Un atto unilaterale recettizio, qual è il licenziamento, si presume conosciuto – ai sensi dell’art. 1335 c.c. – nel momento in cui è recapitato all’indirizzo del destinatario e non nel diverso momento in cui questi ne prenda effettiva conoscenza; ne consegue che, ove il licenziamento sia intimato con lettera raccomandata a mezzo del servizio postale, non consegnata al lavoratore per l’assenza sua e delle persone abilitate a riceverla, la stessa si presume conosciuta alla data in cui, al suddetto indirizzo, è rilasciato l’avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, restando irrilevante il periodo legale del compimento della giacenza e quello intercorso tra l’avviso di giacenza e l’eventuale ritiro da parte del destinatario. Cass. civ., sez. , lav. 28 settembre 2018, n. 23589
La spedizione di un atto al corretto indirizzo del destinatario non basta, da sola, per presumere che il destinatario l’abbia conosciuto. A tal fine è invece necessario che il plico sia effettivamente pervenuto a destinazione, in quanto il principio di presunzione di conoscenza, posto dall’art. 1335 c.c., opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando l’agente postale, ancorché errando, l’abbia rispedito al mittente, dichiarando essere il destinatario sconosciuto. Cass. civ., sez. , III 8 giugno 2012, n. 9303
Ai sensi dell’art. 1335 c.c., anche per le dichiarazioni unilaterali recettizie in genere, che siano giunte all’indirizzo del destinatario, vige la presunzione di conoscenza da parte dello stesso, sicché incombe su di lui, ove neghi di averne avuto notizia, l’onere di provare di essersi trovato senza colpa nella impossibilità di prenderne cognizione e, quindi, anche di provare l’asserita non corrispondenza della dichiarazione ricevuta con quella di cui il mittente conserva in qualsiasi modo la copia. Ove, peraltro, l’involucro della raccomandata contenga plurime comunicazioni, e il destinatario ne riconosca solo una, è necessario, perché operi la presunzione di conoscenza posta dall’art. 1335 c.c., che l’autore della comunicazione, il quale abbia scelto detta modalità di spedizione per inviare due comunicazioni, fornisca la prova che l’involucro le conteneva, atteso che, secondo l’id quod plerumque accidit, ad ogni atto da comunicare corrisponde una singola spedizione. Cass. civ. sez. lav. 19 agosto 2003, n. 12135
La presunzione di conoscenza, ai sensi dell’art. 1335 c.c., di un atto recettizio in forma scritta opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo di questo all’indirizzo del destinatario, in quanto non è necessario che il mittente ne provi la ricezione da parte del medesimo o di persona autorizzata a riceverlo ai sensi dell’art. 37 del regolamento di esecuzione del codice postale. Peraltro, la trasmissione e la consegna di un atto unilaterale recettizio al destinatario può essere dimostrata anche mediante elementi presuntivi, mentre è a carico del destinatario la prova di non averne avuto tempestiva notizia senza sua colpa (fattispecie concernente la diffida ad adempiere un contratto preliminare di vendita). Cass. civ. sez. II 26 marzo 2002, n. 4310
La trasmissione e consegna al destinatario di un atto unilaterale recettizio (quale, nella specie, una dichiarazione di volersi valere di un diritto di opzione) possono essere dimostrate anche mediante elementi presuntivi e ciò non osta a che venga poi fatta applicazione della presunzione di legge circa la conoscenza del contenuto dell’atto (art. 1335 c.c.), atteso che il divieto della cosiddetta praesumptio de praesumpto attiene esclusivamente alla correlazione di una presunzione semplice con altra presunzione semplice. Cass. civ. sez. II 22 febbraio 2001, n. 2612
L’operatività della presunzione di conoscenza stabilita a carico del destinatario dall’art. 1335 c.c., se non prova di essere stato senza sua colpa nell’impossibilità di avere notizia dell’atto a lui diretto, presuppone che tale atto giunga al suo indirizzo, con tale termine dovendosi intendere il luogo che per collegamento ordinario o per normale frequenza o per preventiva indicazione o pattuizione, risulti in concreto nella sfera di dominio e controllo del destinatario stesso, sì da apparire idoneo a consentirgli la ricezione dell’atto e la cognizione del suo contenuto. Ne consegue che, allorquando risulti che il destinatario dell’atto abbia cambiato indirizzo (come nel caso, nel quale l’atto sia stato comunicato a mezzo posta ed in sede di consegna sia risultato quel cambiamento ed il plico postale sia stato restituito al mittente, senza rilascio dell’avviso di giacenza, essendo risultate inapplicabili le norme postali che disciplinano la consegna di plichi al destinatario assente), deve escludersi la sussistenza del presupposto per l’applicazione dell’art. 1335 c.c. e della consequenziale presunzione legale di conoscenza, poiché la comunicazione non si può intendere giunta all’indirizzo del destinatario, a nulla rilevando, d’altro canto, che il destinatario abbia pattuito con il soggetto che gli invia la comunicazione l’obbligo di comunicare il cambiamento di indirizzo e non l’abbia adempiuto, potendo semmai tale inadempimento giustificare l’eventuale esonero del soggetto, che doveva provvedere alla comunicazione entro un certo termine, dal rispetto del termine pattuito. (Principio affermato dalla Suprema Corte con riferimento alla comunicazione di un recesso di una banca da un contratto di conto corrente). Cass. civ., sez. , I 26 aprile 1999, n. 4140
Affinché possa operare la presunzione di conoscenza della dichiarazione diretta a persona determinata stabilita dall’art. 1335 c.c. occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la stessa sia stata recapitata all’indirizzo del destinatario, e cioè, nel caso di corrispondenza, che questa sia stata consegnata presso detto indirizzo, e non può invece ritenersi sufficiente un tentativo di recapito ad opera dell’agente postale, che, ritenuto sia pure a torto il destinatario sconosciuto all’indirizzo indicato nella lettera raccomandata, abbia disposto il rinvio della stessa al mittente, in quanto manca in tal caso ogni concreta possibilità per il destinatario di venire a conoscenza della lettera; né in senso contrario può essere richiamata la disciplina del recapito delle raccomandate con deposito delle stesse presso l’ufficio postale e rilascio dell’avviso di giacenza all’indirizzo del destinatario, poiché in tal caso sussiste la possibilità di conoscenza del contenuto della dichiarazione da parte del destinatario e del resto la dichiarazione si ritiene pervenuta all’indirizzo del medesimo solo dal momento del rilascio dell’avviso di giacenza del plico. (Omissis). Cass. civ., sez. lav. 14 aprile 1999, n. 3707
La presunzione di conoscenza del destinatario di un atto recettizio, non opera se la comunicazione non è stata consegnata né a lui personalmente, né presso il suo indirizzo, come tale dovendosi intendere il luogo che o per collegamento ordinario, come la dimora o il domicilio, o per normale frequentazione, come il posto di esplicazione dell’attività lavorativa, o per preventiva indicazione, rientra nella sua sfera di controllo e dominio. Cass. civ., sez. , II 24 ottobre 1998, n. 10564
Per ritenere sussistente, secondo l’art. 1335 c.c., la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, dalla dichiarazione a questo diretta, occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la dichiarazione sia pervenuta all’indirizzo del destinatario, e tale momento, nel caso in cui la dichiarazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l’assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale e non già con il momento in cui fu consegnata. La questione di legittimità costituzionale dell’art. 1335 citata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., per la disparità di trattamento che la norma, come sopra interpretata, creerebbe fra i destinatari di atti unilaterali recettizi, anche di rilevante interesse economico-giuridico rispetto ai destinatari degli atti giudiziari, notificati a mezzo posta, è manifestamente infondata, trattandosi di situazioni non omogenee e consentendo, comunque, l’art. 1335 citato di superare la presunzione di conoscenza del destinatario dell’atto, ove quest’ultimo provi di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di averne notizia. Cass. civ., sez. , III 23 settembre 1996, n. 8399
La disposizione di cui all’art. 1335 c.c., che, nel prevedere la presunzione di conoscenza di una dichiarazione da parte del destinatario dal momento in cui essa giunge al suo indirizzo, fa salva la possibilità per il destinatario stesso provare di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia, non consente l’estensione al mittente della suddetta possibilità di prova della mancata conoscenza, non essendo suscettibile di interpretazione estensiva in quanto pone una eccezione rispetto alla regola della presunzione di conoscenza. Né tale disposizione lede il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., attesa la disomogeneità concessa al destinatario è infatti tesa ad assicurare, in ipotesi eccezionali nelle quali la presunzione apparirebbe iniqua, il prevalere del principio della effettiva conoscenza, mentre accordare analoga facoltà all’autore della dichiarazione sarebbe soltanto in funzione di agevolargli la possibilità di revoca della stessa. Cass. civ. sez. lav. 13 giugno 1995, n. 6645
Una volta dimostrato l’avvenuto corretto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, deve presumersene il conseguente ricevimento e la piena conoscenza da parte di costui, restando, pertanto, a suo carico l’onere di dedurre e dimostrare eventuali elementi idonei a confutare l’avvenuta ricezione. (Nella specie, la S.C. ha cassato la decisione di merito che aveva escluso l’applicazione del predetto principio ad un atto interruttivo della prescrizione, pur in presenza di un rapporto di trasmissione del documento ad un numero di telefax che, se corrispondente a quello del destinatario, avrebbe imposto a questi di dimostrare l’impossibilità di conoscere l’atto per causa non imputabile). Cass. civ., sez. , lav. 24 maggio 2019, n. 14251
La lettera raccomandata – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell’atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c.c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l’onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza dell’atto. (Omissis). Cass. civ., sez. , I 19 agosto 2016, n. 17204
La presunzione di conoscenza di un atto, del quale sia contestato il suo pervenimento a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, attraverso l’avviso di ricevimento o l’attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio. Cass. civ. sez. lav. 21 giugno 2016, n. 12822
La presunzione di conoscibilità di un atto giuridico recettizio richiede la prova, anche presuntiva, ma avente i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ. (gravità, univocità e concordanza), che esso sia giunto all’indirizzo del destinatario, sicché, in caso di contestazione, la prova della spedizione non è in sé sufficiente a fondare la presunzione di conoscenza, salvo il caso in cui, per le modalità di trasmissione dell’atto (raccomandata, anche senza avviso di ricevimento o telegramma), e per i particolari doveri di consegna dell’agente postale, si possa presumere l’arrivo nel luogo di destinazione. Ne consegue che, laddove l’invio dell’atto sia avvenuto per posta semplice, tale presunzione non opera, in quanto sarebbe eccessivamente gravoso per il destinatario l’onere della prova della impossibilità incolpevole di averne avuto cognizione. Cass. civ., sez. , III 25 settembre 2014, n. 20167
Una volta dimostrato l’avvenuto corretto inoltro del documento a mezzo telefax al numero corrispondente a quello del destinatario, è logico presumere il conseguente ricevimento, nonché la piena conoscenza di esso da parte del destinatario, restando pertanto a carico del medesimo l’onere di dedurre e dimostrare l’esistenza di elementi idonei a confutare l’avvenuta ricezione. (Principio affermato dalla S.C. ai sensi dell’art. 363 c.p.c.). Cass. civ., sez. , I 9 gennaio 2013, n. 349
La spedizione di una comunicazione in plico raccomandato non vale da sola a stabilire che il destinatario sia venuto a conoscenza della dichiarazione in esso contenuta, occorrendo, invece, provare che detto plico sia pervenuto a destinazione, per poter fondare una presunzione di conoscenza nei confronti del destinatario ; il principio di presunzione di conoscenza posto dall’art. 1335 c.c., infatti, opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo di destinazione, ma non quando sia contestato che essa sia mai pervenuta a quell’indirizzo e il dichiarante non fornisca elementi di prova idonei a sostenere tale assunto. (Omissis). Cass. civ. sez. I 27 ottobre 2005, n. 20924
La presunzione di conoscenza da parte del destinatario, posta dall’art. 1335 c.c., delle dichiarazioni dirette ad una determinata persona che siano giunte a destinazione opera per il solo fatto oggettivo dell’arrivo della dichiarazione nel luogo indicato dalla norma, indipendentemente dal mezzo di trasmissione adoperato e dall’osservanza delle disposizioni del codice postale. Incombe pertanto sullo stesso destinatario l’onere di provare di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di acquisire la conoscenza medesima e, quindi, anche l’onere di provare la non corrispondenza della dichiarazione inviata a quella di cui il mittente conservi la copia. Cass. civ., sez. , III 4 giugno 2002, n. 8073
La lettera raccomandata costituisce prova certa della spedizione attestata dall’ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui – anche in mancanza dell’avviso di ricevimento – può desumersi il suo arrivo a destinazione. Al contrario, il ricorso a diverse forme di comunicazione esige che sia altrimenti ed idoneamente provata l’effettiva spedizione dell’atto, nel senso che il mero invio del plico non è sufficiente a fondare la presunzione di conoscenza. La prova suddetta può essere fornita con mezzi idonei anche mediante presunzioni, purché queste siano caratterizzate dai requisiti della gravità, della precisione, e della concordanza. Cass. civ. sez. II 15 febbraio 1999, n. 1265
L’art. 1335 c.c., nel collegare la presunzione di conoscenza delle dichiarazioni recettizie al fatto che esse giungano all’indirizzo del destinatario, non detta alcuna disciplina circa il mezzo di trasmissione, sicché non essendo necessario che la comunicazione avvenga in una determinata forma, né, tanto meno, in una delle forme previste dal servizio postale non sono ipotizzabili condizioni più o meno rigorose perché si verifichi l’effetto giuridico della presunzione di conoscenza, a seconda dell’impiego di uno o di altro mezzo e, in particolare, dell’uso di una o di altra delle forme previste dal servizio postale stesso (lettera raccomandata, lettera semplice, ecc.), deriva che, affinché l’accettazione di una proposta contrattuale comunicata per mezzo di lettera raccomandata al proponente possa ritenersi conosciuta dal medesimo (con conseguente conclusione del contratto), non occorre che il mittente provi la ricezione della raccomandata in questione da parte del destinatario o di persona autorizzata a riceverla ai sensi dell’art. 37 del regolamento di esecuzione del codice postale (R.D. 18 aprile 1940 n. 689), bensì è sufficiente che egli dimostri l’avvenuto recapito del plico all’indirizzo del destinatario, salva per quest’ultimo la possibilità (ex art. 1335 citato) di provare di non avere avuto notizia, senza sua colpa, di detta accettazione. Cass. civ. sez. I 17 marzo 1995, n. 3099
Per determinare nel destinatario la conoscenza di un atto unilaterale recettizio, negoziale o non, la legge non impone né la raccomandata con ricevuta di ritorno, né altro determinato mezzo particolare, sicché, salvi i casi in cui una forma determinata sia espressamente prescritta per legge o per volontà delle parti, deve ritenersi idoneo, al predetto fine, qualsiasi strumento di comunicazione, purché esso sia congruo in concreto a farne apprendere compiutamente e nel suo giusto significato il contenuto; e l’accertamento del giudice del merito che l’atto sia stato ricevuto dal destinatario può essere condotto anche sulla base di presunzioni, e si sottrae al sindacato di legittimità, se correttamente ed adeguatamente motivato. Cass. civ. sez. I 9 aprile 1984, n. 2262
Ai sensi dell’art. 1335 c.c., la dichiarazione unilaterale comunicata mediante lettera raccomandata si presume ricevuta (e quindi conosciuta nel suo contenuto), pur in mancanza dell’avviso di ricevimento, sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, sicché incombe sul destinatario l’onere di provare l’asserita non corrispondenza della dichiarazione ricevuta – perché la raccomandata non conteneva alcun atto o conteneva un atto diverso – rispetto a quella indicata dal mittente, non potendo il destinatario limitarsi ad una generica contestazione dell’invio della raccomandata medesima. Cass. civ., sez. , I 28 settembre 2017, n. 22687
In caso di comunicazione spedita in busta raccomandata e non in plico, ove il destinatario contesti il contenuto della busta medesima, è onere del mittente provarlo (principio applicato in fattispecie in cui il datore di lavoro aveva provato la ricezione della busta raccomandata recante l’invito a riprendere servizio presso sede diversa e la destinataria ne aveva contestato il contenuto. La S.C. ha cassato la decisione della corte territoriale che, non informandosi al principio enunciato, aveva trascurato di enunciare le ragioni per le quali aveva ritenuto pacifico che l’invito a riprendere servizio presso diversa sede fosse pervenuto alla lavoratrice ). Cass. civ., sez. , lav. 10 novembre 2006, n. 24031
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