Al fine di integrare il requisito della mala fede per opporre la simulazione al terzo acquirente, è necessario che il terzo, oltre ad avere consapevolezza della simulazione, abbia proceduto all’acquisto per effetto della stessa, nel senso che, accordandosi con il titolare apparente, abbia inteso favorire il simulato alienante per consolidare, rispetto agli altri terzi, lo scopo pratico perseguito con la simulazione, ovvero abbia voluto personalmente profittare di questa in danno del simulato alienante. Cass. civ., sez. , II 2 agosto 2016, n. 16080
In tema di simulazione, il primo comma dell’art. 1415 c.c., nel sancire l’impossibilità per le parti contraenti, e per gli aventi causa o creditori del simulato alienante, di opporre la simulazione ai terzi, si riferisce, a differenza del secondo comma, non ai terzi in qualche modo pregiudicati dalla simulazione stessa ma solo a quelli che, in buona fede, abbiano acquistato diritti dal titolare apparente (salvi gli effetti della trascrizione della domanda di simulazione); il che, implicando la presenza di un titolare apparente e di uno effettivo al momento dell’acquisto da parte del terzo, limita il campo di applicabilità della norma alle ipotesi di simulazione assoluta e di interposizione fittizia di persona, ad esclusione di ogni altro tipo di simulazione relativa non comportante apparenza del diritto in capo ad un soggetto diverso dal titolare. Ne consegue che, nel regime della comunione legale fra i coniugi, l’acquisto di un bene personale effettuato da uno dei coniugi per donazione fattagli da un terzo, si sottrae al regime della comunione a norma dell’art. 179, comma primo, lett. b), c.c. ancorché la donazione sia dissimulata da una vendita, potendo l’acquirente opporre all’altro coniuge il carattere simulato di quest’ultima. Cass. civ. sez. II 11 agosto 1997, n. 7470
Il primo comma dell’art. 1415 c.c. intende proteggere, in vista della libera circolazione dei beni, l’affidamento fatto dal terzo acquirente sulla validità del titolo del suo autore e pertanto si applica soltanto in favore di chi acquisti dal titolare apparente sulla base del negozio simulato. Ne consegue che è opponibile la simulazione degli atti di acquisto del de cuius al legittimario, il quale acquista i beni del defunto in base ad una relazione d’indole generale con la persona o col patrimonio del medesimo, senza alcuna derivazione diretta, quanto al singolo bene, fra il titolo di acquisto del titolare apparente e quello dell’acquirente successivo. Cass. civ. sez. II 14 marzo 1973, n. 723
L’azione di simulazione postula un interesse correlato all’esercizio di un proprio diritto e, pertanto, qualora un tale diritto risulti inconfigurabile o, comunque, non pregiudicato dall’atto che si assume simulato, il terzo difetta di interesse a far dichiarare la simulazione del contratto o di uno dei suoi elementi. Ne consegue che l’affittuario di un fondo rustico, ove non abbia esercitato il diritto di riscatto a sensi dell’art. 8 della l. n. 590 del 1965, facendo valere, nella specie, il fatto che dietro l’atto di donazione si nasconda una vendita dissimulata del fondo, non può avvalersi dell’azione di simulazione al limitato fine di paralizzare la domanda di rilascio per cessazione del contratto, proposta dal donatario. Cass. civ., sez. , VI 14 novembre 2018, n. 29271
In tema di simulazione, il terzo non ha, in quanto tale, un interesse generalizzato ad ottenere il ripristino della situazione reale, ma solo ove la sua posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto, mentre va sempre riconosciuto l’interesse della parte contrattuale ad esercitare l’azione di simulazione in quanto volta all’accertamento dell’inefficacia totale o parziale del contratto e dei reali rapporti tra le parti. Cass. civ., sez. , III 20 dicembre 2013, n. 28610
La sentenza che su domanda proposta da un terzo interessato ad eliminarne gli effetti abbia accertato o negato la simulazione di un negozio giuridico, non fa stato quanto a tale accertamento nei rapporti fra le parti del negozio simulato (o fra una di esse ed un avente causa dell’altra parte) in un successivo giudizio fra esse insorto circa l’esistenza o meno della simulazione, in quanto l’accertamento negativo o positivo intervenuto nel giudizio promosso dal terzo è intervenuto in un giudizio nel quale le parti del negozio non erano in contrasto di interessi fra loro, ma avevano l’opposto interesse a sostenere l’effettività del negozio e, sul piano probatorio, soffrivano nei rapporti fra loro la limitazione di cui all’art. 1417 c.c. (norma, del resto, la cui operatività, nei rapporti fra le parti, potrebbe essere elusa, nel caso di accordo fra una delle parti ed il terzo per l’accertamento della simulazione). Cass. civ. sez. III 30 giugno 2005, n. 13963
L’art. 1415 comma secondo c.c., legittimando i terzi a far valere la simulazione del contratto rispetto alle parti quando essa pregiudichi i loro diritti, non consente, peraltro, di ravvisare un interesse indistinto e generalizzato di qualsiasi terzo ad ottenere il ripristino della situazione reale, essendo, per converso, la relativa legittimazione indissolubilmente legata al pregiudizio di un diritto conseguente alla simulazione. Non tutti i terzi, pertanto, sol perchè in rapporto con i simulanti, possono instare per l’accertamento della simulazione, dovendosi per converso riconoscere il relativo potere di azione e/o di eccezione soltanto a coloro la cui posizione giuridica risulti negativamente incisa dall’apparenza dell’atto, con la conseguenza che non può ritenersi titolare della legittimazione de qua il terzo il quale la derivi (come nella specie) dall’eventuale accoglimento della domanda di risoluzione per inadempimento del contratto stesso proposta da una delle parti nei confronti dell’altra quando questa intenda far ricadere sul terzo le negative conseguenze risarcitorie che possano derivarle dalla risoluzione sulla base di un titolo che non si fondi sul contratto ma sul (presunto) comportamento illecito del terzo che avrebbe determinato l’inadempimento. Cass. civ. sez. II 30 marzo 2005, n. 6651
Perché l’accordo simulatorio possa essere fatto valere, per accertare l’effettiva realtà negoziale, da quei terzi i cui diritti ne siano pregiudicati (e, in particolare, dai creditori del simulato alienante) o perché la simulazione non possa essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato diritti dal titolare apparente (ed ai creditori del titolare apparente che in buona fede hanno compiuto atti di esecuzione sui beni oggetto del contratto simulato) è necessario che il terzo sia titolare di una situazione giuridica connessa o dipendente o che in qualche modo possa essere influenzata dall’accordo simulatorio, nel senso che essa venga meno o diminuisca nella sua consistenza e divenga difficilmente attuabile in concreto in conseguenza del permanere dell’accordo simulatorio, o del discoprimento della simulazione con la conseguente manifestazione esteriore della effettiva realtà giuridica esistente tra le parti dell’accordo simulatorio. Cass. civ. sez. III 11 gennaio 2001, n. 338
Il contratto simulato non costituisce in sé un atto illecito e pertanto non è fonte di responsabilità dei contraenti nei confronti dei terzi, i quale se possono opporre la simulazione alle parti, ai sensi dell’art. 1415 c.c., quando questa pregiudica i loro diritti, non hanno titolo al risarcimento dei danni nei confronti delle parti medesime se non in presenza, e nel concorso di tutti i relativi elementi costitutivi, di un atto ex art. 2043 c.c., qualificato in particolare dal necessario elemento psicologico, sotto il profilo della intenzionale lesione di un diritto del terzo ovvero della lesione stessa come effetto di mancanza di prudenza o di diligenza; elemento che, non potendo ritenersi implicito nel fatto stesso della simulazione, deve formare oggetto di accertamento da parte del giudice del merito nei casi concreti. Cass. civ. sez. II 26 febbraio 1991, n. 2085