrazione della presenza fisica del precettore al momento della commissione dell’illecito da parte dell’apprendista, integrando la stessa un dovere primario del precettore diligente ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c. Cass. civ., sez. , VI-III 4 giugno 2018, n. 14216

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori per fatto illecito dell’allievo, il raggiungimento della maggiore età (o di un’età ad essa prossima) da parte di quest’ultimo, seppure di per sé inidoneo a rendere inapplicabile la responsabilità ex art. 2048, comma 2, c.c., incide sul contenuto della prova liberatoria a carico dell’insegnante, nel senso che l’età maggiorenne deve ritenersi ordinariamente sufficiente ad integrare il caso fortuito, per essere stato l’evento posto in essere da persona che non necessita – quantomeno per attività materiali non specificamente correlate ad un insegnamento tecnico – di vigilanza alcuna poiché munita di completa capacità di discernimento tale da far presumere la non prevedibilità della condotta dannosa posta in essere, salva prova contraria da fornirsi da parte del soggetto danneggiato. (Fattispecie relativa a danno provocato ad una compagna di scuola dall’accalcamento e dalle spinte verificatesi all’uscita della palestra al termine della lezione di educazione fisica tra gli allievi frequentanti l’ultimo anno di scuola superiore). Cass. civ., sez. , III 31 gennaio 2018, n. 2334

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, il superamento della presunzione di responsabilità gravante, ex art. 2048 c.c., sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, postula la dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, e di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di quella serie, commisurate all’età ed al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto, dovendo la sorveglianza dei minori essere tanto più efficace e continuativa in quanto si tratti di fanciulli in tenera età, sicché, con riguardo ad uno stato dei luoghi connotato dalla presenza di un manufatto in grado di ostacolare la piena e totale visibilità dello spazio da controllare, non costituiscono idonee misure organizzative la mera presenza delle insegnanti “in loco”, se non disposte in prossimità del manufatto stesso, e l’avere le medesime impartito agli alunni la generica raccomandazione “di non correre troppo durante la ricreazione” senza l’adozione di interventi correttivi immediati, diretti a prevenire e ad evitare il verificarsi di eventi dannosi. Cass. civ., sez. , I 9 maggio 2016, n. 9337

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, non è sufficiente, per superare la presunzione di responsabilità a loro carico ex art. 2048 c.c., la dimostrazione di aver esercitato la vigilanza sugli alunni nella misura dovuta ed il carattere imprevedibile e repentino dell’azione dannosa ove sia mancata l’adozione delle più elementari misure organizzative per mantenere la disciplina tra gli allievi. Cass. civ., sez. , III 13 novembre 2015, n. 23202

In tema di responsabilità civile dei maestri e dei precettori, per superare la presunzione di responsabilità che ex art. 2048 c.c. grava sull’insegnante per il fatto illecito dell’allievo, non è sufficiente per detto insegnante la sola dimostrazione di non essere stato in grado di spiegare un intervento correttivo o repressivo dopo l’inizio della serie causale sfociante nella produzione del danno, ma è necessario anche dimostrare di aver adottato, in via preventiva, tutte le misure disciplinari o organizzative idonee ad evitare il sorgere di una situazione di pericolo favorevole al determinarsi di detta serie causale. Cass. civ., sez. , III 22 aprile 2009, n. 9542

L’art. 2048 c.c., dopo aver previsto la responsabilità dei precettori e maestri per i danni cagionati dal fatto illecito dei loro allievi nel tempo in cui sono sottoposti alla loro vigilanza, dispone che tali soggetti sono liberati dalla responsabilità soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto. Peraltro, per vincere la presunzione di responsabilità a carico della P.A., in virtù del rapporto organico con gli insegnanti, nel caso in cui il fatto dannoso si sia verificato nell’ambito di una scuola pubblica, occorre la dimostrazione di avere esercitato la vigilanza nella misura dovuta, il che presuppone anche l’adozione, in via preventiva, di misure organizzative e disciplinari idonee ad evitare una situazione di pericolo, nonché la prova dell’imprevedibilità e repentinità, in concreto, dell’azione dannosa. Cass. civ. sez. III 18 aprile 2001, n. 5668

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