L’accordo tra il cliente e la banca in base al quale anche altro soggetto (a ciò delegato) è autorizzato a compiere operazioni sul conto corrente, spiega unicamente l’effetto, per le operazioni e nei limiti di importo stabiliti, di vincolare la banca a considerare alla stessa stregua di quella del delegante la firma del delegato, e non comporta anche il conferimento a quest’ultimo di un potere generale di agire in rappresentanza del delegante per il compimento di qualsiasi tipo di atto negoziale riferibile al conto. Cass. civ. sez. III 22 maggio 2007, n. 11866
I cosiddetti «benefondi», ossia l’uso interbancario di richiedere e dare, a mezzo del telefono o con altri strumenti di comunicazione, conferma dell’esistenza di una sufficiente provvista in relazione al pagamento di assegni di conto corrente, può legittimamente ricondursi ad una prassi interna nei rapporti tra gli istituti di credito (fonte di affidamento reciproco e di responsabilità civile), ma non anche essere invocato al fine di farne discendere un obbligo immediato di accreditamento da parte della banca se non risulti che il versamento sul conto corrente di un titolo di credito tratto su altra banca avvenga secondo una regolamentazione pattizia tale da imporre alla banca ricevente di mettere immediatamente a disposizione del suo cliente correntista la relativa somma. Cass. civ. sez. I 10 marzo 2000, n. 2742
Nel contratto di conto corrente bancario, a differenza che nel contratto di conto corrente ordinario, le annotazioni o registrazioni delle singole operazioni hanno un valore esclusivamente contabile ed un’efficacia meramente dichiarativa, con la conseguenza che, quando si verifichi lo scioglimento del conto corrente bancario, ai fini della identificazione del saldo finale (diverso da quello cosiddetto disponibile) che deve essere pagato immediatamente, sia esso a credito del correntista o della banca, occorre fare esclusivo riferimento al risultato contabile raggiunto attraverso la contrapposizione delle operazioni attive e passive destinate a confluire nel suddetto conto ed ormai perfezionatesi, a nulla rilevando la mancata annotazione di dette operazioni. Cass. civ. sez. I 20 febbraio 1998, n. 1846
Il conto corrente di corrispondenza costituisce un negozio giuridico atipico dominato dalle regole del mandato, in quanto la banca assume l’incarico di compiere pagamenti o riscossioni di somme per conto del cliente e secondo le sue istruzioni, potendo altresì mettere a sua disposizione anche delle somme. In tale ultima ipotesi, la disponibilità del conto viene costituita dalla banca o in virtù di un obbligo preventivamente assunto (apertura di credito) o per una sua autonoma decisione (concessione temporanea di credito), astrattamente ascrivibile anche a mera tolleranza, dalla quale, però, non può farsi discendere l’obbligo della stessa di provvedere per il futuro ad ulteriori anticipazioni, neppure nel caso in cui la disponibilità accordata al cliente consegua allo sconto di effetti cambiari o (come nella specie) di assegni postdatati, trattandosi di un comportamento non idoneo, di per sé, ad evidenziare univocamente la volontà di addivenire per “facta concludentia” ad una modificazione delle condizioni originariamente concordate, né la violazione dell’obbligo di buona fede. Cass. civ., sez. , I 30 gennaio 2017, n. 2226
Il conto corrente di corrispondenza è caratterizzato dall’esplicazione di un servizio di cassa, in relazione alle operazioni di pagamento o di riscossione di somme da effettuarsi, a qualsiasi titolo, per conto del cliente e la disponibilità sul conto può essere costituita con versamento di somme, con accrediti sul conto od anche con intervento da parte della banca – che può assumere il carattere di un’apertura di credito in senso proprio o di una concessione temporanea di credito – il quale costituisce, nella complessità del rapporto, una prestazione accessoria rispetto a quella principale di mandato, non eccedente dai relativi limiti, né contraria ai principi di correttezza e buona fede. Cass. civ., sez. , I 5 dicembre 2011, n. 25943
La causa del contratto di conto corrente di corrispondenza implica un mandato generale conferito alla banca dal correntista ad eseguire e ricevere pagamenti per conto del cliente, con autorizzazione a far affluire nel conto le somme così acquisite in esecuzione del mandato. Sicché, proprio nell’autorizzazione conferita in via preventiva alla banca dal cliente deve ravvisarsi la ragione che converte l’acquisizione da parte della banca di somme da terzi dovute al correntista ed il successivo versamento in conto di una rimessa dello stesso cliente sul conto, con l’effetto proprio della rimessa diretta, idonea a costituire un deposito a suo favore, ovvero, se il conto abbia affidamento della banca e presenti un saldo passivo, a ricostituire la provvista o ad estinguere il debito (immediatamente esigibile) dello sconfinamento dal fido, con effetto propriamente solutorio. Cass. civ. sez. I 28 giugno 2002, n. 9494
Nell’ambito del conto corrente di corrispondenza, la banca mandataria è tenuta alla diligente individuazione del contenuto dell’incarico ricevuto, non fermandosi alle enunciazioni meramente formali, ma non anche al controllo sulla convenienza dell’operazione per il cliente. Pertanto, ove questi, in qualità di debitore ceduto, e pur avendo avuto notifica della cessione del credito, disponga un bonifico in favore del cedente, ancorché indicando come luogo dell’adempimento il domicilio del cessionario, si deve escludere che la banca possa essere chiamata a rispondere per non aver provveduto al soddisfacimento di detto cessionario. Cass. civ. sez. I 2 agosto 1991, n. 8517
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