Nel caso di vendita di cosa altrui, l’obbligo posto a carico del venditore di procurare al compratore l’acquisto della proprietà della cosa può essere adempiuto sia mediante l’acquisto della proprietà della cosa da parte sua, con l’automatico trapasso al compratore, sia mediante vendita diretta della cosa stessa dal terzo al compratore, purché tale trasferimento abbia luogo in conseguenza di una attività svolta dallo stesso venditore nell’ambito dei suoi rapporti con il proprietario e che quest’ultimo manifesti, in modo chiaro e inequivoco, la volontà di vendere il bene al compratore; e l’eventuale diritto alla risoluzione del contratto e all’eventuale risarcimento del danno spetta sia al compratore che ignori l’altruità della cosa secondo la previsione dell’art. 1479 c.c., sia al compratore che ne sia consapevole (art. 1478 c.c.). Peraltro, mentre in quest’ultima ipotesi il compratore deve attendere la scadenza del termine convenzionalmente stabilito o fissato dal giudice per l’adempimento del venditore, nell’ipotesi considerata dall’art. 1479 c.c. l’acquirente può agire illico et immediate per la risoluzione, salvo che, prima della domanda di risoluzione, la situazione sia stata sanata con l’acquisto del diritto da parte del venditore o con la vendita direttamente effettuata dal terzo a favore del compratore. (Omissis). Cass. civ. sez. II 26 giugno 2006, n. 14751
In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell’altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l’acquisto del promissario direttamente dall’effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all’atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all’obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest’ultimo a trasferirgliela. Cass. civ. Sezioni Unite 18 maggio 2006, n. 11624
Nel caso in cui il bene promesso in vendita appartenga a terzi, l’acquisto della relativa proprietà da parte del promittente venditore costituisce condizione dell’azione di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., ed è sufficiente che risulti avvenuto in capo al medesimo al momento della decisione. Cass. civ. sez. II 22 giugno 2004, n. 11572
In tema di vendita o di promessa di vendita di cosa altrui, da cui derivano effetti obbligatori, qualora sia stata pronunciata sentenza di risoluzione del contratto per inadempimento del venditore – passata in cosa giudicata – nonostante l’acquisto della proprietà compiuto dal medesimo nelle more di quel giudizio, il compratore non può invocare – rispettivamente l’acquisto della proprietà ai sensi del secondo comma dell’art. 1478 c.c., o, il diritto al trasferimento da eseguire con la sentenza costitutiva prevista dall’art. 2932 c.c., atteso che, in considerazione dell’efficacia retroattiva della risoluzione, è venuta meno la fonte dell’obbligazione posta a carico del venditore. (Omissis). Cass. civ. sez. II 27 febbraio 2004, n. 4024
Nella vendita o nella promessa di vendita di cosa altrui, la quale non integra una promessa del fatto del terzo, in quanto con essa il venditore (o il promittente venditore) assume in proprio l’obbligazione del trasferimento del bene, il diritto alla risoluzione del contratto ed all’eventuale risarcimento del danno spetta non soltanto al compratore (o al promittente compratore) che ignori l’altruità del bene, secondo la previsione dell’art. 1479 c.c., ma anche al compratore (o al promittente compratore) che sia consapevole di tale altruità, in applicazione dei principi generali fissati dagli artt. 1218, 1223 e 1453 c.c., qualora sia scaduto il termine fissato dal contratto o dal giudice, entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto, salvo che il venditore (o il promittente venditore) non provi che il suo inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile. Cass. civ. sez. II 11 ottobre 2001, n. 12410
Il diritto di chiedere la risoluzione del contratto non è precluso all’acquirente consapevole dell’alienità (o parziale alienità) della cosa al momento della conclusione del contratto, essendo tale diritto riconducibile alla mancata attuazione dell’effetto traslativo, cioè all’inadempimento di una delle obbligazioni principali ed essenziali del venditore, ovvero quella di far acquistare al compratore la proprietà della cosa o il diritto, così come prescrive l’art. 1476, n. 2 c.c. Tuttavia, il diritto dell’acquirente consapevole dell’altruità della cosa venduta alla risoluzione ed al risarcimento del danno è subordinato all’avvenuto decorso di un termine (fissato dal contratto o dal giudice) entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto. Cass. civ. sez. II 29 settembre 2000, n. 12953
Nel caso di vendita di cosa altrui avente effetti meramente obbligatori, l’obbligazione del venditore di far acquistare al compratore la proprietà della cosa può essere adempiuta non solo mediante l’acquisto della cosa da parte del soggetto obbligato con l’effetto legale (art. 1478, secondo comma, c.c.) di far divenire proprietario l’acquirente, ma anche con il procurare la stipulazione della vendita direttamente con il terzo proprietario al compratore, inserendo all’uopo nel contratto apposita clausola che preveda come obbligatoria la cooperazione del compratore (il quale in mancanza non sarebbe tenuto a prestarla), senza che tale clausola possa ritenersi contraria a norme imperative in materia fiscale (con riguardo all’imposta di registro dovuta per ogni trasferimento del bene) operando sul diverso piano dell’adempimento dell’obbligo del venditore di cosa altrui ed inserendosi in funzione strumentale in uno dei modi di adempimento del suddetto obbligo. Cass. civ. sez. II 5 luglio 1990, n. 7054
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