Art. 1783 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Responsabilità per le cose portate in albergo

Articolo 1783 - codice civile

Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.
Sono considerate cose portate in albergo:
1) le cose che vi si trovano durante il tempo nel quale il cliente dispone dell’alloggio;
2) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia, fuori dell’albergo, durante il periodo di tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio;
3) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un ausiliario assumono la custodia sia nell’albergo, sia fuori dell’albergo, durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o successivo a quello in cui il cliente dispone dell’alloggio.
La responsabilità di cui al presente articolo è limitata al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata (1785 bis).

Articolo 1783 - Codice Civile

Gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo.
Sono considerate cose portate in albergo:
1) le cose che vi si trovano durante il tempo nel quale il cliente dispone dell’alloggio;
2) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custodia, fuori dell’albergo, durante il periodo di tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio;
3) le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un ausiliario assumono la custodia sia nell’albergo, sia fuori dell’albergo, durante un periodo di tempo ragionevole, precedente o successivo a quello in cui il cliente dispone dell’alloggio.
La responsabilità di cui al presente articolo è limitata al valore di quanto sia deteriorato, distrutto o sottratto, sino all’equivalente di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata (1785 bis).

Massime

In ipotesi di sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo e non consegnate in custodia, il limite del risarcimento dovuto dall’albergatore, secondo la dizione dell’ultimo comma dell’art. 1783 cod. civ., è commisurato al prezzo di locazione dell’alloggio per giornata, ovvero al corrispettivo complessivo e non a quello “pro quota” dovuto dal singolo cliente.

In tema di responsabilità per le cose portate in albergo, il cliente non ha l’obbligo di affidare in custodia all’albergatore gli oggetti di valore di sua proprietà, mancando una specifica previsione normativa in tal senso; se, tuttavia, il cliente non si avvalga di tale facoltà e le cose vengano sottratte, egli può ottenere il ristoro non del danno integrale ma solamente entro il limite massimo stabilito dall’art. 1783, terzo comma, cod. civ., salvo che non provi la colpa dell’albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o di collaborazione, ai sensi dell’art. 1785 bis cod. civ. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 5030 del 4 marzo 2014

In tema di responsabilità dell’albergatore per deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate in albergo, non può essere applicata la limitazione nell’ammontare del risarcimento dovuto al cliente stabilita nell’art. 1783 c.c. ultimo comma ma deve riconoscersi la colpa dell’albergatore e il conseguente obbligo risarcitorio pieno ex art. 1785 bis c.c., nel caso in cui venga sottratta una pelliccia di visone, prelevata dal deposito custodito per la necessità di partire in un’ora incompatibile con la fruizione del servizio a causa della limitazione dell’orario di apertura, dalla camera di un cliente durante la notte alla presenza degli occupanti addormentati e senza segni di effrazione e forzatura della porta d’ingresso, perché pur non essendo esigibile l’attivazione di un sistema di custodia dei beni di valore dei clienti ventiquattro ore su ventiquattro, i rischi della limitazione oraria non possono riversarsi sul cliente soprattutto se a tale incompletezza del servizio si uniscano lacune nella sorveglianza dei locali e un difetto di vigilanza sull’accesso in albergo e alle singole camere e sulla custodia delle chiavi o dei passepartout delle camere. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10493 del 7 maggio 2009

In tema di responsabilità per le cose portate in albergo, il cliente non ha l’obbligo di affidare gli oggetti di valore di sua proprietà in custodia all’albergatore, mancando una specifica previsione normativa in tale senso; tuttavia, se non si avvalga di tale facoltà, corre il rischio di non poter ottenere, in caso di sottrazione, l’integrale risarcimento del danno, come disposto dall’art. 1783 cod. civ., a meno che non provi la colpa dell’albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o collaborazione, ai sensi dell’art. 1785 bis cod. civ. In assenza di tale riscontro probatorio, la determinazione del “quantum” entro il limite massimo stabilito nell’ultimo comma dell’art. 1783 cod. civ rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale è libero di determinare la somma da liquidare secondo il suo prudente apprezzamento.  Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 28812 del 5 dicembre 2008

In tema di responsabilità per le cose portate in albergo, venuta a mancare la restituzione della cosa per fatto imputabile al depositario (nella specie: per furto notturno mediante narcosi indotta da ignoti), sorge, a carico di quest’ultimo, l’obbligazione del risarcimento del danno, intesa — trattandosi di obbligazione di valore — a rimettere il depositante nella stessa condizione economica in cui si sarebbe trovato se la restituzione in natura fosse stata eseguita, il che implica la rivalutazione dell’equivalente pecuniario del bene sottratto fino alla data della decisione definitiva; qualora invece la cosa depositata in albergo costituisca una somma di danaro, l’inadempimento dell’obbligo contrattuale di custodire e restituire la stessa somma di denaro non trasforma una tipica obbligazione pecuniaria in un’obbligazione di valore, sicché il regime del risarcimento dei danni è regolato dall’art. 1224 c.c., a norma del quale sono dovuti i soli interessi legali, mentre il maggior danno rispetto a detti interessi (eventualmente da svalutazione) è dovuto solo se provato e nei limiti in cui eccede quanto coperto dagli interessi legali. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 19769 del 23 dicembre 2003

In analogia a quanto si verifica in tema di responsabilità del vettore per la perdita delle cose consegnategli per il trasporto qualora le stesse vengano sottratte a causa di una rapina, anche la sottrazione con violenza o minaccia delle cose depositate dal cliente in albergo può imputarsi alla forza maggiore, idonea ad escludere la responsabilità dell’albergatore, solo quando le comprovate circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione stessa ebbe a verificarsi siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed inevitabile. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 18651 del 5 dicembre 2003

Il giudice di merito, onde affermare la responsabilità illimitata dell’albergatore ai sensi dell’art. 1784 c.c. – o dei soggetti ad esso equiparati dall’art. 1786 c.c. – deve accertare se il cliente, indipendentemente da una specifica dichiarazione negoziale, per le modalità e il contesto in cui ha consegnato la cosa al gestore dell’esercizio o ai suoi dipendenti, ha inteso affidarlo alla loro custodia o invece se essi si sono limitati a prestargli una cortesia conforme agli usi, nel qual caso la responsabilità è quella limitata, prevista dall’art. 1783 c.c. (Nella specie il cameriere di un ristorante, sprovvisto di guardaroba, aveva appeso la pelliccia – poi sparita – di una cliente ad un appendiabiti; la Suprema Corte, nel cassare la ritenuta responsabilità ex art. 1784 c.c., ha affermato l’equivocità della circostanza ai fini dell’affidamento del bene in custodia al gestore, potendo invece essa restare nella sfera di controllo e disponibilità del cliente, anche avuto riguardo al luogo ove l’appendiabiti è situato).  Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 1537 del 19 febbraio 1997

Il contratto di albergo non può in sé considerarsi un contratto tipico, non trovando alcuna specifica regolamentazione nel codice civile (il quale agli artt. 1783 e 1785 disciplina solo il deposito delle cose portate in albergo o consegnate all’albergatore), né nella legislazione speciale. Esso è, invece, un contratto atipico o, al più, misto, con cui l’albergatore si obbliga a prestazioni, molteplici ed eterogenee, che vanno dalla locazione dell’alloggio, alla fornitura di servizi, al deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione dell’alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a far assumere alle altre prestazioni carattere meramente accessorio. Anche la posizione del terzo beneficiario delle prestazioni alberghiere — nel caso in cui, come nella specie, un comune ottenga da diversi titolari di pensione la disponibilità ad ospitare famiglie prive di alloggi perché sinistrate, baraccate o sfrattate — può essere diversa, potendo esso rappresentare un estraneo (rispetto allo stipulante), cui, in virtù del contratto, è stato attribuito un diritto soggettivo alle prestazioni verso l’albergatore, ovvero un rappresentante dello stipulante, pur se in entrambi i casi possa essere configurabile un rapporto diretto del terzo con l’albergatore. Ne consegue che il giudice, cui l’albergatore richieda la condanna dello stipulante (nella specie, il comune che, dopo un certo periodo, ha revocato l’assistenza concessa in favore di un nucleo familiare) al pagamento del compenso pattuito fino al rilascio dell’alloggio da parte del terzo beneficiario (nella specie, il nucleo familiare che, all’atto della revoca dell’assistenza comunale non ha rilasciato l’alloggio) non può rifarsi ad un «tipo» negoziale di contratto di albergo che prescinda dalle peculiarità della fattispecie, bensì deve verificare se ed entro quali limiti la ricostruzione della concreta fattispecie negoziale, avuto riguardo alla funzione economico-sociale di essa ed alla comune volontà contrattuale, evidenzi un’ipotesi di stipulazione in favore di terzo. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 10158 del 28 novembre 1994

In tema di responsabilità degli albergatori per le cose portate in albergo dai clienti sia l’art. 1784 c.c., nel testo modificato dalla L. del 15 febbraio 1977, n. 35 sia il vigente art. 1783 nel testo modificato con L. 15 giugno 1978, n. 316, che ha reso esecutiva la Convenzione di Parigi 17 dicembre 1972, assumendo come parametro di riferimento per la limitazione di detta responsabilità il prezzo della locazione dell’alloggio per giornata, intendono con la formulazione anzidetta il corrispettivo del godimento della camera occupata dal cliente temporaneamente e della somministrazione di quei servizi accessori, ma assolutamente indispensabili per usufruire della stessa, in condizioni di normalità. Tuttavia ove l’albergatore pattuisca con il cliente sin dall’origine un prezzo giornaliero nel quale siano comprese indistintamente sia la prestazione della camera, sia quella di ulteriori servizi che, pur potendo essere semplicemente offerti, siano invece assunti negozialmente come imprescindibili condizioni dell’alloggio, venendo perciò ad assumere carattere di obbligatorietà nei confronti del cliente, sì da connaturare il rapporto secondo uno schema concettualmente diverso, il parametro legale deve corrispondere al prezzo globale (nella specie il prezzo globalmente pattuito era comprensivo del corrispettivo dell’alloggio e dei pasti). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2475 del 8 marzo 1991

In tema di responsabilità ex recepto dell’albergatore per mancata restituzione di cose consegnate in custodia nel vigore del testo originario dell’art. 1783 c.c., la prova della non imputabilità della sottrazione della cosa ricevuta in custodia incombe, ex artt. 1218 e 1780 c.c., sull’albergatore-depositario, il quale è liberato soltanto se dimostri, al di là dei modi più o meno congrui prescelti per la custodia, l’assoluta mancanza di colpa nell’adempimento della custodia e così la inevitabilità dell’evento nonostante l’impiego della diligenza richiesta, giacché la consegna ha lo scopo di attivare una specifica obbligazione del depositario volta a tutelare la conservazione della cosa, a stornare cioè, nei limiti del possibile, il pericolo della sua perdita o sottrazione ad opera di terzi, riducendo i correlativi rischi a carico del depositante. Pertanto anche la sottrazione, compiuta con violenza o con minaccia, delle cose consegnate all’albergatore può qualificarsi come fortuito o forza maggiore a lui non imputabile, in quanto le comprovate circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione stessa ebbe a verificarsi siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed inevitabile. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 12120 del 21 dicembre 1990

La consegna della cosa al gestore d’un albergo o di esercizi ad esso equiparati – ovvero ai suoi dipendenti – è qualificabile come consegna in custodia, al fine della responsabilità illimitata verso il cliente per sottrazione o deterioramento, secondo la disciplina degli artt. 1783 e ss. c.c. (nel testo in vigore prima delle modifiche introdotte dall’art. 3 della L. 3 giugno 1978, n. 316) qualora avvenga in un contesto e con modalità che ne dimostrino inequivocabilmente la finalità di custodia, mentre restano, a tal fine, irrilevanti sia la mancata estrinsecazione di tale finalità in un’espressa dichiarazione negoziale sia la mancata consegna delle chiavi. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la C.S. ha confermato la decisione della corte di merito, la quale aveva affermato la responsabilità illimitata del gestore d’un campeggio per il collocamento in esso d’una roulotte, ritenendo che nel caso concreto la finalità di custodia nonché l’avvenuta consegna era obiettivamente dimostrata dalle modalità di conferimento del veicolo e dalla struttura, ubicazione e modalità di esercizio del campeggio. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 213 del 14 gennaio 1988

Con riguardo al deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate in albergo (nella specie, stabilimento balneare), la legge n. 316 del 1978, modificando l’art. 1784 c.c., nello stabilire che la responsabilità dell’albergatore non può superare di cento volte il prezzo di locazione dell’alloggio per giornata qualora detti eventi non siano addebitabili a sua colpa, ha posto un limite alla liquidazione del danno subito dal cliente, ma non ha mutato la natura dell’obbligazione stessa la quale integra un debito di valore, soggetto agli effetti della svalutazione monetaria e sul quale decorrono gli interessi dal giorno dell’evento dannoso. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 6182 del 21 ottobre 1986

L’affidamento di cose in custodia all’albergatore, come nel caso di parcheggio di autoveicolo in rimessa o spazio aperto all’uopo predisposto, implica la costituzione di un rapporto di deposito, autonomo, pure se collegato, rispetto al rapporto d’albergo, comportante una prestazione dell’albergatore medesimo di cui può essere beneficiario, a differenza di quella inerente all’ospitabilità alberghiera, un terzo diverso dal cliente che la richiede. Pertanto, ove il cliente abbia chiesto tale prestazione, nell’esecuzione di un mandato senza rappresentanza conferitogli da un terzo (nella specie, proprietario della merce trasportata che gli autisti di un autofurgone clienti dell’albergo avevano l’incarico di consegnare agli acquirenti), consegue la legittimazione di quest’ultimo all’esercizio del credito per risarcimento del danno subito per il furto delle cose date in custodia, consumato nel parcheggio dell’albergo, in quanto derivante dall’esecuzione del mandato, a norma dell’art. 1705 secondo comma c.c. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4128 del 13 luglio 1982

Gli obblighi inerenti alla custodia e la conseguente responsabilità ex recepto a carico dell’albergatore scaturiscono dalla conclusione del contratto d’albergo, alla quale le parti possono addivenire anche per lacia concludentia, quali, salva la prova contraria, la richiesta di custodia di cose e la loro traditio nelle mani e nella disponibilità dell’albergatore, indipendentemente dall’assegnazione di una camera al cliente, che può avvenire anche successivamente.  Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 690 del 29 gennaio 1981

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