Art. 1661 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Variazioni ordinate dal committente

Articolo 1661 - codice civile

Il committente può apportare variazioni al progetto (1660), purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto. L’appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente (1659).
La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per l’esecuzione dell’opera medesima.

Articolo 1661 - Codice Civile

Il committente può apportare variazioni al progetto (1660), purché il loro ammontare non superi il sesto del prezzo complessivo convenuto. L’appaltatore ha diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, anche se il prezzo dell’opera era stato determinato globalmente (1659).
La disposizione del comma precedente non si applica quando le variazioni, pur essendo contenute nei limiti suddetti, importano notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi nelle singole categorie di lavori previste nel contratto per l’esecuzione dell’opera medesima.

Massime

In tema di appalto, al fine di individuare la fattispecie prevista dall’art. 1661, secondo comma, c.c., relativa alle variazioni del progetto, che importano “notevoli modificazioni della natura dell’opera”, con conseguente inapplicabilità dello “jus variandi” del committente di cui al primo comma del citato art. 1661, occorre aver riguardo allo sconvolgimento del piano originario delle opere, che determina una sostituzione consensuale del regolamento contrattuale già in essere e trova concretezza in base a specifici parametri, correlati all’entità materiale e tecnica degli interventi di modifica o alla loro consistenza economica. (Nella specie, in base all’enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva escluso che le varianti eseguite, nell’ambito dei lavori di costruzione di sei appartamenti e altrettanti posti auto, integrassero notevoli modificazioni della natura delle opere sia in assoluto, sia in rapporto all’economia dell’appalto). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 10201 del 20 giugno 2012

Quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori; perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine. In mancanza, incombe al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 20484 del 6 ottobre 2011

In tema di appalto, il regime probatorio delle variazioni dell’opera muta a seconda che queste ultime siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore o a quella del committente; nel primo caso, l’art. 1659 c.c. richiede che le modifiche siano autorizzate dal committente e che l’autorizzazione risulti da atto scritto “ad substantiam”, nel secondo, invece, l’art. 1661 c.c. consente, secondo i principi generali, all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni sono state richieste dal committente. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 19099 del 19 settembre 2011

In tema di varianti al progetto nell’esecuzione di un appalto d’opere, l’art. 1661 c.c. prevede che il committente possa richiedere all’appaltatore l’esecuzione di tali varianti nei limiti del sesto del prezzo originario e l’appaltatore sia obbligato ad eseguirle con diritto al compenso per i maggiori lavori eseguiti, salvo che esse comportino “notevoli modificazioni della natura dell’opera”. Ne consegue che, nell’ipotesi delle “notevoli” varianti dell’opera, non trova applicazione l’art. 1661 citato, ma viene in discussione la sussistenza stessa del diritto del committente di richiedere dette varianti, là dove, però, una volta che le opere richieste siano eseguite dall’appaltatore, quest’ultimo ha diritto a richiedere il riconoscimento di corrispettivi ulteriori rispetto al prezzo di appalto originariamente concordato.
Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9796 del 4 maggio 2011

Quando, nel corso dell’esecuzione del contratto d’appalto, il committente abbia richiesto all’appaltatore notevoli ed importanti variazioni del progetto, il termine di consegna e la penale per il ritardo, pattuiti nel contratto, vengono meno per effetto del mutamento dell’originario piano dei lavori; perché la penale conservi efficacia, occorre che le parti di comune accordo fissino un nuovo termine. In mancanza, incombe al committente, che persegua il risarcimento del danno da ritardata consegna dell’opera, l’onere di fornire la prova della colpa dell’appaltatore. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 7242 del 28 maggio 2001

L’obbligo del committente di pagare all’appaltatore il cosiddetto prezzo dell’appalto, ossia corrispettivo della sua prestazione, traendo la sua origine dal contratto d’appalto, si configura come debito di valuta, senza che tale natura muti nel caso di revisione del prezzo originariamente pattuito, sia per fatti non imputabili al committente, sia per le variazioni del progetto che egli ha la facoltà di disporre in corso d’opera, giacché il compenso supplementare per le maggiori spese derivanti dalla modifica del progetto in corso d’opera è dovuto all’appaltatore a titolo di corrispettivo contrattuale e non a titolo di indennità da atto lecito o di risarcimento del danno. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3393 del 8 aprile 1999

L’appaltatore può provare con ogni mezzo di prova, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni dell’opera appaltata siano state richieste dal committente; in quanto la prova scritta dell’autorizzazione di quest’ultimo è necessaria soltanto quando le variazioni siano dovute all’iniziativa dell’appaltatore. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3040 del 15 marzo 1995

Nel contratto di appalto, le variazioni al progetto che il committente, ai sensi dell’art. 1661 c.c. ha il potere di apportare assumendone i costi, quando queste non importino notevoli modificazioni della natura dell’opera o dei quantitativi delle singole categorie dei lavori e l’ammontare dei relativi costi non superi il sesto del prezzo convenuto, non determinano, di per sé, la sostituzione del precedente contratto con uno diverso, ma solo la parziale modifica dell’oggetto della prestazione dovuta dall’appaltatore e l’obbligazione del committente di pagamento degli eventuali costi aggiuntivi, né implicano rinuncia del committente al termine di consegna dei lavori stabilito nel contratto, con conseguente applicabilità della disciplina dell’art. 1183 c.c., ma, a meno che non sia dimostrato, in concreto, un diverso e specifico accordo tra le parti e che non si tratti di variazioni di notevole entità che, comportando un importante mutamento del piano dei lavori, rendano inesigibile l’adempimento nell’originario termine, possono assumere rilievo solo come eventuale causa di ritardo non imputabile all’appaltatore e di giustificazione della inosservanza di quel termine pattuito. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 2290 del 27 febbraio 1995

In materia di appalto, allorquando il committente, anziché portare a compimento l’opera, sia pure difformemente dalla originaria previsione, abbia dato disdetta del contratto, lasciando l’opera stessa incompleta e sottraendo, così, all’appaltatore l’esecuzione della parte non ancora eseguita, non si configura l’ipotesi disciplinata dall’art. 1661 c.c. — che accorda al committente la facoltà di apportare variazioni, anche in meno, al progetto nei limiti di un sesto del prezzo complessivo convenuto — vertendosi, invece, nella diversa ipotesi del recesso unilaterale che, secondo la disposizione dell’art. 1671 c.c., può essere esercitato ad nutum dal committente in un qualunque momento successivo alla conclusione del contratto e, quindi, anche nel corso dell’esecuzione dell’opera, con il correlativo obbligo a suo carico di lasciare indenne l’appaltatore dalle spese sostenute, dai lavori eseguiti e dal mancato guadagno. (Nella specie, il committente, dopo aver affidato ad un editore la stampa di una rivista in diecimila copie settimanali per la durata di un anno, aveva disdetto il contratto nel corso di tale periodo: i giudici di appello, ritenendo ricorrere l’ipotesi dell’art. 1661 c.c., avevano respinto la domanda di risarcimento del danno proposta dall’editore, decisione che la Corte di cassazione ha annullato, enunciando il principio di cui alla massima). Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 1411 del 10 febbraio 1987

Il diritto dell’appaltatore al compenso supplementare ex art. 1661, primo comma, c.c., per variazioni al progetto ordinate dal committente, postula la dimostrazione della consistenza e del costo delle opere inizialmente pattuite, in quanto solo se a seguito delle variazioni risultino opere di costo maggiore trova fondamento la pretesa inerente a tale supplemento, sicché, ai fini della liquidazione di questo, non è sufficiente l’accertamento di una eccedenza del costo delle opere realmente compiute rispetto al prezzo pattuito globalmente, ma occorre, invece, che l’eccedenza sussista tra il costo delle opere inizialmente pattuite ed il costo di quelle realmente eseguite. L’onere di provare l’entità ed il costo sia delle opere eseguite a seguito delle variazioni, che delle opere progettate, incombe sull’appaltatore, con la conseguenza che, in mancanza di detta prova, il supplemento suindicato non può essere attribuito.  Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 4911 del 16 luglio 1983

Nel contratto d’appalto qualora il committente richieda variazioni al progetto il cui ammontare ecceda il sesto del prezzo complessivo pattuito, l’appaltatore non è tenuto ad eseguirle, ma ove abbia accettato di compierle si realizza un’ipotesi di concordata modifica dei patti origirari, e l’appaltatore ha diritto soltanto al maggior compenso per gli ulteriori lavori eseguiti, e non al risarcimento di danni, non configurandosi alcun inadempimento del committente. Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 3967 del 24 giugno 1980

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