Art. 1388 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Contratto concluso dal rappresentante

Articolo 1388 - codice civile

Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli (19), produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato (1398).

Articolo 1388 - Codice Civile

Il contratto concluso dal rappresentante in nome e nell’interesse del rappresentato, nei limiti delle facoltà conferitegli (19), produce direttamente effetto nei confronti del rappresentato (1398).

Massime

Nei contratti a forma libera, l’esternazione del potere rappresentativo non richiede la espressa dichiarazione di spendita del nome del rappresentato o formule sacramentali, ma può essere manifestata anche attraverso un comportamento del rappresentante che, per univocità e concludenza, sia idoneo a portare a conoscenza dell’altro contraente la circostanza che egli agisce per un soggetto diverso, nella cui sfera giuridica gli effetti del contratto sono destinati a prodursi direttamente; il relativo accertamento è compito devoluto al giudice del merito ed è incensurabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e da errori di diritto. Cass. civ., sez. , II- 10 settembre 2019, n. 22616

La “contemplatio domini” non richiede l’uso di formule sacramentali né per l’attività negoziale sostanziale né per quella processuale, sicché la spendita del nome del rappresentato, contenuta nell’atto iniziale della lite, non va necessariamente ripetuta in ogni successivo atto del processo. Cass. civ., sez. , lav. 5 febbraio 2016, n. 2332

Nei contratti a forma libera, al fine di manifestare il potere rappresentativo non è necessario che il rappresentante usi formule sacramentali, ma è sufficiente che dalle modalità e dalle circostanze in cui ha svolto l’attività negoziale e dalla struttura e dall’oggetto del negozio i terzi possano riconoscerne l’inerenza all’impresa sociale sì da poter presumere, secondo i criteri correnti nella vita degli affari, che l’attività è espletata nella qualità di rappresentante di altro soggetto. (Omissis). Cass. civ., sez. , lav. 16 novembre 2010, n. 23131

Nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, particolare rigore è richiesto anche per la spendita del nome del rappresentato, con la conseguenza che, in mancanza di formule che consentano di individuare la spendita del nome altrui, non è ammissibile una “contemplatio domini” tacita, desunta da elementi presuntivi. Cass. civ., sez. , III 12 febbraio 2010, n. 3364

Nei contratti aventi ad oggetto il trasferimento di beni immobili, per i quali é richiesta la forma scritta “ad substantiam”, qualora uno degli stipulanti agisca in nome e per conto di un soggetto diverso, la “contemplatio domini”, pur non richiedendo l’uso di formule sacramentali, deve risultare dallo stesso documento e non “aliunde”, sebbene il requisito della contestualità non vada inteso in senso rigorosamente materiale e grafico, ben potendo ricorrere anche nel caso in cui il contratto richiedente la forma scritta “ad substantiam” risulti costituito da due parti materialmente distinte ma collegate tra loro per effetto del richiamo dell’una contenuto nell’altra, in modo da formare un unico, ancorchè complesso, atto scritto, in sé contenente tutti gli elementi essenziali del contratto. (Omissis). Cass. civ., sez. , II 23 luglio 2009, n. 17346

Gli effetti di un contratto stipulato da persona priva della qualità di amministratore di una società di capitali, che non abbia dichiarato espressamente di agire in detta qualità possono essere imputati alla società nella sola ipotesi in cui detta persona abbia tacitamente ma inequivocabilmente agito come rappresentante dell’ente. Cass. civ. sez. II 26 novembre 2002, n. 16650

Nel sistema del codice vigente la spendita del nome del rappresentato deve essere espressa, nel senso cioè che chi contratta per conto altrui deve portare a conoscenza dell’altro contraente che egli agisce non solo nell’interesse, ma anche nel nome di un soggetto diverso il quale, in tal modo, acquista i diritti ed assume gli obblighi derivanti dal contratto. Cass. civ. sez. III 10 dicembre 1996, n. 10989

Se il rappresentante di una società di persone non spende il nome della società (o il nome degli altri soci, quando si tratta di socio di una società di fatto), il negozio concluso spiega effetto solo nei confronti del rappresentante medesimo, ancorché esso riguardi interessi o beni comuni, ed allorché il contratto abbia ad oggetto il trasferimento di beni immobili, la contemplatio domini, pur non richiedendo l’uso di formule sacramentali, deve risultare ad substantiam dallo stesso documento contrattuale, restando irrilevante la conoscenza o l’affidamento creato nel terzo contraente circa l’esistenza del rapporto sociale interno e dei poteri di rappresentanza reciproca che esso comporta. Cass. civ. sez. I 7 febbraio 1984, n. 936

Il disposto dell’art. 1388 c.c. che attribuisce «direttamente effetto nei confronti del rappresentato» al contratto concluso in suo nome dal rappresentante, ma soltanto se costui si è mantenuto nei limiti delle facoltà conferitegli, trova applicazione anche nel caso di rappresentanza organica, poiché è nell’essenza dell’uno come dell’altro istituto che un soggetto debba risentire nella propria sfera giuridica le conseguenze dell’operato altrui esclusivamente nei limiti in cui lo abbia consentito. Cass. civ. sez. II 7 giugno 2000, n. 7724

L’estensione del potere del rappresentante, nella stipula del negozio per cui la rappresentanza è conferita, non soffre se non di quelle limitazioni con le quali il dominus abbia inteso vincolare l’esplicazione dell’attività del rappresentante e che, costituendo deviazioni particolari rispetto alla normalità della ricomprensione nel potere di tutto ciò che attiene al suo ordinario svolgimento, devono essere dimostrate, secondo il criterio regolatore dell’onere della prova, da chi, nel proprio interesse, le alleghi. Cass. civ. sez. II 11 giugno 1991, n. 6601

In mancanza di specifica autorizzazione del rappresentato, il rappresentante incaricato della stipulazione di un contratto non ha il potere di approvare specificamente per iscritto la clausola derogativa della competenza territoriale che sia stata inserita tra le condizioni generali predisposte dall’altro contraente; detta clausola non vincola, pertanto, il rappresentato che, agendo in giudizio per far valere le pretese sostanziali nascenti dal contratto stesso, può rivolgersi al giudice competente come per legge. Cass. civ. sez. III 9 giugno 1976, n. 2105

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