Le norme in tema di interpretazione dei contratti di cui agli artt. 1362 e seguenti c.c., in ragione del rinvio ad esse operato dall’art. 1324 c.c., si applicano anche ai negozi unilaterali, nei limiti della compatibilità con la particolare natura e struttura di tali negozi, sicché, mentre non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti ma solo all’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, resta fermo il criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto. Cass. civ., sez. , I 6 maggio 2015, n. 9127
Nell’interpretazione dei negozi unilaterali tra vivi, non essendo utilizzabile il criterio della comune volontà delle parti né quello del loro comportamento complessivo, i criteri ermeneutici principali sono quelli del senso letterale delle parole, e dell’interpretazione complessiva delle clausole le une per mezzo delle altre. Inoltre, nel conflitto tra la manifestazione di volontà desumibile da clausole aggiunte e quella desumibile “per relationem” dalle clausole a stampa, deve darsi prevalenza alle prime, dovendosi presumere che il sottoscrittore abbia inteso privilegiare le clausole formulate appositamente e specificamente, piuttosto che quelle preordinate unilateralmente. Cass. civ. sez. II 29 gennaio 2009, n. 2399
La norma dettata dall’art. 1345 c.c. che, derogando al principio secondo il quale i motivi dell’atto di autonomia privata sono di regola irrilevanti, eccezionalmente qualifica illecito il contratto determinato da un motivo illecito comune alle parti, in virtù del disposto di cui all’art. 1324 c.c., trova applicazione anche rispetto agli atti unilaterali, laddove essi siano finalizzati esclusivamente al perseguimento di scopi riprovevoli ed antisociali, rinvenendosi l’illiceità del motivo, al pari della illiceità della causa, a mente dell’art. 1343 c.c., nella contrarietà dello stesso a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Ne consegue che, sussistendone le condizioni di fatto, deve qualificarsi affetto da motivo illecito e quindi nullo, ai sensi dell’art. 1418, secondo comma, c.c., l’atto di recesso da un rapporto di agenzia che, diretto nei confronti di un agente costituito in forma di società di persone, risulti ispirato dalla sola finalità di rappresaglia e di ritorsione nei confronti del comportamento sindacale tenuto dai soci di quest’ultima, dovendosi ritenere un siffatto motivo contrario alle norme imperative poste a tutela delle libertà sindacali dei lavoratori, norme che, in ragione del valore e della tutela che lo stesso dettato costituzionale assegna al «lavoro», nella sua accezione più ampia, appaiono estensibili, al di fuori dei rapporti di lavoro subordinato, a tutti coloro che svolgono attività lavorativa, anche se in forma parasubordinata o autonoma. Cass. civ. sez. II 19 ottobre 2005, n. 20197
In tema di interpretazione degli atti negoziali, deve ritenersi che una serie di dichiarazioni unilaterali aventi tanto natura confessoria, quanto di riconoscimento di debito, postulino, sul piano interpretativo, una ricostruzione dell’«intenzione delle parti» (rilevante sotto il profilo di cui all’art. 1362 c.c.) afferente, in via esclusiva, alla volontà espressa dal dichiarante, e non certamente a quella – peraltro, del tutto ipotetica – del destinatario di quelle dichiarazioni, con conseguente irrilevanza della circostanza che, in un primo momento – prima, cioè, dell’accertamento del reale contenuto delle dichiarazioni – il destinatario stesso abbia avuto un’inesatta conoscenza di queste. Cass. civ. sez. III 1 agosto 2002, n. 11433
In virtù del richiamo operato dall’art. 1324 c.c., la causa illecita e il motivo illecito rilevano ai fini della nullità anche agli atti unilaterali; il relativo accertamento è rimesso al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se non per vizi di motivazione. (Nella specie, la sentenza impugnata aveva ravvisato un intento fraudolento nel trasferimento di un lavoratore da un cantiere ancora aperto ad altro prossimo alla chiusura per fine lavori, al fine di far apparire giustificato il successivo licenziamento, e, ritenuto nullo detto trasferimento, aveva dichiarato l’illegittimità dell’impugnato licenziamento; la S.C. ha confermato tale sentenza). Cass. civ. sez. lav. 29 luglio 2002, n. 11191
Riguardo agli atti giuridici non negoziali e alle dichiarazioni unilaterali di volontà non è applicabile, data la loro natura, il criterio interpretativo della comune intenzione delle parti, né è rilevante il comportamento dell’autore di essi, rimanendo invece applicabile, in base al rinvio operato dall’art. 1324 c.c., il criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto, stabilito dall’art. 1363. (Fattispecie relativa all’interpretazione e alla qualificazione giuridica dell’avviso di selezione per l’assunzione di personale da parte di un’azienda municipalizzata). Cass. civ. sez. lav. 27 settembre 2000, n. 12780
Le norme sull’interpretazione dei contratti sono applicabili ex art. 1324 c.c., in quanto compatibili, anche agli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale quando si tratti di dichiarazioni di volontà consapevolmente indirizzate alla produzione di determinati effetti giuridici di natura patrimoniale ad esse collegati dall’ordinamento, mentre la loro applicazione è da escludere nei riguardi di atti che, essendosi formati nel processo a fini istruttori od essendo destinati a svolgervi funzioni di prova, sono soggetti alla valutazione ed al prudente apprezzamento del giudice nell’esercizio della discrezionalità a lui demandata dall’art. 116 c.p.c. e nel rispetto dell’obbligo di enunciare, a sostegno del suo libero convincimento, una motivazione congrua, sufficiente e conforme ai criteri logici. Cass. civ. sez. lav. 24 giugno 1995, n. 7178
Alla proposta ed all’accettazione (li si consideri atti giuridici non negoziali o dichiarazioni unilaterali di volontà) non è comunque applicabile, attesa la loro natura di atti unilaterali, il criterio ermeneutico della comune intenzione e del comportamento complessivo delle parti, escludendosi altresì la rilevanza del comportamento dell’autore dell’una o dell’altra e rimanendo, invece, applicabile, alla stregua del rinvio operato dall’art. 1324 c.c., il criterio dell’interpretazione complessiva dell’atto, stabilito dall’art. 1363 dello stesso codice. Cass. civ. sez. lav. 11 gennaio 1990, n. 41
Le norme sulla interpretazione dei contratti si applicano anche ai negozi unilaterali nei limiti della compatibilità dei criteri stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c. con la particolare natura e struttura della predetta categoria di negozi. Pertanto, nei negozi unilaterali non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti, che non esiste, ma si deve indagare soltanto quale sia stato l’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio senza far ricorso, per determinarlo, alla valutazione del comportamento dei destinatari del negozio stesso. Cass. civ. sez. lav. 25 febbraio 1988, n. 2009
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