L’accordo mediante il quale le parti stabiliscono la cessione di quote di piena o nuda proprietà di un bene immobile verso un corrispettivo, in parte rappresentato dalla prestazione mensile di una somma di danaro, ed in parte dalla prestazione di “assistenza morale” per la durata della vita del beneficiario, ha natura di contratto atipico, che si differenzia dalla rendita vitalizia in relazione agli autonomi obblighi di assistenza che lo connotano – in parte non fungibili e basati sull’”intuitus personae” – rispetto all’inadempimento dei quali, anche limitatamente ad un breve periodo, non è applicabile l’art. 1878 c.c., che esclude la risoluzione del contratto in ipotesi di mancato pagamento di rate di rendita scadute, ma la disciplina generale della risoluzione per inadempimento di cui all’art. 1453 c.c. Cass. civ., sez. , VI 25 maggio 2017, n. 13232
In tema di contratto atipico di vitalizio alimentare o assistenziale, non costituisce causa di risoluzione per inadempimento del vitaliziante il sopravvenuto decesso, nel corso del rapporto, del beneficiario delle prestazioni alimentari e di cura, perché il sopraggiungere della morte del vitaliziato durante lo svolgimento del rapporto conseguente alla stipula del suddetto contratto comporta soltanto l’estinzione della prestazione periodica al cui adempimento si è obbligato il vitaliziante. Cass. civ., sez. , II 24 giugno 2009, n. 14796
Al contratto, con il quale una parte si obbliga a corrispondere all’altra vitto, alloggio e vestiario nonché a prestarle assistenza materiale e spirituale dietro corrispettivo della cessione di un immobile o di altra attribuzione patrimoniale, sono applicabili le disposizioni in materia di vitalizio oneroso che non siano incompatibili con le particolari fattispecie che le parti pongano in essere, nella loro autonoma negoziale, mediante la previsione di prestazioni che possano consistere – esclusivamente o prevalentemente – in un dare o in un facere. Pertanto, qualora non sia possibile, per qualsiasi causa, la prestazione in natura, a tale contratto è applicabile l’art. 433 c.c. che prevede, in materia di alimenti, la determinazione da parte del giudice del modo di somministrazione della prestazione dell’obbligato – e quindi anche la convertibilità in danaro della prestazione – indipendentemente dalla scelta dell’interessato, nonché l’art. 1877 c.c. per il quale il creditore, in caso di mancata o diminuita prestazione delle garanzie pattuite da parte del promittente, può chiedere la risoluzione del contratto. Cass. civ. sez. II 15 marzo 1982, n. 1683
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