Nel rapporto di agenzia, la regola dettata dall’art. 2119 c.c. deve essere applicata tenendo conto della diversa natura del rapporto rispetto a quello di lavoro subordinato nonché della diversa capacità di resistenza che le parti possono avere nell’economia complessiva dello stesso; in tale ambito, il giudizio circa la sussistenza, nel caso concreto, di una giusta causa di recesso deve essere compiuto dal giudice di merito, tenendo conto delle complessive dimensioni economiche del contratto e dell’incidenza dell’inadempimento sull’equilibrio contrattuale, assumendo rilievo, in proposito, solo la sussistenza di un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente, tanto da non consentire la prosecuzione, “anche provvisoria”, del rapporto. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1376 del 19 gennaio 2018
In tema di contratto di agenzia, l’esercizio, da parte del preponente, della facoltà di recedere “ad nutum” dal rapporto, salvo il dovere del preavviso, non costituisce inadempimento contrattuale ma legittima esplicazione di un diritto potestativo, dal cui esercizio, pertanto, non deriva, di per sé, all’agente alcun danno risarcibile, atteso che il risarcimento del danno cui fa riferimento l’art. 1751, comma 4, c.c. è quello che si correla ad eventuali danni ulteriori da fatto illecito contrattuale o extracontrattuale. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3251 del 7 febbraio 2017
In tema di rapporto di agenzia, il recesso dell’agente per giusta causa si converte, ove si accerti l’insussistenza di quest’ultima e salvo che non emerga una diversa volontà dell’agente medesimo, in un recesso senza preavviso, che determina la riespansione del diritto della controparte a percepire le previste indennità ed all’eventuale risarcimento del danno. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 19579 del 30 settembre 2016
Nel contratto di agenzia, il recesso per giusta causa implica una valutazione della gravità della condotta correlata alla maggiore intensità del carattere fiduciario del rapporto, tanto da giustificare una divaricazione dal giudizio dato in sede disciplinare. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che ha riconosciuto la legittimità di un recesso per giusta causa di un titolare di agenzia che aveva inserito, nelle classi di merito di alcune polizze assicurative, autoattestazioni di rischio degli assicurati successivamente disconosciute dalle relative compagnie assicuratrici, benché tale condotta non fosse stata ritenuta rilevante nel procedimento disciplinare innanzi alla commissione Albo Agenti). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 22285 del 30 ottobre 2015
In tema di contratti di agenzia a tempo indeterminato, il termine di preavviso, ai sensi dell’art. 1750 cod. civ. (come sostituito dall’art. 3 del d.lgs. 10 settembre 1991, n. 303), non può essere inferiore ad un mese per ogni anno, o frazione di anno, di durata del contratto fino ad un massimo di sei mesi, poiché il legislatore italiano – come consentito dall’art. 15 della Direttiva del Consiglio CEE del 18 dicembre 1986, n. 86/653/CEE, ferma la tutela inderogabile per il primo triennio – ha previsto, anche per gli anni successivi al terzo, termini crescenti di quattro, cinque e sei mesi (rispettivamente per il quarto, il quinto, il sesto ed i successivi anni) non derogabili ad opera delle parti. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 16487 del 18 luglio 2014
L’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, primo comma, cod. civ. in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta, che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia – in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali – assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata. (Nella specie la Corte ha ritenuto correttamente accertata la sussistenza della giusta causa di recesso dell’agente, in ragione del mancato pagamento di provvigioni relative ad uno specifico ordine, ricevuto direttamente dal preponente, ma da terzi rientranti nella zona di esclusiva dell’agente e che quest’ultimo aveva in precedenza acquisito come clienti). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11728 del 26 maggio 2014
In materia di rapporto d’agenzia, l’indennità sostitutiva prevista in caso di recesso unilaterale dal rapporto senza preavviso ha una funzione indennitaria, quale rimedio contro la mera eventualità di mancato rinvenimento di nuova occupazione, nonché di tutela della parte che subisce l’improvvisa interruzione del rapporto, attenuandone le conseguenze, dovendosi ritenere che, ove il recesso sia subito dal lavoratore, la stessa si sostanzi non solo nel consentirgli la ricerca di un’altra possibilità di lavoro, ma anche di permettergli di organizzare la propria esistenza nell’imminenza del fatto “traumatico” della cessazione del rapporto, non geneticamente prevista e non a lui dovuta. Ne consegue che il lavoratore ha diritto all’indennità anche nel caso in cui, dopo il licenziamento, trovi immediatamente un’altra occupazione. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto ininfluente che, dopo il recesso senza preavviso da parte del preponente in dipendenza della cessione dell’impresa, l’agente avesse sottoscritto, dopo nove giorni, un nuovo contratto di collaborazione con il cessionario, rilevando, tra l’altro, che se il lavoratore avesse avuto il tempo di preavviso di sei mesi previsto per legge avrebbe potuto cercare soluzioni anche più vantaggiose). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 24776 del 5 novembre 2013
In tema di contratto di agenzia, la mancata concessione del termine di preavviso, ovvero la concessione di un termine inferiore a quello dovuto, non travolge né rende invalido il recesso come manifestazione di volontà di porre fine al rapporto; in tale caso, infatti, la clausola nulla viene sostituita di diritto dalla norma imperativa che impone la concessione del preavviso (art. 1419, secondo comma, c.c.). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4149 del 15 marzo 2012
Costituisce giusta causa di recesso del preponente dal contratto di agenzia l’evento, imputabile all’agente, dipendente dal fatto illecito di un terzo, atteso che nell’ambito della responsabilità contrattuale il fatto del terzo, pur riconducibile al caso fortuito, in tanto può valere quale causa di esonero del debitore da responsabilità ex art. 1218 c.c., in quanto renda impossibile l’adempimento consistendo in una forza esterna, improvvisa ed imprevedibile, tale da neutralizzare la diligenza del debitore. (In applicazione dell’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il recesso di una società di assicurazioni dal rapporto di agenzia con un agente, essendo questi a conoscenza dell’illecita condotta di un terzo – con il quale aveva contratto debiti usurari – che, operando direttamente sul conto corrente bancario relativo alla gestione dell’agenzia assicurativa, aveva causato il mancato versamento di rimesse per un rilevante importo). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 26830 del 14 dicembre 2011
In tema di cessazione del rapporto di agenzia, il recesso senza preavviso dell’impresa preponente – secondo la disciplina del codice civile prima delle modifiche introdotte, in attuazione della direttiva comunitaria 86/653/CE del 18 dicembre 1986, dal d.l.vo n. 303 del 1991, non applicabile prima del 1° gennaio 1994 ai rapporti già in corso alla data del 1° gennaio 1990 – è consentito nel caso in cui intervenga una causa che impedisca la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Pertanto, in caso di ricorso da parte dell’impresa preponente ad una clausola risolutiva espressa, che può ritenersi valida nei limiti in cui venga a giustificare un recesso in tronco attuato in situazioni concrete e con modalità a norma di legge o di accordi collettivi non legittimanti un recesso per giusta causa, il giudice deve verificare anche che sussista un inadempimento dell’agente integrante giusta causa di recesso. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 10934 del 18 maggio 2011
Costituisce giusta causa di recesso del preponente dal contratto di agenzia stipulato con una società di capitali la circostanza che uno dei soci di quest’ultima, in grado di influenzarne la condotta, abbia tenuto un comportamento riprovevole tale da minare la fiducia del preponente, a nulla rilevando che tale condotta sia stata tenuta nell’ambito di un diverso rapporto di agenzia, direttamente intercorrente tra il socio ed il preponente, giacché la giusta causa di recesso dipende dalla violazione del dovere di correttezza dell’agente, il quale è tenuto a mantenere la propria organizzazione aziendale al riparo dall’ingerenza del soggetto che ha mostrato, sia pure in altro contesto, di non essere affidabile. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito con la quale era stato ritenuto legittimo il recesso di una società di assicurazioni dal rapporto di agenzia con una società uno dei cui soci, quando era anch’egli agente della medesima società, aveva sottratto denari a lui affidati dai clienti per un rilevantissimo importo). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9779 del 4 maggio 2011
Ai fini della legittimità del recesso nel rapporto di agenzia, il preponente non deve fare riferimento, fin dal momento della comunicazione del recesso, a fatti specifici, essendo sufficiente che di essi l’agente sia a conoscenza anche “aliunde” o che essi siano, in caso di controversia, dedotti e correlativamente accertati dal giudice. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva ritenuto gli addebiti noti all’agente in considerazione della corrispondenza intercorsa tra le parti). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 7019 del 25 marzo 2011
Al fine di stabilire se lo scioglimento del contratto di agenzia sia avvenuto per fatto imputabile al preponente o all’agente può essere utilizzato per analogia il concetto di giusta causa previsto per il lavoro subordinato, pur nella diversità delle rispettive prestazioni e della configurazione giuridica, e il relativo giudizio costituisce valutazione rimessa al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità ove sorretto da adeguata e logica motivazione. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva adeguatamente valutato gli addebiti contestati all’agente – consistenti nell’avere emesso polizze auto su diverse piazze italiane non perfezionate, né registrate, né talvolta rinvenute presso l’agenzia preponente – ed aveva ritenuto che la gravità degli stessi avesse fatto venir meno il rapporto fiduciario e giustificato la risoluzione del rapporto). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3869 del 17 febbraio 2011
In tema di rapporto di agenzia, l’istituto del preavviso riguarda unicamente il recesso dal contratto di agenzia a tempo indeterminato, e non può essere esteso al contratto di agenzia a tempo determinato, ancorché, in mancanza di allegazione e prova della loro simulazione, si siano succeduti, senza soluzione di continuità, più contratti a termine. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3595 del 14 febbraio 2011
Nel contratto di agenzia, analogamente a quanto previsto nei rapporti di lavoro privi di stabilità, ove non ricorra l’ipotesi della giusta causa, la parte che recede è obbligata a darne preavviso nel termine stabilito ai sensi dell’art. 1750 c.c. rimanendo tenuta, in caso di mancato preavviso, al risarcimento del danno derivante da tale omissione. Tuttavia, come per gli altri rapporti di lavoro privi della stabilità reale od obbligatoria, deve escludersi, in linea generale, la configurabilità di altri danni risarcibili, poiché la risoluzione del rapporto costituisce esplicazione di un diritto potestativo delle parti, salva l’ipotesi del cosiddetto licenziamento ingiurioso, ravvisabile non in ogni caso di infondatezza degli addebiti di natura disciplinare o d’insussistenza dell’inadempimento posto a base del recesso ma soltanto in presenza di una particolare offensività e non funzionalità delle espressioni usate dal datore di lavoro o da eventuali forme ingiustificate e lesive di pubblicità date al provvedimento. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 21279 del 15 ottobre 2010
In materia di rapporto di agenzia, l’identità dei presupposti tra l’indennità suppletiva di clientela, spettante all’agente ai sensi dell’art. 11 dell’A.E.C., e quella di mancato preavviso, comporta il diritto dell’agente, in caso di spettanza di quest’ultima, alla percezione anche dell’altra, finalizzata al compenso indennitario del particolare pregiudizio, diverso da quello della mancata percezione delle provvigioni durante il periodo di virtuale preavviso, derivante dalla perdita della clientela procurata al preponente nell’ambito del rapporto di agenzia. (Nella specie, la S.C., ha ritenuto erronea e contraddittoria la decisione della corte territoriale che, pur riconoscendo in base alla fictio juris stabilita dalla norma collettiva per effetto delle variazioni del rapporto stabilite dal preponente e tempestivamente non accettate dall’agente, il diritto all’indennità di mancato preavviso, aveva poi negato il diritto all’indennità suppletiva di clientela nonostante la detta fictio stabilisse che in tale eventualità la comunicazione del preponente avrebbe costituito “preavviso per la risoluzione del rapporto di agenzia, ad iniziativa della casa mandante”). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 19508 del 10 settembre 2009
Il recesso per giusta causa previsto dall’art. 2119 c.c. si applica anche al contratto di agenzia purché vi sia un’inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Non è, quindi, idonea a concretare detta inadempienza la sospensione dell’esecuzione della prestazione operata dall’agente che si trovi in stato di detenzione in carcere, non sussistendo in tal caso il requisito indispensabile dell’imputabilità dell’inadempimento. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 20497 del 25 luglio 2008
In tema di rapporto di agenzia, il collegamento economico-funzionale fra imprese (nel caso di specie, società di assicurazione) facenti parte dello stesso gruppo pur non realizzando un’unitaria soggettività giuridica, né essendo sufficiente a far ritenere che gli obblighi inerenti al rapporto costituito con una società si estendano anche alle altre determina una convergenza di interessi economici; tale per cui, ove l’agente abbia in atto una pluralità di distinti rapporti con le singole società collegate, il verificarsi di un evento interruttivo del rapporto fiduciario tra l’agente ed una delle stesse è idoneo a determinare la cessazione della fiducia anche con riguardo agli altri rapporti ed a legittimare, conseguentemente; il recesso dai contratti conclusi con l’agente.
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L’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119, primo comma, c.c., in relazione al contratto di lavoro subordinato, è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta; che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi, in funzione del conseguimento delle finalità aziendali assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato; ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza (nella specie, la S.C., nel rigettare il ricorso, ha ritenuto adeguatamente motivata la lesione del rapporto fiduciario attesa la stipulazione, da parte dell’agente, di due polizze sulla base di false attestazioni dello stato di rischio, in violazione delle disposizioni sulle verifiche da effettuare già diramate dalla società). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 14771 del 4 giugno 2008
La cessione d’azienda, che nel rapporto di agenzia è sussumibile nella fattispecie legale di cui all’art. 2558 c.c., può integrare una giusta causa di recesso dell’agente dal contratto di agenzia se il cessionario non offre una sufficiente garanzia del regolare adempimento delle obbligazioni derivanti dalla prosecuzione del rapporto di durata — tanto più se relative ad importi già maturati, ma non ancora esigibili, come quelli dell’indennità da corrispondere alla fine del rapporto — e, più in generale, della regolare prosecuzione dell’attività dell’azienda cui è connessa l’attività dell’agente medesimo. (Nella specie, l’agente era receduto per giusta causa dal contratto di agenzia adducendo che la società cessionaria del sottostante rapporto, secondo le risultanze del relativo bilancio e dell’allegata relazione del collegio sindacale, non mostrava di offrire sufficienti garanzie di solvibilità e di consistenza economica e patrimoniale; la sentenza di merito che, pretermettendo l’esame della predetta documentazione, aveva escluso la sussistenza della giusta causa di recesso è stata cassata per insufficienza della motivazione dalla S.C., che ha enunciato l’anzidetto principio di diritto). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 21445 del 12 ottobre 2007
In tema di contratto di agenzia, l’art. 1750, comma quarto, c.c., nel porre la regola inderogabile secondo cui i termini di preavviso devono essere gli stessi per le due parti del rapporto, esprime un precetto materiale che vieta pattuizioni che alterino la parità delle parti in materia di recesso, con la conseguenza che è nullo per frode a detto precetto (art. 1344 c.c.) il patto che contempli, in aggiunta all’obbligo di pagare l’indennità di mancato preavviso, una clausola penale a carico del solo agente che si renda inadempiente all’obbligo di dare preavviso. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 24274 del 14 novembre 2006
Nel contratto di agenzia, pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della relativa configurazione giuridica, per stabilire se lo scioglimento del contratto stesso sia avvenuto o non per un fatto imputabile al preponente o all’agente, tale da impedire la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto, può essere utilizzato il concetto di giusta causa di cui all’art. 2119 c.c., previsto per il lavoro subordinato. In particolare, con riferimento al recesso dell’agente, la giusta causa può essere identificata solo con l’inadempimento, colpevole e non di scarsa importanza, del preponente, che leda in misura considerevole l’interesse del primo. (Nella specie la S.C. ha confermato la decisione di merito che aveva escluso la sussistenza di una giusta causa di recesso per l’agente nella riduzione delle provvigioni, decisa unilateralmente dal preponente, e l’introduzione di un nuovo sistema informatico che i promotori avrebbero dovuto utilizzare a partire dall’anno successivo, attesa la scarsa incidenza della riduzione della misura delle provvigioni nell’economia complessiva del rapporto e il notevole spazio di tempo intercorso tra la riduzione e la prima reazione, ad oltre sette mesi dalla comunicazione, per confermare che l’inadempimento incompatibile era pienamente compatibile con la sia pur provvisoria prosecuzione della relazione contrattuale). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 19678 del 10 ottobre 2005
In assenza di un’espressa previsione relativa alla possibilità di recedere senza preavviso dal rapporto di agenzia, per lo stesso trova applicazione in via analogica l’istituto del recesso per giusta causa di cui all’art. 2119 c.c., che comporta anche il riconoscimento del diritto dell’agente recedente all’indennità sostitutiva del preavviso, nonché dell’indennità sostitutiva di clientela prevista dagli accordi economici collettivi per la fattispecie di estinzione del rapporto su iniziativa del preponente, data rassimilabilità di tale caso a quello del recesso dell’agente per giusta causa, sostanzialmente dovuto al comportamento del preponente stesso. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 23455 del 16 dicembre 2004
In materia di contratto di agenzia, gli artt. 1750 e 1751 c.c., anche nel nuovo testo introdotto dagli art. 3 e 4 del D.L.vo 10 settembre 1991 n. 303, attuativo della Direttiva CEE n. 653 del 1986, attribuiscono espressamente a ciascuna delle parti il potere di libero recesso dal contratto a tempo indeterminato, con il solo obbligo del preavviso, disciplinando le rispettive obbligazioni conseguenti alla cessazione del rapporto; deve escludersi, pertanto, in assenza di qualunque riferimento alla giustificazione del recesso, che la nuova formulazione, pur nell’ambito dell’attuazione della predetta direttiva, abbia introdotto un regime di stabilità reale od obbligatoria del rapporto, né tale interpretazione della normativa richiamata pone dubbi di legittimità costituzionale, ove si consideri che finanche per i lavoratori subordinati — indubbiamente meritevoli di una tutela più incisiva rispetto ai lavoratori autonomi — la Corte costituzionale ha ritenuto ammissibile la previsione del recesso ad nutum (sent. n. 2 del 1986 e n. 225 del 1994), precisando altresì che le norme di tutela contro i licenziamenti illegittimi non rientrano nel novero di quelle a contenuto costituzionalmente vincolato. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 10179 del 26 maggio 2004
In materia di contratto di agenzia, gli artt. 1750 e 1751 c.c., anche nel nuovo testo introdotto dagli artt. 3 e 4, D.L.vo 10 settembre 1991, n. 303, attuativo della Direttiva CEE n. 653 del 1986, attribuiscono espressamente a ciascuna delle parti il potere di libero recesso dal contratto a tempo indeterminato, con il solo obbligo del preavviso, disciplinando le rispettive obbligazioni conseguenti alla cessazione del rapporto; deve escludersi, pertanto, in assenza di qualunque riferimento alla giustificazione del recesso, che la nuova formulazione, pur nell’ambito dell’attuazione della predetta Direttiva che ha indubbiamente accresciuto i livelli di garanzia per l’agente, abbia introdotto un regime di stabilità reale od obbligatoria del rapporto. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12629 del 28 agosto 2003
La mancata concessione del termine di preavviso, ovvero la concessione di un termine inferiore a quello dovuto, non travolge né rende invalido il recesso come manifestazione di volontà di porre fine al rapporto; in tale caso, infatti, la clausola nulla viene sostituita di diritto dalla norma imperativa che impone la concessione del preavviso (art. 1419, secondo comma, c.c.). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 11791 del 6 agosto 2002
In tema di contratto di agenzia, poiché l’esercizio, da parte del preponente, della facoltà di recedere ad nutum dal rapporto, salvo il dovere del preavviso, non costituisce inadempimento contrattuale, il danno derivante all’agente dal recesso non è risarcibile. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 9317 del 26 giugno 2002
La giusta causa di recesso dal rapporto di agenzia costituisce un’ipotesi normativa che è desumibile per analogia dalla norma sul licenziamento per giusta causa nel lavoro subordinato (come ora confermato dall’art. 1751 c.c., che, nel testo di cui all’art. 3 D.L.vo 10 settembre 1991, n. 303, parla — ai fini dell’esclusione del diritto all’indennità di cessazione del rapporto — di «inadempienza imputabile all’agente, la quale, per la sua gravità, non consenta la prosecuzione anche provvisoria del rapporto»), salva la necessità di tenere conto della specificità delle varie situazioni. Detta ipotesi normativa, non diversamente da quella relativa al lavoro subordinato, è caratterizzata da una certa genericità e richiede di essere adeguatamente interpretata in sede applicativa in correlazione allo specifico tipo di situazione oggetto di esame, senza peraltro che in genere (e, particolarmente, se non sono in questione fatti di evidente gravità o tenuità), il livello di specificazione interpretativa possa consentire univocamente e, per così dire meccanicamente, la qualificazione giuridica della vicenda oggetto di giudizio che sia stata accertata in termini puramente fattuali; ne consegue che il giudizio di fatto, ai fini della sussunzione della fattispecie concreta nell’ipotesi normativa, si deve (in genere) colorare di più o meno consistenti aspetti valutativi, funzionali alla sua qualificazione in termini legali. Tali valutazioni spettano al giudice di merito, ma, ai fini del loro controllo in sede di legittimità, devono essere sorrette da un’adeguata motivazione, cosi che ne sia desumibile la congruità logica e la correttezza giuridica, sulla base di un accertamento sufficientemente specifico degli elementi strettamente fattuali della fattispecie, e della individuabilità dei criteri di carattere generale ispiratori del giudizio di tipo valutativo. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 15661 del 12 dicembre 2001
In tema di rapporto di agenzia, l’esercizio legittimo, da parte della società preponente, del potere di recesso ad nutum non integra gli estremi del comportamento in violazione degli obblighi di correttezza, anche se il recesso stesso abbia comportato dei danni per l’agente, poiché, nel detto rapporto, la violazione delle norme di correttezza presuppone un abuso del potere di recesso ad nutum da parte del soggetto preponente, ovvero un affidamento incolpevole dell’agente. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3925 del 19 marzo 2001
Nell’ambito del rapporto di agenzia, all’autonomia delle parti è dato di derogare convenzionalmente alla disciplina legale del recesso, anche riguardo al preavviso, come può avvenire in generale per i rapporti contrattuali a durata indeterminata (escluso il rapporto di lavoro subordinato, ex art. 2118 c.c.); pertanto, può anche essere contrattualmente ridotta la durata del preavviso fino, al limite, ad escluderne la necessità. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 14436 del 6 novembre 2000
In mancanza di esplicita pattuizione in ordine alla possibilità di recedere senza preavviso dal rapporto di agenzia, per esso trova applicazione l’istituto del recesso per giusta causa, valutata questa secondo i criteri di cui all’art. 21.19 c.c., attesa l’evidente analogia del recesso del preponente senza preavviso dal rapporto di agenzia con il licenziamento in tronco intimato dal datore nel rapporto di lavoro subordinato; pertanto, anche per il rapporto d’agenzia la validità del recesso del proponente può ritenersi sussistente solo in presenza di violazione di doveri fondamentali dell’agente. (Nella specie, la sentenza di merito, confermata dalla Suprema Corte, aveva escluso la legittimità del recesso del preponente ritenendo non essenziali gli obblighi non adempiuti dall’agente, quali la partecipazione ad una riunione indetta dal preponente e la tempestiva produzione di resoconti e programmi di visita ai clienti). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 7986 del 12 giugno 2000
L’agente ha la facoltà di recedere «per giusta causa», con effetto immediato e diritto all’indennità sostitutiva del preavviso, in caso di comportamenti del preponente che non consentano la prosecuzione neanche temporanea del rapporto – secondo una disciplina corrispondente a quella dettata dall’art. 2119 c.c. per il lavoro subordinato — in applicazione di principi generali in materia di recesso nei rapporti continuativi. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 5467 del 2 maggio 2000
Al rapporto di agenzia è applicabile, in analogia con le disposizioni previste per il rapporto di lavoro subordinato, l’istituto del recesso per giusta causa; tuttavia, al fine di valutare l’inadempimento del lavoratore, occorre anche aver riguardo alla sostanziale diversità delle prestazioni nei due contratti, giacché l’obbligazione del dipendente nel contratto di lavoro subordinato è configurabile come obbligazione di «mezzi», mentre quella dell’agente è configurabile come obbligazione di risultato, onde, nei due casi, l’inadempimento del lavoratore è diversamente apprezzabile; la relativa valutazione costituisce accertamento di fatto riservato al giudice di merito e incensurabile in sede di legittimità se sostenuto da motivazione congrua. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3738 del 28 marzo 2000
Al rapporto di agenzia si applica l’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119 c.c., stante l’evidente analogia che sussiste tra la disciplina del recesso nel contratto di agenzia e quello dello scioglimento del rapporto di lavoro subordinato, fondati entrambi sull’elemento fiduciario; pertanto, il concetto di giusta causa di cui all’art. 2119 c.c. può essere utilizzato, pur nella sostanziale diversità delle rispettive prestazioni e della configurazione giuridica dei due contratti, per stabilire se lo scioglimento del contratto di agenzia sia avvenuto o non per un fatto imputabile all’agente, tale da precludere la possibilità di prosecuzione anche temporanea del rapporto. Tuttavia, ai fini della legittimità del recesso nel rapporto di agenzia, il preponente non deve fare riferimento — fin dal momento della comunicazione del recesso — a fatti specifici, essendo, al contrario, sufficiente che di essi l’agente sia a conoscenza anche aliunde o che essi siano — in caso di controversia — dedotti e correlativamente accertati dal giudice. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3084 del 16 marzo 2000
Nel rapporto di agenzia, così come nel rapporto di lavoro subordinato, attesa l’analogia tra i due rapporti, entrambi fondati sull’elemento fiduciario, la necessità di immediata, seppure sommaria, contestazione delle ragioni poste a base del recesso per giusta causa, con conseguente preclusione della successiva deduzione di fatti diversi da quelli contestati, opera solo con riferimento al recesso del preponente (o del datore di lavoro), mentre nessuna formalità di comunicazione delle relative ragioni è necessaria in caso di recesso per giusta causa dell’agente (o del lavoratore), con la conseguenza che, al fine di valutare la sussistenza della giusta causa del recesso (e perciò il diritto dell’agente all’indennità di mancato preavviso), può tenersi conto anche di comportamenti ulteriori rispetto a quelli eventualmente lamentati nell’atto di recesso. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 3898 del 20 aprile 1999
Nell’applicare, nell’ambito del rapporto di agenzia, la regola sul recesso per giusta causa dettata dall’art. 2119 c.c. in relazione al rapporto di lavoro, l’apprezzamento circa la sussistenza nel caso concreto di una giusta causa – cioè di un evento che non consenta la prosecuzione «anche provvisoria» del rapporto – deve essere compiuto dal giudice di merito tenendo conto della diversa natura dei rapporti e della diversa capacità di resistenza che le parti possono avere nell’economia complessiva dello specifico rapporto; in articolare, mentre l’inadempimento dell’obbligazione retributiva da parte del datore di lavoro può assumere di per sé, ove non dei tutto accidentale o di breve durata, una gravità sufficiente a giustificare le dimissioni per giusta causa del lavoratore, nel rapporto di agenzia la gravità dell’inadempimento dell’obbligazione corrispettiva da parte del preponente va commisurata in proporzione alle complessive dimensioni economiche del rapporto e all’incidenza del medesimo inadempimento sull’equilibrio contrattuale costituito dalle parti, cosicché, a giustificare un recesso senza preavviso dell’agente, è richiesto un inadempimento colpevole e di non scarsa importanza che leda in misura considerevole l’interesse dell’agente medesimo. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 845 del 1 febbraio 1999
Nel rapporto di agenzia, nel caso in cui, a seguito del recesso dell’impresa mandante, il periodo di preavviso sia in parte lavorato e in parte sostituito dalla relativa indennità, è fornita di motivazione conforme alla legge (art. 1750, comma secondo, c.c.), e logica in relazione al tenore delle previsioni dell’accordo economico collettivo applicabile al rapporto, la quantificazione della indennità sostitutiva del preavviso sulla base delle provvigioni maturate non già nell’anno anteriore a quello del recesso o della comunicazione del mandante volta a porre un termine al periodo di preavviso lavorato, ma nell’anno anteriore a quello della data di cessazione delle prestazioni (nella specie nell’anno 1988, il periodo lavorato del preavviso essendo perdurato fino al 2 gennaio 1989). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 10566 del 27 ottobre 1997
Il principio della necessità della contestazione immediata, sia pure sommaria, delle ragioni poste, a base del recesso per giusta causa, con la conseguente preclusione di dedurre successivamente fatti diversi da quelli contestati, opera sia per il rapporto di lavoro subordinato che per quello di agenzia – data l’analogia dei due rapporti (fondati entrambi sulla fiducia) – ma in relazione solo al recesso del datore di lavoro e del preponente, mentre il recesso per giusta causa (con conseguente diritto all’indennità per mancato preavviso) del lavoratore o dell’agente non è invece condizionato ad alcuna formalità di comunicazione delle relative ragioni, sicché, a tal fine, può tenersi conto anche di comportamenti (del datore di lavoro o del preponente) ulteriori rispetto a quelli lamentati nell’atto di recesso (del lavoratore o dell’agente). Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 1434 del 5 febbraio 1993
La regola dettata dall’art. 157 c.p.c., secondo cui la nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, è propria della materia processuale ma è estranea alla materia sostanziale, nella quale l’azione è concessa anche a chi abbia partecipato alla stipulazione del contratto nullo. In tema di contratto di agenzia, la sostanziale diversità, per natura ed effetti, fra il recesso – il quale consiste in una dichiarazione unilaterale ricettizia, volta a far cessare il rapporto a tempo indeterminato, che non richiede accettazione della controparte e produce effetto solo che quest’ultima ne abbia avuto conoscenza (salvo, ex art. 1350 c.c., l’obbligo della parte recedente di dare il prescritto preavviso o di corrispondere l’indennità sostitutiva) – e la risoluzione consensuale – che è invece un negozio bilaterale volto a porre fine al vincolo contrattuale (art. 1372 c.c.) – comporta che la prescrizione dell’uso della forma scritta (nella specie, raccomandata con ricevuta di ritorno e preavviso di trenta giorni), pattuita per l’esercizio del recesso, non è estensibile all’ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, la cui manifestazione di volontà non solo non è soggetta ad alcuna prescrizione di forma, che non risulti previamente pattuita con specifico riferimento al negozio in questione, ma può anche implicitamente desumersi dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche. Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 100 del 9 gennaio 1991