In tema di adempimento di obbligazioni pecuniarie determinate in valuta estera, l’art. 1278 c.c., nel limitarsi ad attribuire al debitore la facoltà alternativa di pagare in moneta avente corso legale, non indica anche le specifiche modalità secondo cui tale facoltà abbia ad essere esercitata, restando, per l’effetto, rimessa al debitore ogni determinazione circa i tempi e le forme della relativa scelta, con la conseguenza che, svincolata da ogni rapporto di contestualità con l’effettivo pagamento, quest’ultima ben può manifestarsi per facta concludentia, posti in essere in qualunque tempo dall’obbligato prima del concreto adempimento, purché risulti inequivoca, secondo il prudente apprezzamento del giudice di merito, la volontà di pagare in moneta nazionale anziché estera. Deve, pertanto, ritenersi espressione legittima della ricordata facoltà di scelta l’offerta (non formale), in corso di causa, da parte del debitore, di una somma di denaro in moneta nazionale – sempreché non ostino alla inequivocità di tale manifestazione di volontà altri elementi che ne contrastino la apparente significazione – così che il giudice di merito, vincolato a detta scelta, dovrà, in sede di emanazione della sentenza, disporre necessariamente il pagamento in valuta nazionale, senza che possa spiegare influenza, sul contenuto della pronuncia, la richiesta – formulata dall’attore in citazione e non modificata per tutto il corso del procedimento – di pagamento in valuta estera, così come originariamente convenuto tra le parti. Cass. civ. sez. II 22 gennaio 1998, n. 555
Nelle obbligazioni risarcitorie, l’equivalente pecuniario del danno è espressione di un dato meramente numerico, non suscettibile di oscillazioni per effetto delle alterne vicende dei cambi tra valuta nazionale e valute estere nel corso della mora (e del processo), proprio perché rappresentativo, per definizione, di un valore insensibile ad ogni successiva variazione in quanto rapportabile ad una diminuzione patrimoniale «istantanea» (verificatasi, cioè, in coincidenza con il momento della produzione del danno). Se, pertanto, l’acquisto di una partita di merci, poi perdute dal depositario, sia stato compiuto, dal depositante, in moneta straniera, il corrispondente risarcimento in divisa nazionale risulterà necessariamente vincolato, per l’indicata esigenza di certezza, al cambio del giorno di produzione dell’evento dannoso (e, cioè, della perdita della res), salvo adeguamento (atteso il principio dell’obbligo dell’integrale ripristino della originaria condizione patrimoniale del danneggiato) della corrispondente somma, espressa in moneta italiana, alla svalutazione della moneta nazionale (che, come è noto, non ne incrementa il valore reale, ma lo commisura soltanto al variato potere di acquisto) eventualmente sopravvenuta fino al momento della decisione. Cass. civ. sez. III 9 ottobre 1997, n. 9810
La disposizione dell’art. 1278 c.c., il quale dà facoltà al debitore di un’obbligazione pecuniaria in valuta estera di effettuare il pagamento in moneta legale al corso del cambio al momento della scadenza, è applicabile anche a forme diverse di estinzione del debito, come la compensazione ex artt. 1241 e ss. c.c., considerando rilevante a tali effetti il corso del cambio al momento in cui i debiti sono venuti a coesistenza (art. 1242 c.c.), sempreché non risulti una contraria volontà delle parti. Cass. civ. sez. II 26 aprile 1991, n. 4562
Il debitore di somma determinata in valuta estera, se inadempiente, nel caso di sopravvenuta svalutazione della moneta italiana rispetto a quella straniera, deve la differenza tra il cambio della data della scadenza e quello della data del pagamento poiché, diversamente, trarrebbe ingiusta locupletazione dalla sua mora ove pagasse in moneta legale al corso del cambio del giorno della scadenza, secondo la facoltà accordatagli dall’art. 1278 c.c. Cass. civ. sez. III 16 marzo 1987, n. 2691
Allorquando venga dedotta in contratto, come modalità e mezzo di pagamento del corrispettivo di un appalto, una moneta non avente corso legale nello Stato ed essa non sia indicata con la clausola «effettiva» o altra equipollente, né risulti che le parti abbiano avuto riguardo ad una specie monetaria avente valore intrinseco, la norma da applicare alla fattispecie è quella di cui all’art. 1278 c.c., secondo la quale il debitore ha facoltà di pagare in moneta legale al corso del cambio nel giorno della scadenza e nel luogo stabilito per il pagamento, con conseguente impossibilità per il creditore di ottenere la rivalutazione del credito per la differenza tra il cambio all’epoca della stipulazione e quello all’epoca della soluzione. Cass. civ. sez. II 22 novembre 1986, n. 6887
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