Art. 2045 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Stato di necessità

Articolo 2045 - codice civile

Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile (1447; 54 c.p.), al danneggiato è dovuta un’indennità (843, 924, 925, 1038, 1053, 1328, 2047), la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.

Articolo 2045 - Codice Civile

Quando chi ha compiuto il fatto dannoso vi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, e il pericolo non è stato da lui volontariamente causato né era altrimenti evitabile (1447; 54 c.p.), al danneggiato è dovuta un’indennità (843, 924, 925, 1038, 1053, 1328, 2047), la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.

Massime

L’art. 2045 c.c., laddove riconosce in favore del danneggiato un’indennità nell’ipotesi in cui chi ha compiuto il fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, ha una funzione surrogatoria od integratrice, avendo lo scopo di assicurare al danneggiato un’equa riparazione; ne consegue che non è affetta da violazione di legge la sentenza con cui il giudice d’appello, individuati nel fatto gli estremi dello stato di necessità e corretta in tal senso la motivazione della prima sentenza (che, invece, aveva attribuito al danneggiante la responsabilità risarcitoria ai sensi dell’art. 2043 c.c.), esercitando il proprio giudizio equitativo, liquidi in favore del danneggiato, a titolo di indennità, la stessa somma di danaro che il primo giudice aveva liquidato a titolo risarcitorio. Cass. civ., sez. , III 18 novembre 2010, n. 23275

In tema di illecito, qualora l’attore abbia chiesto il risarcimento dei danni e sia stato accertato che il convenuto aveva agito in stato di necessità, il giudice deve applicare d’ufficio l’art. 2045 c.c., essendo implicita nella domanda di risarcimento quella di corresponsione di un equo indennizzo, anche in assenza di un esplicito richiamo, da parte del danneggiato, alla ricordata norma ex art. 2045 c.c. Cass. civ., sez. , III 19 agosto 2003, n. 12100

L’art. 2045 c.c. (il quale prevede che l’autore del fatto dannoso commesso in stato di necessità è tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato) è applicabile, per analogia, nel caso di danno cagionato da persona non punibile per aver agito in stato di cosiddetta legittima difesa putativa. Cass. civ. sez. III 6 aprile 1995, n. 4029

Presupposto per il riconoscimento del diritto all’indennità, che, ai sensi dell’art. 2045 c.c., il giudice può (nella misura ritenuta equa) attribuire al danneggiato nel caso in cui l’autore del fatto dannoso abbia agito in stato di necessità, è che la condotta di quest’ultimo sia consistita in un’azione diretta a cagionare danno; pertanto, tale indennità è correttamente negata quando – alla stregua della valutazione di tutti gli elementi della fattispecie concreta – risulti che l’azione del danneggiante sia stata invece diretta soltanto a giovare al soggetto in pericolo, il quale dalla opera di salvataggio tentata a suo favore abbia accidentalmente ricevuto un danno sostanzialmente non dissimile da quello che gli sarebbe derivato in mancanza di detta azione. (Nella specie, l’indennità era stata richiesta dalla passeggera di un automobile rimasta ferita per la brusca frenata che il conducente di tale veicolo era stato costretto a compiere per evitare la collisione con altro veicolo improvvisamente immessosi sulla strada). Cass. civ. sez. III 14 aprile 1981, n. 2238

L’art. 2045 c.c., il quale prevede che l’autore del fatto dannoso commesso in stato di necessità è tenuto a corrispondere una indennità al danneggiato, è applicabile anche nel caso di danno cagionato da incidente stradale, purché l’autore del fatto dimostri gli elementi costitutivi dell’esimente. L’apprezzamento relativo alla ricostruzione del sinistro costituisce giudizio di merito e, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità, quando sia sorretto da adeguato e corretto ragionamento. Cass. civ. sez. III 19 luglio 2002, n. 10571

In tema di responsabilità medica, la struttura ospedaliera che esegua un intervento chirurgico d’urgenza non può invocare lo stato di necessità di cui all’art. 2045 c.c., il quale implica l’elemento dell’imprevedibilità della situazione d’emergenza, la cui programmazione rientra nei compiti di ogni struttura sanitaria e, con riguardo alle risorse ematiche, deve tradursi in un approvvigionamento preventivo o nella predeterminazione delle modalità per un rifornimento aggiuntivo straordinario, sicché grava sulla struttura la prova di aver eseguito, sul sangue pur somministrato in via d’urgenza, tutti i controlli previsti all’epoca dei fatti. (Omissis). Cass. civ., sez. , III 7 luglio 2016, n. 13919

La necessità del consenso del paziente alle cure sanitarie viene meno sia in presenza di uno stato di necessità effettivo, sia in presenza di uno stato di necessità presunto o putativo, il quale ricorre allorché il medico, senza colpa, abbia ritenuto in base a circostanze scusabili l’esistenza d’un pericolo di danno grave alla salute del paziente. Cass. civ., sez. , III 15 novembre 1999, n. 12621

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