Art. 1358 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Comportamento delle parti nello stato di pendenza

Articolo 1358 - codice civile

Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede (1175, 1337, 1366, 1375, 1391) per conservare integre le ragioni dell’altra parte.

Articolo 1358 - Codice Civile

Colui che si è obbligato o che ha alienato un diritto sotto condizione sospensiva, ovvero lo ha acquistato sotto condizione risolutiva, deve, in pendenza della condizione, comportarsi secondo buona fede (1175, 1337, 1366, 1375, 1391) per conservare integre le ragioni dell’altra parte.

Massime

La condizione “potestativa mista” – il cui avveramento dipende in parte dal caso o dal terzo e in parte dalla volontà di uno dei contraenti – è soggetta alla disciplina degli artt. 1358 e 1359 c.c., da intendersi riferita anche al segmento non casuale. Cass. civ., sez. , II 14 dicembre 2012, n. 23014

Il contratto sottoposto a condizione potestativa mista è soggetto alla disciplina di cui all’art. 1358 c.c., che impone alle parti l’obbligo giuridico di comportarsi secondo buona fede durante lo stato di pendenza della condizione, e la sussistenza di tale obbligo va riconosciuta anche per l’attività di attuazione dell’elemento potestativo della condizione mista. Cass. civ. Sezioni Unite 19 settembre 2005, n. 18450

Chi conclude un patto di prelazione relativo alla vendita di un proprio bene immobile sotto la condizione sospensiva del rilascio di una determinata autorizzazione amministrativa, ha il dovere, in pendenza dell’avveramento della condizione, di comportarsi secondo buona fede astenendosi dal compiere atti pregiudizievoli degli interessi dell’altro contraente, sia con riferimento all’oggetto della prestazione, che con riferimento all’avveramento della condizione (tra i quali può rientrare la vendita a terzi dell’immobile, in quanto atto compiuto sull’oggetto della prestazione del negozio prelatizio sottoposto a condizione e tale da vanificare il possibile futuro esercizio del diritto di prelazione). Cass. civ. sez. II 2 luglio 2002, n. 9568

In tema di contratto sottoposto a condizione sospensiva, ove la condizione non si verifichi, non è configurabile un inadempimento delle obbligazioni rispettivamente assunte dalle parti con il contratto, giacché l’inadempimento contrattuale è verificabile solo in relazione ad un contratto efficace; ne consegue che, in tale ipotesi, non può farsi luogo a risoluzione per inadempimento delle obbligazioni contrattuali, ma, eventualmente, solo per inadempimento dell’obbligazione prevista dall’art. 1358 c.c., norma che fa obbligo a ciascun contraente, in pendenza della condizione, di osservare i doveri di lealtà e correttezza in modo da non influire sul verificarsi dell’evento condizionante pendente. Cass. civ. sez. II 18 marzo 2002, n. 3942

Il Comune che, per la progettazione della propria rete fognaria, abbia agito “iure privatorum” (anziché avvalersi dei suoi poteri autoritativi), stipulando un contratto di prestazione d’opera professionale e subordinando il pagamento del compenso dei professionisti nominati all’avverarsi della condizione “potestativa mista” del conseguimento di un finanziamento da parte di enti terzi, è tenuto, in pendenza di condizione, a comportarsi secondo buona fede ai sensi dell’art. 1358 cod. civ. e, dunque, a richiedere il finanziamento per il quale è stata apposta la clausola sfavorevole alla controparte, al fine di non frustrare le possibilità di avveramento della condizione, non potendo più avere alcun rilievo le questioni relative alla attualità ovvero alla persistenza di un interesse pubblico alla redazione del progetto, già valutato al momento della stipula del negozio privatistico. Ne consegue che il comportamento omissivo del Comune implica, ex art. 1359 cod. civ., l’avveramento della condizione, con conseguente responsabilità contrattuale dello stesso, tenuto al pagamento del compenso in favore dei professionisti. Cass. civ., sez. , I 28 marzo 2014, n. 7405

In tema di compenso del professionista per l’elaborazione di un progetto di opera pubblica, la cui corresponsione sia subordinata al finanziamento dell’opera da parte della Regione e alla presentazione della richiesta di finanziamento e gestione della relativa pratica da parte del Comune beneficiario dell’opera stessa, l’affidamento della stessa, nelle more dell’elaborazione del progetto da parte del professionista, ad altro soggetto privato, costituisce comportamento contrario a buona fede, in violazione dell’art. 1358 cod. civ., che determina l’avveramento fittizio della condizione, ai sensi dell’art. 1359 cod. civ., in quanto cagionato dal comportamento della parte portatrice di un interesse contrario all’avveramento. Cass. civ., sez. , I 2 gennaio 2014, n. 12

Nei contratti con la P.A. in cui il pagamento del compenso per l’opera professionale pattuita sia subordinato alla erogazione di un finanziamento da parte di un soggetto terzo, il creditore della prestazione deve unicamente provare il contratto, mentre l’amministrazione debitrice “sub condicione” del compenso deve dimostrare che il proprio comportamento è stato conforme ai doveri nascenti dall’art. 1358 c.c.. Cass. civ., sez. , I 3 giugno 2011, n. 13649

Nel caso di contratto con la P.A. in cui il pagamento del compenso per l’opera professionale pattuita sia subordinato all’erogazione di un finanziamento, l’amministrazione stipulante non può tenere – salvo il sopravvenire di particolari ragioni ostative – un comportamento che, impedendo il verificarsi del finanziamento, renda inoperante il suo obbligo di pagamento del compenso. Il giudice di merito, in caso di mancato avveramento della condizione suddetta, deve accertare se l’amministrazione contraente, in base ai doveri gravanti su di essa in forza dell’art. 1358 c.c., si sia attivata per ottenere il finaziamento e se le iniziative prese a tal fine corrispondessero ad uno standard esigibile di buona fede. In caso contrario, dalla violazione del suddetto dovere comportamentale conseguono il diritto della controparte di chiedere sia la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno, ai sensi dell’art. 1358 c.c., sia, in alternativa, il diritto di chiedere l’adempimento del contratto e, quindi, il pagamento del compenso pattuito, in base alla “fictio” di avveramento della condizione di cui all’art. 1359 c.c.. Cass. civ., sez. , I 3 giugno 2010, n. 13469

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