Art. 1442 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Prescrizione

Articolo 1442 - codice civile

L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni (428, 761, 775, 1449).
Quando l’annullabilità dipende da vizio del consenso (1427 ss.) o da incapacità legale (1425), il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo, è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione (429, 431), ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età (2, 428, 761, 775, 2935).
Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto (1326, 2935).
L’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere (1449, 1495, 1667).

Articolo 1442 - Codice Civile

L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni (428, 761, 775, 1449).
Quando l’annullabilità dipende da vizio del consenso (1427 ss.) o da incapacità legale (1425), il termine decorre dal giorno in cui è cessata la violenza, è stato scoperto l’errore o il dolo, è cessato lo stato d’interdizione o d’inabilitazione (429, 431), ovvero il minore ha raggiunto la maggiore età (2, 428, 761, 775, 2935).
Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto (1326, 2935).
L’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere (1449, 1495, 1667).

Massime

In caso di proposizione di azione giudiziale di annullamento del licenziamento, il termine di prescrizione di cui all’art. 1442 c.c. è validamente interrotto dal solo deposito del ricorso introduttivo del giudizio nella cancelleria del giudice adito, senza che, a tali fini, sia necessaria anche la notificazione dell’atto al datore di lavoro, dovendosi evitare che sul soggetto che agisce in giudizio ricadano i tempi di emanazione del decreto di fissazione dell’udienza di discussione, con una compressione del termine assegnato dal legislatore per l’esercizio del diritto. Cass. civ., sez. , L 20 aprile 2017, n. 10016

L’azione di reintegra nel posto di lavoro per il personale addetto a pubblici servizi di trasporto in concessione è soggetta, malgrado l’inapplicabilità dell’onere di impugnativa di cui all’art. 6 della l. n. 604 del 1966, al termine di prescrizione quinquennale ex art. 1442, comma 1, c.c., in quanto la mancanza di giusta causa o di giustificato motivo deve essere fatta valere con l’ordinaria azione di annullamento e non con quella di nullità. Cass. civ., sez. , lav. 17 febbraio 2017, n. 4267 

In tema di licenziamento privo di giusta causa o di giustificato motivo, una volta osservato, con l’impugnazione stragiudiziale, il termine di cui all’art. 6 della l. n. 604 del 1966, la successiva azione giudiziale di annullamento del licenziamento illegittimo può essere proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 1442 c.c., decorrente dalla comunicazione del recesso, senza che tale termine possa restare interrotto dal compimento di una diversa attività, quale l’istanza per il tentativo di conciliazione stragiudiziale. Cass. civ., sez. , lav. 2 dicembre 2016, n. 24675

Nel caso di licenziamenti successivi, l’azione giudiziale di annullamento del secondo va proposta nel termine quinquennale di prescrizione di cui all’art. 1442 c.c., che decorre dalla comunicazione del recesso, senza che, ai fini dell’individuazione del termine “a quo”, ex art. 2935 c.c., possa attribuirsi rilevanza al passaggio in giudicato della sentenza che annulli il primo licenziamento, data l’autonomia e la mancanza di pregiudizialità tra i due provvedimenti. Cass. civ., sez. , VI 13 ottobre 2015, n. 2058

Il termine di prescrizione dell’azione di annullamento del contratto per errore, esercitata degli eredi del contraente, decorre dalla scoperta da parte degli stessi del vizio inficiante la volontà del proprio dante causa se l’errore si manifesti successivamente alla morte del “de cuius”, rimastone ignaro. Cass. civ., sez. , II 16 settembre 2016, n. 18248

L’atto posto in essere da un soggetto dopo che allo stesso, nel corso di un procedimento di interdizione, sia già stato nominato un tutore provvisorio, è annullabile, perché compiuto da un soggetto legalmente incapace, tutte le volte in cui il procedimento nel corso del quale è intervenuta la nomina del tutore provvisorio si concluda con la dichiarazione di interdizione, risultando irrilevanti le vicende che vengano a verificarsi nel corso del procedimento (come, nella specie, la revoca della nomina del tutore provvisorio successivamente al compimento dell’atto e la contestuale nomina di un curatore provvisorio). Ne consegue che il termine di prescrizione dell’annullamento decorre, ai sensi dell’art. 1442, secondo comma, c.c., dalla data di cessazione dell’incapacità legale e non da quella di compimento dell’atto annullabile. Cass. civ., sez. , II 24 giugno 2009, n. 14781

La norma di cui all’art. 1442, secondo comma, c.c., secondo la quale, qualora l’annullabilità di un contratto dipende da incapacità legale di uno dei contraenti, l’azione di annullamento si prescrive nel termine di cinque anni decorrente dal giorno in cui è cessato lo stato d’interdizione (o d’inabilitazione) riguarda non soltanto il caso in cui il contratto sia stato stipulato direttamente dall’incapace, ma anche quello in cui il contratto sia stato concluso dal rappresentante legale senza le autorizzazioni degli organi tutelari prescritte dalla legge per il compimento, in nome del minore, di alcune categorie di atti giuridici, ricorrendo anche in questo caso, caratterizzato, come il primo, da un vizio dell’atto determinato dalla sua stipulazione senza le garanzie previste dalla legge nell’interesse dell’incapace, l’esigenza di tutela di questo soggetto dagli effetti negativi dell’inerzia del tutore. Cass. civ. sez. II 6 marzo 1993, n. 2725

L’art. 1442 c.c., per il quale il termine di prescrizione dell’azione di annullamento del contratto decorre dal giorno della scoperta dell’errore, deve essere riferito, dato il richiamo operato dall’art. 1433 c.c. (per l’errore ostativo) alla disciplina dell’errore vizio, non solo all’errore inteso come vizio del consenso, ma anche all’errore nella dichiarazione e nella sua trasmissione, dovendo conseguentemente escludersi che per quest’ultimo il termine suindicato decorra dal giorno della conclusione del contratto. Cass. civ. sez. II 6 giugno 1983, n. 3835

L’azione della società, per l’annullamento del contratto posto in essere dall’amministratore in conflitto di interessi o con se stesso (artt. 1394, 1395, 2391 c.c.), è soggetta a prescrizione quinquennale con decorso dalla data dell’atto, ai sensi dell’art. 1442, terzo comma, c.c., (non essendo estensibile la diversa regola dettata dal secondo comma di tale disposizione per i soli casi dei vizi del consenso e dell’incapacità legale). Detta decorrenza non può subire differimenti per l’ipotesi in cui l’amministratore in conflitto sia anche il dominus della società, e quindi sia in grado di interferire sulle decisioni assembleari (inclusa quella d’impugnazione del contratto), trattandosi di eventuale impedimento di mero fatto all’esperimento dell’azione, non di causa giuridica ostativa all’esercizio del relativo diritto (art. 2935 c.c.). Cass. civ. sez. I 22 giugno 1990, n. 6278

Quando ricorre l’esistenza di un vizio comportante l’annullamento del contratto, il convenuto per l’adempimento ha la facoltà di chiedere l’annullamento, ove non sia ancora decorso il termine prescrizionale, ovvero, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, di sollevare apposita eccezione di annullamento ai sensi dell’art. 1442, ultimo comma, c.c., non soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento, limitandosi così a denunziare il vizio all’unico scopo di paralizzare la pretesa di controparte. Cass. civ., sez. , III 10 giugno 2015, n. 12083

L’esistenza di un vizio che comporti l’annullabilità del contratto, così come può essere eccepita dal convenuto per paralizzare la pretesa attorea senza limiti di tempo, allo stesso modo può essere invocata, senza limiti di tempo, dall’attore allorché, chiesto l’adempimento del contratto, si sia visto eccepire l’esistenza d’un patto aggiunto impeditivo della domanda di condanna, ma annullabile per vizio del consenso. Cass. civ., sez. , III 26 giugno 2012, n. 10638

Il principio “quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum”, operante in materia contrattuale in forza dell’art. 1442, ultimo comma, c.c., presuppone che la parte che propone l’eccezione sia convenuta per l’esecuzione della prestazione posta a suo carico, rimasta inadempiuta, e solleva tale parte dell’onere di agire in giudizio per evitare la prescrizione dell’azione di annullamento: deve, pertanto, escludersi che il principio possa trovare applicazione in materia di deliberazioni assembleari, il cui annullamento può essere conseguito attraverso un’impugnazione soggetta ad un termine di decadenza e non di prescrizione. (Omissis). Cass. civ., sez. , I 5 dicembre 2011, n. 25945

La parte che abbia proposto azione di annullamento del contratto e sia destinataria, in via riconvenzionale, della domanda della controparte di esecuzione dello stesso, non può validamente opporre, in grado di appello, l’eccezione di annullabilità del contratto al fine di paralizzare la domanda di adempimento, qualora, rimasta soccombente in primo grado, non abbia provveduto ad impugnare anche il capo della decisione che ha respinto la sua domanda, trovando l’opponibilità dell’eccezione ostacolo nel giudicato formatosi sulla pronuncia di rigetto della domanda di annullamento. Cass. civ. sez. II 26 luglio 2005, n. 15573

La categoria dell’accertamento costitutivo in via incidentale si può considerare categoria generale, in quanto le norme degli artt. 1442 quarto comma, e 1449, secondo comma, c.c., che espressamente la prevedono, sono suscettibili di applicazione analogica, non potendo qualificarsi come norme eccezionali. Ne consegue che, in tema di azione costitutiva non necessaria (quale deve ritenersi quella avanzata ai sensi dell’art. 1453 c.c., in relazione alla quale l’effetto giuridico della risoluzione del rapporto negoziale non necessariamente deve verificarsi per via giudiziale, potendo trovare realizzazione anche attraverso un accordo di scioglimento del contratto ), l’effetto giuridico della risolubilità del contratto per inadempimento può essere invocato anche in via di eccezione dalla parte non inadempiente che sia stata convenuta in giudizio dall’altra per la tutela di un qualche effetto giuridico che debba ricollegarsi alla vigenza attuale o pregressa del contratto, realizzandosi in tal modo un fenomeno per cui l’accertamento incidentale della risolubilità per via di eccezione è funzionale alla elisione dell’effetto giuridico del negozio. (Omissis ). Cass. civ. sez. III, 30 marzo 2005, n. 6733

La disposizione dell’art. 1442, quarto comma, c.c., secondo cui la parte convenuta per l’esecuzione del contratto può opporne l’annullabilità anche se è prescritta l’azione per farla valere (quae temporalia ad agendum perpetua sunt ad excipiendum), essendo una norma di chiusura si riferisce non solo alle due ipotesi considerate nel precedente secondo comma (annullabilità dipendente da incapacità legale o da vizio del consenso), ma anche e tutti gli «altri casi» richiamati dal terzo comma e, pertanto, deve ritenersi applicabile anche nel caso di annullamento del contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi col rappresentato. Cass. civ. sez. II 5 maggio 2003, n. 6755

Ove ricorra un vizio che comporti l’annullamento del contratto, pur in assenza di apposita domanda giudiziale, l’art. 1442, ultimo comma, c.c. consente a chi sia convenuto per la esecuzione dello stesso di far valere il vizio in via di eccezione: tale eccezione, non tendente alla eliminazione dell’atto asseritamente viziato, ma all’unico fine, di paralizzare la pretesa della controparte all’adempimento, non è soggetta ai limiti di prescrizione previsti per la domanda di annullamento e può perciò essere sollevata in ogni tempo. Cass. civ. sez. lav. 29 luglio 2002, n. 11182

Ai fini del quarto comma dell’art. 1442 c.c. (a norma del quale l’annullabilità del contratto può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto stesso, anche se prescritta l’azione per farla valere), un contratto deve considerarsi «non eseguito» non solo quando non sia stato realizzato il suo effetto principale, ma anche tutte le volte che lo stesso non abbia avuto completa attuazione, ossia che non sia adempiuta una qualsiasi delle obbligazioni assunte. Correlativamente, ai fini della disposizione in oggetto, una parte si deve intendere «convenuta per l’esecuzione del contratto» tutte le volte che venga convenuta per l’adempimento di una qualsiasi delle obbligazioni da essa assunta con quel contratto, pur se accessoria rispetto a quella principale (la S.C. ha così considerato «non eseguito» un contratto di compravendita immobiliare relativamente al quale il venditore non aveva adempiuto alla propria obbligazione di consegnare il bene all’acquirente). Cass. civ. sez. I 3 luglio 1998, n. 6526

L’eccezione di annullamento del contratto è proponibile anche dopo il termine di prescrizione dell’azione di annullamento solo dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto (art. 1442 comma quarto c.c.) e non può essere utilmente opposta, quindi, dopo che il contratto ha avuto esecuzione, al fine di resistere alla domanda di accertamento della sua esistenza e della sua efficacia, neppure se, trattandosi del contratto di compravendita di un immobile stipulato con scrittura privata non autenticata, tale domanda sia strumentale a quella di trascrizione o di condanna alla stipulazione del contratto riproduttivo in forma pubblica dato che la trascrizione serve solo per rendere il contratto, già perfezionatosi con il semplice consenso delle parti, opponibile ai terzi e che il negozio pubblico riproduttivo serve solo per predisporre uno strumento giuridico necessario per la trascrizione del contratto riprodotto e che, conseguentemente, l’una e l’altro, rimanendo estranei sia agli effetti traslativi della proprietà già prodottisi sia alle altre obbligazioni nascenti dal contratto a carico delle parti (artt. 1476, 1477, 1498 c.c.), non attengono alla esecuzione di questo. Cass. civ. sez. II 19 febbraio 1996, n. 1279

L’annullamento (rectius: l’annullabilità – N.d.R.), a norma dell’ultimo comma dell’art. 1442 c.c. (il quale recepisce il principio secondo cui quae temporalia ad agendum perpetua sunt ad excipiendum), può essere opposta in via d’eccezione, senza limiti di tempo, nello stesso processo da chi sia convenuto per l’esecuzione del contratto. Ne consegue che, trattandosi di eccezione, essa è proponibile per la prima volta anche in appello a norma dell’art. 345, comma 2, c.c. Cass. civ. sez. II 28 gennaio 1995, n. 1027

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