Qualora il datore di lavoro affidi la procedura di selezione del personale a una società esterna, senza tuttavia manifestare la volontà di vincolarsi ai risultati dell’operato del terzo, non si è in presenza di un’offerta al pubblico, ai sensi dell’art. 1336 c.c., ma di un invito a proporre, dal quale non sorge alcun vincolo giuridico, con la conseguenza che il comportamento tenuto dal datore di lavoro nella fase di informazione degli aspiranti sui risultati della selezione non può fondare una pretesa risarcitoria per violazione del generale obbligo di correttezza e buona fede, obbligo che ha sempre carattere strumentale e accessorio rispetto ad altra obbligazione di fonte contrattuale o legislativa, nella specie assente. Cass. civ., sez. , lav. 20 marzo 2018, n. 6930
Nei contratti stipulati dalla P.A. con il sistema dell’asta pubblica, l’atto di aggiudicazione – che deve essere trasfuso in un apposito processo verbale che tiene luogo del contratto, nel senso che costituisce prova legale dell’avvenuta stipula dello stesso – rappresenta un atto di accertamento della offerta migliore e, di conseguenza, dell’avvenuta formazione dell’accordo in virtù dell’incontro della proposta dell’amministrazione contenuta nel bando, e costituente proposta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 c.c., con quella del miglior offerente. In tale sistema, non è necessario che la nomina del terzo da parte dell’aggiudicatario e la conseguente accettazione avvengano con la forma dell’atto pubblico, essendo sufficiente il rispetto della forma scritta, quale è quella del bando e dell’offerta sulla cui base si è formato l’accordo delle parti. Cass. civ. sez. I 11 giugno 2004, n. 11103
Nell’offerta al pubblico di contratto consensuale con effetto reale, quale la vendita, la volontà espressa dal venditore è il primo atto del procedimento della formazione progressiva del contratto, il quale ha bisogno, per produrre gli effetti propri della vendita, del solo incontro con la volontà conforme, ed espressa in forma adeguata, di altro soggetto che accetti la proprietà. Detta accettazione, una volta intervenuta, perfeziona il contratto, la cui riproduzione in forma di atto pubblico, con le modalità del contratto ripetitivo, non richiede, in caso di mancata esecuzione, una sentenza costitutiva (quale quella ex art. 2932 c.c.), non occorrendo una sostituzione di manifestazione di volontà che già v’è stata, bensì una semplice sentenza di accertamento che, supplendo alla documentazione mancante, soddisfi l’interesse della parte alla documentazione in forma pubblica del negozio. (Omissis). Cass. civ. sez. I 24 luglio 1997, n. 6919
Il bando di concorso per l’assunzione di lavoratori, ove contenga gli elementi del contratto alla cui conclusione è diretto, in quanto preordinato alla stipulazione di contratti di lavoro che esigono il consenso delle controparti, costituisce un’offerta al pubblico, ai sensi dell’art.1336 c.c., di cui è inammissibile l’integrazione o modifica in epoca successiva all’inizio del percorso di selezione, determinandosi, in caso contrario, un’alterazione della disciplina prevista per lo svolgimento della procedura. (Nella specie, il candidato, che aveva partecipato con successo ad una procedura selettiva, collocandosi in posizione utile in graduatoria ai fini dell’assunzione, era stato ritenuto non idoneo all’esito di un colloquio psicologico non previsto nel bando). Cass. civ., sez. , L- 27 dicembre 2019, n. 34544
In materia di pubblico impiego, il bando di concorso per l’assunzione di personale ha duplice natura giuridica di provvedimento amministrativo e di atto negoziale (offerta al pubblico) vincolante nei confronti dei partecipanti al concorso. Ne consegue che l’atto di approvazione della graduatoria è illegittimo qualora si ponga in contraddizione con la delibera di indizione e con il bando (“lex specialis” del concorso), mentre la clausola con cui la P.A. si riservi la facoltà di non procedere all’assunzione è nulla perché integra una condizione meramente potestativa ai sensi dell’art. 1355 cod. civ. Né, in assenza di un “contrarius actus”, è possibile attribuire efficacia alcuna alla volontà della P.A. di annullare o revocare il bando, risultando l’autotutela esercitata in carenza di potere e con atti illegittimi per difetto di forma. Cass. civ., sez. , lav. 1 ottobre 2014, n. 20735
In tema di lavoro pubblico privatizzato, ove la P.A. abbia manifestato la volontà di provvedere alla copertura di posti di una determinata qualifica attraverso il sistema del concorso interno ed abbia, a questo fine, pubblicato un bando che contenga tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli, ecc.), prevedendo, altresì, il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, sono rinvenibili in un siffatto comportamento gli estremi dell’offerta al pubblico, che impegna il datore di lavoro pubblico non solo al rispetto della norma con la quale esso stesso ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede. Il superamento del concorso, indipendentemente dalla successiva nomina, consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione di una situazione giuridica individuale, non disconoscibile alla stregua della natura del bando, né espropriabile (in virtù dell’art. 2077, secondo comma, c.c.) per effetto di diversa successiva disposizione generale volta, come nella specie, a posticipare la decorrenza giuridica ed economica dell’inquadramento. Cass. civ., sez. , lav. 19 giugno 2009, n. 14478
Costituendo il bando di concorso per l’assunzione di personale una vera e propria offerta al pubblico, all’esito della selezione, per poter reclamare la illegittimità del provvedimento di non assunzione ed invocare la conclusione del contratto di lavoro ed il correlativo diritto all’assunzione, il candidato deve avere accettato la delineata offerta in maniera conforme alla proposta contrattuale e, in particolare, deve avere indicato nella domanda di partecipazione il possesso di tutti i requisiti richiesti dal bando. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 8 marzo 2007, n. 5295
Ove il datore di lavoro per la copertura di posti di una determinata qualifica abbia manifestato la volontà di procedere mediante un concorso interno ed abbia, a tal fine, pubblicato un bando contenente tutti gli elementi essenziali (numero dei posti disponibili, qualifica, modalità del concorso, criteri di valutazione dei titoli), prevedendo altresì il riconoscimento del diritto del vincitore del concorso di ricoprire la posizione di lavoro disponibile e la data a decorrere dalla quale è destinata ad operare giuridicamente l’attribuzione della nuova posizione, è configurabile una offerta al pubblico, la quale impegna il datore di lavoro ad adempiere le obbligazioni assunte e consolida nel patrimonio dell’interessato l’acquisizione di una situazione giuridica soggettiva, vale a dire la modifica del precedente rapporto di lavoro, dalla quale il datore non può sciogliersi che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge e non per mutamento in peggio da parte di un sopravvenuto contratto collettivo. È tuttavia legittimo il patto con il quale, dopo l’espletamento del concorso, i vincitori sottoscrivano un nuovo contratto di lavoro che, secondo l’accertamento del giudice di merito, comporti lo scioglimento del precedente contratto per mutuo consenso e la sostituzione con quello nuovo, atteso che l’art. 2103 c.c. non vieta che le parti novino l’intero rapporto di lavoro, a condizione che il contratto novativo non dissimuli un patto contrario al divieto di assegnazione a mansioni inferiori previsto dalla norma citata. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 21 agosto 2004, n. 16501
Il bando di concorso indetto da un ente pubblico economico per l’assunzione, in regime privatistico, di personale – che costituisce un’offerta al pubblico – è un atto unilaterale incondizionatamente libero, salvo il rispetto di norme inderogabili di legge fra le quali sono da ricomprendere i principi generali di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c. Ne consegue che tali principi devono considerarsi violati nell’ipotesi in cui l’ente, per escludere dall’assunzione un aspirante risultato vincitore, si avvalga di una disposizione regolamentare interna non trasfusa né richiamata nel bando di concorso, trattandosi di norma non conosciuta né conoscibile dal candidato. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 5 novembre 1998, n. 11142
Nelle procedure concorsuali sottoposte a regime privatistico, in cui il bando di concorso costituisce un’offerta al pubblico, l’interesse dei concorrenti idonei non utilmente collocati in graduatoria all’assunzione è di mero fatto – salvo il sopravvenire di circostanze quali la dichiarazione di decadenza di vincitori, che determinino il cosiddetto scorrimento della graduatoria –, e di per sé non è idoneo a radicare un loro diritto neanche un accordo tra sindacati e il datore di lavoro circa l’assunzione degli idonei, il quale deve ritenersi volto a favorire l’occupazione e non ad attribuire diritti a soggetti specificamente interessati, a meno che non risulti la volontà di una pattuizione contrattuale a favore di detti terzi. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 26 settembre 1998, n. 9670
Il bando di concorso indetto per l’assunzione, in regime privatistico, di personale, all’esito di determinate procedure selettive, costituisce un’offerta al pubblico, ossia una proposta di contratto da cui deriva, in favore di coloro i quali si siano utilmente collocati nella graduatoria, la conclusione del contratto stesso. Pertanto, in caso di mancata assunzione dei vincitori, sorge a carico del proponente una responsabilità contrattuale per inadempimento e quindi l’obbligo di risarcire il danno, senza che, ai fini dell’imputabilità dell’inadempimento stesso, possano assumere rilevanza gli stati soggettivi della buona fede o del convincimento di non essere tenuto all’assunzione. Cass. civ. sez. lav. 11 giugno 1991, n. 6590
Il bando di concorso per l’assunzione di lavoratori dipendenti non è riconducibile alla previsione dell’art. 1989 c.c. (che configura la promessa al pubblico come negozio unilaterale dotato di efficacia in deroga alla regola generale stabilita dall’art. 1987 dello stesso codice e perciò vincolante per il promittente a prescindere da manifestazioni di consenso da parte dei beneficiari), ma, essendo preordinato alla stipula di contratti di lavoro che esigono il consenso delle controparti, costituisce – ove contenga gli estremi del contratto alla cui conclusione è diretto – un’offerta al pubblico ai sensi dell’art. 1336 c.c., la quale è revocabile solo finché non ne sia intervenuta l’accettazione da parte degli interessati. Tale offerta può essere di un contratto di lavoro definitivo, il quale si perfeziona con l’accettazione del lavoratore che risulti utilmente inserito nella graduatoria dei candidati idonei, oppure preliminare, il quale si perfeziona con la semplice accettazione del candidato che chiede di partecipare al concorso ed ha per oggetto l’obbligo – per entrambe le parti, o per il solo offerente nel caso di preliminare unilaterale – della stipula del contratto definitivo con chi risulti vincitore. Cass. civ. sez. lav. 26 febbraio 1988, n. 2064