Art. 1326 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Conclusione del contratto

Articolo 1326 - codice civile

Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza (1335) dell’accettazione dell’altra parte (163, 782, 1333, 1336).
L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi (1328, 2964).
Il proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso (1327) all’altra parte (1175).
Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa (1352).
Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta (1333).

Articolo 1326 - Codice Civile

Il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza (1335) dell’accettazione dell’altra parte (163, 782, 1333, 1336).
L’accettazione deve giungere al proponente nel termine da lui stabilito o in quello ordinariamente necessario secondo la natura dell’affare o secondo gli usi (1328, 2964).
Il proponente può ritenere efficace l’accettazione tardiva, purché ne dia immediatamente avviso (1327) all’altra parte (1175).
Qualora il proponente richieda per l’accettazione una forma determinata, l’accettazione non ha effetto se è data in forma diversa (1352).
Un’accettazione non conforme alla proposta equivale a nuova proposta (1333).

Massime

In tema di formazione del contratto, l’art. 1326 cod. civ. non prevede che la proposta, ove formulata per iscritto, debba essere necessariamente contenuta in un solo documento. Cass. civ., sez. , III 25 agosto 2014, n. 18185

In tema di formazione del contratto, l’accettazione non può essere desunta dal mero silenzio serbato su una proposta, pur quando questa faccia seguito a precedenti trattative intercorse tra le parti, delle quali mostri di aver tenuto conto, assumendo il silenzio valore negoziale soltanto se, in date circostanze, il comune modo di agire o la buona fede, nei rapporti instauratisi tra le parti, impongano l’onere o il dovere di parlare, ovvero se, in un dato momento storico e sociale, avuto riguardo alla qualità dei contraenti e alle loro relazioni di affari, il tacere di uno possa intendersi come adesione alla volontà dell’altro. (Omissis). Cass. civ., sez. , III 14 maggio 2014, n. 10533

La proposta di concludere un contratto, costituendo un atto giuridico di natura negoziale diretto a provocare l’accettazione da parte del destinatario, deve contenere la completa formulazione del regolamento negoziale, attraverso la predisposizione di corrispettivi vincolanti ai fini dell’esecuzione delle prestazioni, in modo tale da richiedere la pura e semplice accettazione dell’altro contraente, senza ulteriori integrazioni. Ne consegue che non può essere qualificata come proposta in senso tecnico-giuridico la mera richiesta di esecuzione della prestazione, ancorché comprensiva di indicazioni relative alle condizioni economiche del futuro contratto. Cass. civ., sez. , VI 20 settembre 2012, n. 15856

La proposta di concludere un contratto, costituendo un atto giuridico di natura negoziale diretto a provocarne l’accettazione da parte del destinatario, presuppone la volontà del proponente di impegnarsi contrattualmente; detta volontà – che vale a distinguere la proposta dalla semplice manifestazione della disponibilità a trattare – mentre è di norma implicitamente desumibile dal fatto che il proponente abbia indirizzato al destinatario un atto che abbia un contenuto idoneo ad essere assunto come contenuto del contratto, deve, invece, essere concretamente accertata ove la proposta sia pervenuta al destinatario tramite un terzo, in particolare dovendosi verificare se la trasmissione dell’atto sia avvenuta ad iniziativa di chi ha formato il documento ovvero del terzo, all’insaputa di quello. (Fattispecie in tema di proposta contrattuale pervenuta tramite un mediatore). Cass. civ., sez. , II 14 luglio 2011, n. 15510

In tema di contratti, affinché sia configurabile una proposta – idonea a determinare, nel concorso dell’adesione del destinatario, la conclusione di un valido contratto – occorre che la dichiarazione del proponente sia completa, nel senso di contenere tutti gli elementi del futuro contratto, e che, inoltre, non sia accompagnata da riserve sul suo carattere attualmente impegnativo, perché la dichiarazione che non manifesti una decisione, ma sia rivolta al destinatario solo per impostare una trattativa o per esprimere una disponibilità dell’autore senza la volontà di esporsi al vincolo contrattuale se non dopo ulteriori passaggi valutativi, non conferisce al destinatario stesso il potere di determinare, con l’accettazione, l’effetto conclusivo del contratto. Cass. civ., sez. , II 7 luglio 2009, n. 15964

Ai fini della configurabilità di un definitivo vincolo contrattuale, è necessario che tra le parti sia raggiunta l’intesa su tutti gli elementi dell’accordo, non potendosene ravvisare pertanto la sussistenza là dove, raggiunta l’intesa solamente su quelli essenziali ed ancorché riportati in apposito documento, risulti rimessa ad un tempo successivo la determinazione degli elementi accessori. Pertanto, anche in presenza del completo ordinamento di un determinato assetto negoziale, può risultare integrato un atto meramente preparatorio di un futuro contratto, come tale non vincolante tra le parti, in difetto dell’attuale effettiva volontà delle medesime di considerare concluso il contratto, il cui accertamento, nel rispetto dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e segg. c.c., è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in cassazione ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici. Cass. civ. sez. I 20 giugno 2006, n. 14267

In tema di conclusione del contratto, qualora, con la proposta formulata in un documento, la parte, indicando gli elementi essenziali del negozio, abbia manifestato la volontà di concludere il contratto alle condizioni ivi stabilite, la sottoscrizione del documento apposta dalla controparte senza alcuna modifica o integrazione, essendo espressione della volontà di aderire alla proposta, vale come accettazione. Cass. civ. sez. II 19 aprile 2006, n. 9039

Allorché una parte rivolga all’altra un’offerta precisa e particolareggiata di conclusione di un determinato contratto, completa di tutti gli elementi essenziali, deve ravvisarsi una vera e propria proposta contrattuale e non una semplice dichiarazione generica di disponibilità, cosicché l’altra parte può esprimere la sua accettazione con il semplice consenso senza bisogno di ulteriori trattative. Cass. civ. sez. lav. 24 maggio 2001, n. 7094

Per osservare il principio della cognizione, stabilito dal legislatore per il perfezionamento del contratto (art. 1326 c.c.), è sufficiente che il proponente conosca l’accettazione dell’altra parte in qualsiasi modo, anche mediante esibizione, e non consegna (art. 1335 c.c.), del documento che la contiene, circostanza che può esser testimonialmente provata indipendentemente dalla forma prescritta per la validità del contratto (art. 1350 c.c.). Cass. civ. sez. II 1 settembre 1997, n. 8328

In tema di conclusione del contratto, dalla formulazione dell’art. 1326 codice civile si desume che la valutazione dell’interesse a determinare il momento in cui uscire dall’incertezza circa la conclusione del contratto spetta, in primo luogo, allo stesso proponente, al quale è attribuito il potere di fissare il termine, alla cui scadenza egli non ha più interesse alla conclusione di quel contratto; solo in mancanza di tale indicazione si fa ricorso ai criteri oggettivi che non tengono conto dei comportamenti delle parti. Ne consegue che, anche nel caso in cui la proposta contrattuale contenente l’indicazione del termine entro il quale l’accettazione deve pervenire al proponente sia portata a conoscenza dell’oblato nel momento stesso in cui il termine concesso va a scadere, ai fini del giudizio circa l’eventuale conclusione del contratto rileva soltanto il fatto oggettivo della tempestività o tardività dell’accettazione rispetto al termine fissato dal proponente, e non può il giudice sostituirsi alle parti per affermare l’avvenuto perfezionamento del contratto. Fermo restando che la volontaria fissazione di un termine impossibile (che di per se stesso vale a denotare l’assenza di volontà del proponente a concludere il contratto) o di un termine che non può essere rispettato per fatto imputabile a colpa del proponente medesimo costituisce comportamento contrario alla regola di buona fede e correttezza, valutabile ai fini della responsabilità precontrattuale di cui all’art. 1337 codice civile. Cass. civ. sez. I 10 maggio 1996, n. 4421

Nei contratti per i quali sia prescritta la forma scritta, a pena di nullità, l’accettazione non deve essere necessariamente manifestata in modo esplicito, ma è sufficiente che la volontà di accettare la proposta sia desumibile, per implicito, da una dichiarazione redatta per iscritto, diretta alla controparte da colui cui la proposta è indirizzata. Cass. civ. sez. I 10 maggio 1996, n. 4400

La proposta contrattuale di una parte, comunicata alla controparte e da quest’ultima sottoscritta con l’espressa specificazione per ricevuta, non può considerarsi come accettata, atteso che la mera sottoscrizione per ricevuta, secondo il significato proprio di questa espressione, attiene solo all’avvenuta ricezione dell’atto, ma non comporta anche la manifestazione di volontà di accettazione della proposta stessa, ancorché nel testo di quest’ultima la firma per ricevuta sia definita come avente valore di accettazione, restando tale clausola del pari improduttiva di effetti nei confronti del detto sottoscrittore in mancanza di accettazione della stessa proposta che la contenga. Cass. civ. sez. lav. 4 settembre 1990, n. 9130 

L’obiettiva difformità fra proposta ed accettazione in ordine ad un elemento essenziale di una compravendita, quale il prezzo della cosa venduta, comporta che il contratto non possa considerarsi venuto a giuridica esistenza, senza che in detta ipotesi sia configurabile un contratto annullabile per errore sulla portata della propria dichiarazione o sull’interpretazione della dichiarazione altrui, in quanto questo presuppone che la proposta e l’accettazione siano convergenti obiettivamente sull’identico dato, peraltro divergente solo nella rappresentazione soggettiva. Cass. civ. sez. II 27 giugno 1985, n. 3854

In  tema  di  dismissione  del  patrimonio  immobiliare  da  parte  degli  enti  pubblici, la denuntiatio praelationis che il locatore effettua, ai sensi dell’art. 3, comma 109, della legge 662 del 1996, non integra una proposta contrattuale ma un atto dovuto di interpello e la dichiarazione del conduttore di esercizio del diritto di prelazione non costituisce accettazione della proposta e non comporta l’immediato acquisto dell’immobile ma determina solo l’insorgenza dell’obbligo, a carico di entrambe le parti, di pervenire alla conclusione del contratto, con possibilità di tutela ex art. 2932 c.c. . Cass. civ. sez. III 16 aprile 2008, n. 9972 

Per l’esistenza del contratto con la P.A. è essenziale che la manifestazione della volontà dell’ente, in forma scritta, emani dall’organo autorizzato a rappresentarlo, sì che la conclusione del contratto non può desumersi da atti provenienti da organi preposti ad altri servizi, ma aventi contenuto e finalità diversi, o da fatti concludenti. Ne consegue che in mancanza del contratto, che è il fatto costitutivo del rapporto giuridico, l’azione contrattuale non esiste e quindi la P. A. può esperire l’azione di indebito arricchimento senza che sia necessario accertare in via principale l’inesistenza del fatto costitutivo, potendo tale questione pregiudiziale esser accertata incidenter tantum dal giudice adito con detta azione. Cass. civ. sez. III 22 giugno 2005, n. 13385

I requisiti di validità dei contratti posti in essere dalla P.A. anche iure privatorum attengono essenzialmente alla manifestazione della volontà ed alla forma: la prima deve provenire dall’organo al quale è attribuita la legale rappresentanza (previe eventuali delibere di altri organi), mentre la forma deve essere a pena di nullità, scritta, al fine precipuo di consentire i controlli cui l’azione amministrativa è sempre soggetta. Pertanto, ove fa difetto sia una manifestazione della volontà dell’ente pubblico, proveniente dall’organo al quale dalla legge è attribuita la legale rappresentanza dell’ente stesso, previe le eventuali delibere di altri organi, nonché la forma scritta ad substantiam, non si è in presenza di un contratto, ancorché invalidamente concluso, ma ad un comportamento di fatto privo di rilievi di sorta sul piano giuridico mancando in radice quell’accordo tra le parti, presupposto dall’art. 1321 c.c. anche per il costituirsi di un contratto invalido e non opponibile ai terzi. Cass. civ. sez. III 24 novembre 2000, n. 15197

Anche nell’impiego pubblico – così come nel lavoro privato – il bando di concorso per l’assunzione del personale o per la progressione in carriera dei dipendenti già in servizio viene a configurarsi come una proposta di contratto che, ai sensi dell’art. 1326, comma primo, c.c., diviene irrevocabile – consentendo l’incontro delle volontà e, quindi, la conclusione del contratto – nel momento in cui la P.A. proponente viene a conoscenza dell’accettazione della controparte che si realizza con il conseguimento di un risultato positivo in seguito all’espletamento delle prescritte prove. Da tale momento perfezionativo risulta applicabile, nei confronti della parte inadempiente, la disciplina propria della responsabilità contrattuale, con il relativo regime probatorio. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 30 ottobre 2000, n. 14318

La mera deliberazione di concludere un contratto assunta dalla P.A. attraverso il proprio organo deliberante costituisce atto interno revocabile ad nutum (inidoneo, pertanto, a dar luogo all’incontro dei consensi delle parti) qualora ad essa non faccia seguito una manifestazione di volontà negoziale ad opera dell’organo rappresentativo dell’ente. Cass. civ. sez. II 24 gennaio 2000, n. 741

La volontà di obbligarsi da parte della P.A. (nella specie, un comune) non può implicitamente desumersi da atti o fatti concludenti, dovendo, per converso, manifestarsi nelle forme prescritte dalla legge, tra cui l’atto scritto ad substantiam (nella specie, a firma del Sindaco), rispondendo tale requisito all’esigenza di identificare con precisione il contenuto negoziale dell’atto, onde consentire, tra l’altro, l’esercizio dei necessari controlli previsti ex lege. Cass. civ. sez. I 11 settembre 1999, n. 9682.

La deliberazione assunta dall’organo deliberante di un ente pubblico di stipulare un contratto non ha effetti nei riguardi dei terzi in quanto semplicemente preparatoria del futuro contratto, che dovrà essere stipulato dall’organo rappresentativo, mediante sottoscrizione, unitamente alle controparti, del relativo atto scritto salvi gli eventuali controlli o approvazioni (pur non potendosi escludere la configurabilità in casi specifici di responsabilità precontrattuale dell’ente pubblico, in relazione a comportamenti idonei ad ingenerare un ragionevole affidamento nel privato interessato). Cass. civ. sez. lav. 2 novembre 1998, n. 10956

Per il perfezionamento dei contratti stipulati dalle amministrazioni comunali è necessaria una manifestazione documentale della volontà negoziale da parte del sindaco, organo rappresentativo abilitato a concludere, in nome e per conto dell’ente territoriale, negozi giuridici, mentre devono ritenersi, all’uopo, inidonee le deliberazioni adottate dalla giunta o dal consiglio municipale, attesane la caratteristica di atti interni, di natura meramente preparatoria della successiva manifestazione esterna di volontà negoziale. Ne consegue che un contratto non potrà dirsi legittimamente perfezionato ove la volontà di addivenire alla sua stipula non sia, nei confronti della controparte, esternata, in nome e per conto dell’ente pubblico, da quell’unico organo autorizzato a rappresentarlo. Cass. civ. sez. I 24 giugno 1997, n. 5642

L’approvazione dei contratti di diritto privato ad evidenza pubblica stipulati dalla pubblica amministrazione con i privati (nella specie, compravendita a trattativa privata di generi alimentari tra Ministero della difesa ed un’impresa produttrice) costituisce una condicio iuris sospensiva dell’efficacia del negozio che non si inserisce nel processo formativo del negozio, che è già perfetto nei suoi elementi costitutivi. Cass. civ. sez. I, 14 ottobre 1995, n. 10751

Nei contratti conclusi per telefono, luogo della conclusione è quello in cui l’accettazione giunge a conoscenza del proponente ed in cui questi, attraverso il filo telefonico, ha immediata e diretta conoscenza dell’accettazione. Ne deriva che deve considerarsi concluso in Italia il contratto di compravendita di merci tra un’impresa italiana ed una avente sede in Austria, qualora risulti che quest’ultima abbia accettato a mezzo del telefono la proposta formulata dalla prima, con conseguente sussistenza della giurisdizione del giudice italiano, a norma dell’art. 4, n. 2, c.p.c., in ordine alla domanda di risoluzione per inadempimento dell’indicato contratto. Cass. civ. Sezioni Unite 14 luglio 1994, n. 6581

Nei contratti che devono farsi per iscritto a pena di nullità, la conclusione tra persone lontane si ha quando alla proposta in forma scritta segua l’accettazione pur essa in forma scritta e questa pervenga a conoscenza del proponente prima dell’eventuale revoca della proposta. Cass. civ. sez. II 5 dicembre 1989, n. 5370

Con riguardo a controversia di lavoro, luogo in cui è sorto il rapporto di lavoro, ai fini dell’individuazione del giudice competente per territorio ai sensi dell’art. 413 c.p.c., va considerato non quello in cui il lavoratore riceve la lettera di nomina dell’ente, datore di lavoro (nella specie, Banco di Napoli), sottoscrivendola per accettazione, ma quello della sede centrale dello stesso ente, nella quale si trova il competente ufficio od organo che riceve detta accettazione. Cass. civ. sez. lav. 18 maggio 1989, n. 2370

Un accordo telefonico od uno scambio di lettere non può segnare il perfezionamento del contratto (nella specie, ai fini della giurisdizione rispetto allo straniero, secondo il criterio di collegamento di cui all’art. 4, n. 2, c.p.c.), qualora fra le parti sia intervenuta successiva corrispondenza, con una nuova proposta ed una nuova accettazione, si da evidenziare il loro intento di assegnare ai precedenti contatti il valore di mere trattative preliminari. Cass. civ. Sezioni Unite 15 marzo 1989, n. 1283

Nel caso in cui le trattative procedano attraverso uno scambio di corrispondenza, per stabilire quando il contratto è concluso deve aversi riguardo all’ultima proposta ed all’ultima accettazione, e ben può identificarsi l’ultima proposta in un documento riepilogativo sottoscritto da una parte, e l’ultima accettazione nella firma appostavi in calce dalla controparte. Cass. civ. Sezioni Unite 25 maggio 1976, n. 1877

In tema di conclusione del contratto, la norma di cui al quarto comma dell’art. 1326 c.c. – secondo cui, quando nella proposta viene richiesta una forma determinata per l’accettazione, questa non ha effetto se prestata in forma diversa – è posta nell’esclusivo interesse del proponente, per le esigenze di certezza e di agevolazione della prova di cui lo stesso ha necessità o da cui trae utilità. Ne consegue che il medesimo proponente può rinunciare al rispetto di detta forma, ritenendo sufficiente un’adesione manifestata in modo diverso, con l’ulteriore conseguenza che il difetto di forma non può essere invocato dalla controparte per contestare il perfezionamento del contratto. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto tacitamente e validamente concluso un contratto, alle condizioni del proponente, mediante l’esecuzione della prestazione rappresentata dall’invio della merce richiesta). Cass. civ., sez. , II 24 maggio 2018, n. 13033

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