Il mandato a vendere “in rem propriam” preclude al mandante la possibilità di alienare direttamente il bene, come si desume dagli artt. 1723, comma 2, e 1724 c.c.; è, in tale ipotesi, essenziale a pena di nullità, la previsione di un termine ultimo di durata del mandato, decorso il quale l’incarico deve intendersi cessato, attesa la disposizione di portata generale prevista nell’art. 1379 c.c., applicabile anche a pattuizioni che comportino comunque limitazioni incisive del diritto di proprietà. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 30246 del 20 novembre 2019
Nel mandato conferito anche nell’interesse del mandatario – irrevocabile ai sensi dell’art., 1723, comma 2, c.c. -, l’interesse del mandatario non coincide con quello generico a conservare l’incarico o a proseguire l’attività gestoria al fine di conseguire il compenso, essendo, invece, necessario un interesse giuridico del mandatario all’esecuzione dell’incarico, vale a dire un rapporto obbligatorio tra mandante e mandatario generalmente preesistente al mandato o comunque con esso costituito in cui il debitore sia il mandante e creditore il mandatario. Cassazione civile, Sez. VI-III, ordinanza n. 22753 del 28 settembre 2017
Nel mandato conferito nell’interesse del mandatario con attribuzione di procura, l’irrevocabilità del mandato è limitata al rapporto interno tra il mandante e il mandatario, sicché la validità del contratto concluso dal mandatario con il terzo resta subordinata alla permanenza del potere di rappresentanza e all’assenza di revoca della procura. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7038 del 8 aprile 2015
Nell’arbitrato rituale le parti non hanno il potere di revocare per giusta causa, ai sensi dell’art. 1723 c.c., il mandato agli arbitri, in quanto la disciplina speciale prevede rimedi di tipo diverso, come la sostituzione dell’arbitro che ometta o ritardi di compiere un atto relativo alle sue funzioni o la ricusazione, più coerenti con la natura giurisdizionale di tale istituto. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 25735 del 15 novembre 2013
Si ha mandato “in rem propriam”, ossia mandato conferito anche nell’interesse del mandatario, quando l’interesse di quest’ultimo sia assicurato da un rapporto sinallagmatico (fra mandante e mandatario) con contenuto bilaterale, che lo sottrae all’unilaterale disposizione del mandante stesso. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 22529 del 28 ottobre 2011
In tema di mandato in rem propriam, ossia conferito anche nell’interesse del mandatario (odi terzi), il principio di cui all’art.1723, secondo comma, cod. civ. – che ne prevede la non estinzione per morte o incapacità del mandante – trova applicazione in via analogica solo in caso di fallimento del mandante, e non anche del mandatario, non potendosi per tale circostanza ritenere derogata la regola generale dell’estinzione automatica, posta dall’art. 78 legge fall., nel testo, ratione temporis vigente, anteriore al d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5 (La S.C. ha così affermato il principio dello scioglimento, per effetto della dichiarazione di fallimento sopravvenuta, del mandato conferito dall’acquirente di un immobile in edificio alla società venditrice, poi fallita, avente per oggetto la redazione di un regolamento di condominio con le relative tabelle millesimali di ripartizione delle spese condominiali). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 13243 del 16 giugno 2011
II mandato in rem propriam può essere revocato, qualora la revocabilità sia stata espressamente prevista, ovvero ricorra una giusta causa di revoca, ma il mandante, nel primo caso, è obbligato al rimborso delle spese, al pagamento, del compenso, nonché al risarcimento del danno che, al pari dell’ipotesi di cui all’art. 1723, primo comma, c.c., deve essere commisurato alla lesione dell’interesse del mandatario alla conservazione del rapporto, facendo applicazione dei criteri stabiliti dagli artt. 1223 e 2697, c.c., e può essere liquidato anche in via equitativa, se risulti impossibile o particolarmente difficile provarne l’ammontare, e, a questo fine, il giudice può desumere argomenti di prova anche dall’ingiustificata inottemperanza all’ordine di esibizione emesso ai sensi dell’art. 210, c.p.c.; tuttavia la mancata valorizzazione dell’inosservanza dell’ordine di esibizione non è censurabile in sede di legittimità, neppure per difetto di motivazione, in quanto siffatta inosservanza integra un comportamento dal quale il giudice del merito, nell’esercizio di un potere discrezionale, può appunto desumere argomenti di prova (art. 116, comma secondo, c.p.c.). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15554 del 11 agosto 2004
Nel mandato conferito anche nell’interesse del mandatario — irrevocabile ai sensi dell’art. 1723, secondo comma, c.c. — l’interesse del mandatario non coincide con quello generico a conservare l’incarico o a proseguire l’attività gestoria al fine di conseguire il compenso, essendo, invece, necessario un interesse giuridico del mandatario all’esecuzione dell’incarico, vale a dire un rapporto obbligatorio tra mandante e mandatario generalmente preesistente al mandato o comunque con esso costituito in cui il debitore sia il mandante e creditore il mandatario. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 15436 del 4 dicembre 2000
Il diritto al compenso non è sufficiente a rendere irrevocabile il mandato che l’art. 1079 c.c. presume di per sé oneroso, ma occorre che l’esecuzione del mandato per effetto di una obbligazione assunta dal mandante assicuri al mandatario un vantaggio diverso. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 4912 del 15 maggio 1998
Nel mandato conferito nell’interesse del mandatario, con attribuzione di procura, l’irrevocabilità del mandato prevista dall’art. 1723, secondo comma, c.c., si esaurisce nel rapporto interno fra il mandante ed il mandatario e, pertanto, l’efficacia e la «validità» del contratto concluso, con il terzo, dal mandatario, restano sempre subordinate alla permanenza del potere di rappresentanza, e quindi, alla non revoca della procura. Più in particolare, essendo la procura un negozio unilaterale, recettizio ed astratto, essenzialmente revocabile in quanto assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante (mentre l’irrevocabilità, prevista dall’art. 1723, comma secondo, c.c., attiene al negozio gestorio medesimo e si esaurisce nel rapporto interno fra il mandante e il mandatario), la revoca della procura determina l’estinzione del potere di rappresentanza medesimo. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1388 del 11 febbraio 1998
Nel mandato conferito nell’interesse del mandatario, in presenza di procura, l’irrevocabilità prevista dall’art. 1723, secondo comma, c.c. si esaurisce nel rapporto interno fra il mandante e il mandatario e non è opponibile al terzo debitore, il quale, nell’ipotesi di mandato all’incasso, avuta comunicazione della revoca della procura (sempre possibile in base alla relativa disciplina, in quanto la procura è atto unilaterale recettizio ed astratto, assolutamente autonomo rispetto al negozio gestorio sottostante), non è tenuto a corrispondere il pagamento al mandatario, non più legittimato ad agire in nome del mandante. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione di merito che ha ritenuto legittimo il rifiuto da parte di una U.S.L., terza debitrice, del pagamento richiesto da un’impresa originariamente mandataria per l’incasso dei crediti vantati dai farmacisti verso il predetto ente pubblico, essendo stata detta impresa privata del potere rappresentativo, mercè la revoca implicita della procura, avendo i farmacisti dato alla U.S.L. disposizione irrevocabile di pagamento diretto in loro favore). Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 10819 del 4 dicembre 1996
Il mandato irrevocabile nell’interesse del terzo, di cui all’art. 1723, secondo comma, c.c., — il quale concreta un contratto bilaterale e sinallagmatico, in cui il terzo, che ne è estraneo, non ha azione diretta contro le parti contraenti per la mancata realizzazione del suo interesse — si distingue dal mandato irrevocabile in favore del terzo, nel quale è inserita una clausola, o patto d’obbligo, in base alla quale il terzo è titolare del diritto soggettivo all’adempimento di tale obbligo, nei confronti del soggetto o dei soggetti obbligati. (Nella specie, la S.C., in applicazione dell’enunciato principio di diritto, ha cassato la sentenza del giudice di merito il quale, pur avendo, con poteri incensurabili in sede di legittimità, qualificato il rapporto giuridico intervenuto tra le parti come mandato irrevocabile ex art. 1723 c.c., aveva accolto l’azione del terzo contro il mandatario, applicando, così, a tale fattispecie tipica, la disciplina di cui all’art. 1411 c.c., appartenente, invece, al rapporto giuridico misto o complesso denominato mandato irrevocabile a favore del terzo). Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 8343 del 29 luglio 1995
La revoca senza giusta causa di un mandato irrevocabile comporta,. ai sensi dell’art. 1723 c.c., l’obbligazione del mandante del risarcimento dei danni, alla cui liquidazione deve procedersi in base ai criteri generali stabiliti dagli artt. 1223 e 2697, esclusa ogni equiparazione, quanto alla determinazione dei danni, alla sua risoluzione di un contratto di lavoro subordinato, non risolvibile se non per giusta causa o per giustificato motivo. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1534 del 11 febbraio 1995
Nel caso di conferimento del mandato anche nell’interesse del mandatario, il mandante conserva la disponibilità del rapporto sostanziale affidato solo in gestione al mandatario, il quale non acquista la titolarità della situazione sostanziale e svolge, quindi, pur sempre la propria attività per conto altrui. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3602 del 25 marzo 1993
La revoca del mandato non priva il mandatario senza rappresentanza della legittimazione attiva e passiva rispetto alle azioni per la realizzazione del credito nascente dal contratto compiuto in esecuzione del mandato, perché non la revoca del mandato, che si colloca nell’ambito del rapporto tra mandante e mandatario, ma il concreto esercizio da parte del mandante del potere di far valere nei confronti dei terzi, sostituendosi al mandatario, i diritti di credito derivanti dall’esecuzione del mandato, può essere opposta dal terzo al mandatario che agisce per la realizzazione di quel credito. Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2278 del 24 febbraio 1993
Il mandato conferito anche nell’interesse del mandatario o di un terzo (cosiddetto mandato in rem propriam) si distingue dall’ordinario mandato in quanto è diretto al soddisfacimento di un interesse del mandatario, diverso da quello strettamente limitato all’esecuzione del mandato o, in ipotesi di mandato oneroso, al conseguimento del corrispettivo, e costituisce il negozio-mezzo per l’attuazione di uno scopo ulteriore rispetto a quello tipico del mandato, connesso alla realizzazione di un altro rapporto o di un altro negozio intercorso tra le parti e sottostante al mandato. Il detto mandato non può essere revocato da parte del mandante, salvo che sia diversamente stabilito dalle parti, o che ricorra una giusta causa di revoca, la quale può ritenersi verificata quando sia dimostrata, nella fattispecie concreta, l’avvenuta realizzazione o l’impossibilità di realizzazione dell’interesse del mandatario, in relazione al sottostante rapporto giuridico. Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 857 del 1 febbraio 1983