La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si estende all’intero contratto, o a tutta la clausola, ove l’interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, nè persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. Cass. civ., sez. , I 5 febbraio 2016, n. 2314
La nullità della singola clausola contrattuale comporta la nullità dell’intero contratto ovvero all’opposto, per il principio “utile per inutile non vitiatur”, la conservazione dello stesso in dipendenza della scindibilità del contenuto negoziale, il cui accertamento richiede, essenzialmente, la valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all’eventualità del mancato inserimento di tale clausola, e, dunque, in funzione dell’interesse in concreto dalle stesse perseguito. Cass. civ., sez. , II 10 novembre 2014, n. 23950
secondo la previsione dell’art. 1419 c.c. – applicabile ex art. 1324 c.c. anche agli atti unilaterali – ha carattere eccezionale, perchè deroga al principio generale della conservazione del contratto, e può essere dichiarata dal giudice solo se risulti che il negozio non sarebbe stato concluso senza quella parte del suo contenuto colpita dalla nullità, e cioè solo se il contenuto dispositivo del negozi. (Omissis). Cass. civ. sez. I 20 maggio 2005, n. 10690
Quando la nullità investe singole clausole di un contratto collettivo (al quale è applicabile la disciplina della nullità parziale di cui all’art. 1419 codice civile), per il principio della conservazione del contratto, che costituisce la regola nel sistema del codice civile, l’estensione all’intero contratto degli effetti della nullità deve essere provata rigorosamente dalla parte interessata la quale, all’uopo, è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da nullità non ha esistenza autonoma, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. Cass. civ. sez. lav. 16 novembre 1996, n. 10050
Agli effetti della disposizione dettata dall’art. 1419 c.c. sulla nullità parziale, applicabile anche al contratto collettivo di lavoro, l’accertamento se la parte del contratto inficiata da nullità costituisca una clausola va condotto in termini sostanziali, e non formali, identificandosi la clausola in un unitario elemento precettivo del contratto, che può articolarsi anche in più disposizioni, ed è riservato al sindacato del giudice del merito, non censurabile in sede di legittimità se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. Peraltro, quando la nullità investe singole clausole per il principio di conservazione del contratto (utile per inutile non vitiatur), che costituisce la regola nel sistema del codice civile, l’estensione all’intero contratto degli effetti della nullità deve essere provata rigorosamente dalla parte interessata, che all’uopo, è tenuta a dimostrare che la clausola colpita da invalidità non ha un’esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto nel senso che le parti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità. Cass. civ. sez. lav. 26 giugno 1987, n. 5675
In caso di nullità parziale di un negozio, l’indagine diretta a stabilire, ai fini della conservazione del negozio stesso, se la pattuizione nulla debba ritenersi essenziale va condotta con criterio oggettivo, con riferimento alla perdurante utilità del contratto rispetto agli interessi con esso perseguiti; pertanto, il principio di conservazione deve escludersi solo quando la clausola, e il patto nullo si riferiscono ad un elemento essenziale del negozio oppure si trovino con le altre pattuizioni in tale rapporto di interdipendenza che queste non possano sussistere in modo autonomo.
Nell’ipotesi di nullità parziale di un contratto la rilevabilità d’ufficio della nullità di una parte o di una clausola del contratto non consente al giudice di pronunziare la nullità dell’intero negozio, in mancanza della dimostrazione dell’esistenza di un rapporto di necessaria inscindibilità tra la clausola nulla e il restante contenuto negoziale e, per il principio dispositivo che regola la materia negoziale e il processo civile, il giudice non può procedere d’ufficio a tale indagine, qualora essa richieda accertamenti di fatto sulla reale volontà delle parti contraenti. Cass. civ. sez. I 27 maggio 1977, n. 2176
La nullità del contratto come conseguenza della nullità di parte di esso o di sue singole clausole non può essere dichiarata dal giudice se la parte non alleghi e dimostri che la volontà negoziale è stata condizionata, cioè influenzata in maniera determinante, dalla singola pattuizione nulla, trattandosi di nullità che non inerisce alla struttura oggettiva del contratto, bensì deriva da un particolare atteggiamento della volontà negoziale nel rapporto fra una parte di essa e il tutto. Cass. civ. sez. I 9 ottobre 1976, n. 3351
Ai fini dell’operatività della disposizione di cui al secondo comma dell’art. 1419 c.c., il quale contempla la sostituzione delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili, con la normativa legale, non si richiede che le disposizioni inderogabili, oltre a prevedere la nullità delle clausole difformi, ne impongano e dispongano, altresì, espressamente la sostituzione. Infatti, la locuzione codicistica (“sono sostituite di diritto”) va interpretata non nel senso dell’esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell’automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina. Cass. civ., sez. , III 21 marzo 2011, n. 6364
L’inserzione automatica di norme imperative in sostituzione di una clausola contrattuale affetta da nullità può dirsi legittima, a norma dell’art. 1419, comma secondo c.c., soltanto se la sostituzione stessa debba avvenire «di diritto», in forza, cioè, di un’espressa disposizione di legge la quale, oltre a comminare la nullità di una determinata clausola, ne imponga anche la sostituzione con una normativa legale, mentre la predetta inserzione non è attuabile qualora il legislatore, nello stabilire la nullità di una clausola o di una pattuizione, non ne abbia espressamente prevista la sostituzione con una specifica norma imperativa. (Omissis). Cass. civ. sez. II 28 giugno 2000, n. 8794
La disposizione dell’art. 1419, secondo comma, c.c., a norma della quale la nullità di singole clausole contrattuali non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative, impedisce che al risultato dell’invalidità dell’intero contratto possa pervenirsi in considerazione della sussistenza di un vizio del consenso cagionato da errore di diritto essenziale, avente ad oggetto la clausola nulla in rapporto alla norma imperativa destinata a sostituirla, poiché l’essenzialità di tale clausola rimane esclusa dalla stessa prevista sua sostituzione con una regola posta a tutela di interessi collettivi di preminente interesse pubblico. (Fattispecie relativa a clausola di contratto collettivo escludente il computo di indennità di presenza, corrisposta obbligatoriamente e continuativamente, nell’indennità di anzianità prevista dagli artt. 2120 e 2121 c.c. nel testo previgente). Cass. civ. sez. lav. 23 gennaio 1999, n. 645
Nel caso di nullità di una clausola contrattuale per vizio di una parte di essa, la sostituzione della norma imperativa deve avvenire rispetto all’intera clausola, e non già mediante la trasfusione di una parte soltanto della norma in quella parte della clausola che ne determina la nullità. Cass. civ. sez. lav. 16 febbraio 1983, n. 1184