Art. 1219 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Costituzione in mora

Articolo 1219 - codice civile

Il debitore (1218) è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (1183, 1308, 2943).
Non è necessaria la costituzione in mora:
1) quando il debito deriva da fatto illecito (2043 ss.);
2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione (1460);
3) quando è scaduto il termine (1183 ss.), se la prestazione deve essere eseguita al domicilio (43) del creditore (1182). Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall’intimazione o dalla richiesta (1334, 1335).

Articolo 1219 - Codice Civile

Il debitore (1218) è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto (1183, 1308, 2943).
Non è necessaria la costituzione in mora:
1) quando il debito deriva da fatto illecito (2043 ss.);
2) quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non volere eseguire l’obbligazione (1460);
3) quando è scaduto il termine (1183 ss.), se la prestazione deve essere eseguita al domicilio (43) del creditore (1182). Se il termine scade dopo la morte del debitore, gli eredi non sono costituiti in mora che mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, e decorsi otto giorni dall’intimazione o dalla richiesta (1334, 1335).

Massime

La liquidità del debito non è condizione necessaria della costituzione in mora, nel nostro ordinamento non valendo il principio “in illiquidis non t mora”. Fine consegue che sussiste la mora del debitore, quando la mancata o ritardata liquidazione derivi dalla condotta ingiustificatamente dilatoria del debitore e, in genere, dal suo fatto doloso o colposo, quale l’illegittimo comportamento processuale per aver egli, a torto, contestato in radice la propria obbligazione. In tal caso, quindi, legittimamente la sentenza che liquida il debito fa decorrere gli interessi moratori dalla data della “interpellatio”. Cass. civ. sez. II, 30 aprile 2014, n. 9510

L’impugnabilità e l’avvenuta impugnazione di una pronunzia esecutiva di condanna al pagamento di una somma di denaro non esimono il debitore, anche pubblico, dall’ottemperarvi, in quanto una tale pronuncia, pur non ancora consolidata nel giudicato, presuppone comunque la liquidità del credito, ossia la sua esistenza e la determinazione del suo ammontare, e l’esigibilità del medesimo, che consegue all’accoglimento della domanda giudiziale. Ciò appunto autorizza il creditore – oltre a pretendere gli interessi corrispettivi dalla data stessa del deposito della sentenza esecutiva o, nel caso di lodo pronunciato in arbitrato rituale, dalla data della dichiarazione pretorile di esecutività – a mettere, ove lo ritenga, anche in mora il debitore, agli effetti di cui all’art. 1224 c.c. Ad un tal riguardo va precisato che i maggiori danni maturati dopo la pronuncia degli arbitri – conseguendo ad un fatto diverso da quello considerato dal lodo stesso ai fini della condanna alla somma capitale (dei relativi interessi e del danno anteriore alla pronuncia) – ben possono essere chiesti dal creditore in separato giudizio. Cass. civ. sez. I, 16 marzo 2000, n. 3032

La costituzione in mora per esplicare i suoi effetti presuppone che il debito sia scaduto; conseguentemente, non costituisce atto valido alla messa in mora della P.A. l’atto di citazione con cui si richieda il pagamento di interessi moratori in relazione a indennità di requisizione ancora da scadere. Cass. civ. sez. I, 15 febbraio 2000, n. 1692

Presupposto indispensabile per la legittima costituzione in mora del debitore è che il debito pecuniario del quale si invochi l’adempimento risulti, oltre che già quantificato, anche fornito di una scadenza certa conosciuta o conoscibile dall’obbligato. Cass. civ. sez. I, 4 febbraio 1998, n. 1124

Sebbene la mora non presupponga necessariamente la liquidità del credito – non essendo stato accolto nel nostro ordinamento il principio secondo cui in illiquidis non t mora – è necessario, affinché sia configurabile colpevole ritardo nel pagamento del debito, che sussista la certezza del suo ammontare, o perché determinato dalle parti o perché facilmente determinabile in base a criteri convenzionalmente o normativamente previsti. Fine consegue che, quando la determinazione del contenuto di un’obbligazione pecuniaria sia rimessa al giudice (fattispecie in tema di appalto), la costituzione in mora può aversi, di regola, solo con la domanda giudiziale, con l’atto cioè che rende attuale l’esercizio di quel potere da parte del medesimo giudice. Cass. civ. sez. II, 17 aprile 1993, n. 4561

La costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’interruzione della prescrizione, postula l’estrinsecazione della pretesa creditoria, con richiesta d’adempimento, e, pertanto, non può essere ravvisata in una generica riserva di far valere il diritto o di agire a sua tutela in un momento successivo. Cass. civ. sez. I, 21 maggio 1985, n. 3096

L’atto di costituzione in mora non richiede l’uso di formule solenni, né l’osservanza di particolari adempimenti, sicché l’invio di una fattura commerciale – sebbene, di per sé, insufficiente ai fini ed agli affetti di cui all’art. 1219, comma 1, c.c. – può risultare idoneo a tale scopo allorché l’emissione del documento di natura scale sia intervenuta in relazione all’esecuzione di un contratto che preveda pagamenti ripetuti a scadenze predeterminate e purché lo stesso risulti corredato dall’indicazione di un termine per il pagamento e dall’avviso che, se lo stesso non interverrà prima della scadenza, il debitore dovrà ritenersi costituito in mora. Cass. civ. sez. III, 5 aprile 2016, n. 6549

In tema di atti interruttivi della prescrizione, l’atto di costituzione in mora non è soggetto all’adozione di formule sacramentali e quindi non richiede la quantificazione del credito (che potrebbe essere non determinato, ma solo determinabile), avendo l’esclusivo scopo di portare a conoscenza del debitore la volontà del creditore di ottenere il soddisfacimento delle proprie pretese; e il relativo accertamento costituisce indagine di fatto, riservata all’apprezzamento del giudice del merito e non sindacabile in sede di legittimità ove immune da errori giuridici e/o vizi logici. Cass. civ. sez. III, 15 marzo 2006, n. 5681

Nell’interpretazione degli atti unilaterali, qual è la lettera per la messa in mora, il canone ermeneutico di cui all’art. 1362, primo comma, c.c. impone di accertare esclusivamente l’intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio. È invece esclusa, provenendo l’atto da un solo soggetto, la possibilità di applicare il canone interpretativo previsto per i contratti dal secondo comma di detto articolo, che fa riferimento alla comune intenzione dei contraenti, imponendo di valutare il comportamento complessivo delle arti anche posteriore alla conclusione del contratto. Cass. civ. sez. III, 30 giugno 2005, n. 13970

Ai fini di una efficace costituzione in mora per conto del rappresentato, è sufficiente che il mandatario sia investito, anche senza formalità, di un generico potere di rappresentanza, dimostrabile con ogni mezzo di prova, comprese le presunzioni. Cass. civ. sez. lav. 16 dicembre 2002, n. 17997

In tema di interpretazione di un atto di costituzione in mora, la sua natura di atto giuridico in senso stretto (nonché recettizio) non consente l’applicabilità diretta ed immediata dei principi sui vizi del volere e della capacità dettati in tema di atti negoziali, ma legittima, purtuttavia, il ricorso, in via analogica, alle regole di ermeneutica, in quanto compatibili, degli atti negoziali stessi (per essere questi ultimi, comunque manifestazioni di volontà i cui effetti sono direttamente determinati dalla norma che li disciplina), con la conseguenza che anche l’attività interpretativa dell’atto di costituzione in mora si traduce in una indagine di fatto istituzionalmente affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità nei soli casi di inadeguatezza della motivazione – tale, cioè, da non consentire la ricostruzione dell’iter logico seguito da detto giudice per giungere all’attribuzione di un certo contenuto (e di una certa significazione) all’atto in esame – ovvero di inosservanza delle norme ermeneutiche compatibili con gli atti giuridici in senso stretto. Cass. civ. sez. II, 22 febbraio 2001, n. 2000

L’atto di costituzione in mora di cui all’art. 1219 c.c. idoneo ad integrare atto interruttivo della prescrizione ai sensi dell’art. 2943, ultimo comma, c.c. non è soggetto a rigore di forme, all’infuori della scrittura, e quindi non richiede l’uso di formule solenni né l’osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto. L’accertamento compiuto al riguardo dal giudice del merito costituisce indagine di fatto ed è, perciò incensurabile in sede di legittimità, se immune da vizi logici. Cass. civ. sez. lav. 19 marzo 1994, n. 2628

L’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’interruzione della prescrizione, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale, si presume giunto a destinazione – sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento – e spetta al destinatario l’onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente. Cass. civ. sez. VI, 24 giugno 2013, n. 15762

L’atto di costituzione in mora del debitore, per produrre i suoi effetti e, in particolare, l’effetto interruttivo della prescrizione, deve essere diretto al suo legittimo destinatario, ma non è soggetto a particolari modalità di trasmissione, nè alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziari. Pertanto, nel caso in cui detta intimazione sia inoltrata con raccomandata a mezzo del servizio postale, la sua ricezione da parte del destinatario può essere provata anche sulla base della presunzione di recepimento fondata sull’arrivo della raccomandata all’indirizzo del destinatario, che dovrà, dal suo canto, provare di non averne avuta conoscenza senza sua colpa. (Omissis). Cass. civ. sez. III, 27 aprile 2010, n. 10058

L’atto stragiudiziale di costituzione in mora del debitore, anche al fine dell’interruzione della prescrizione, inviato al debitore con raccomandata a mezzo del servizio postale si presume giunto a destinazione – sulla base dell’attestazione della spedizione da parte dell’ufficio postale, pur in mancanza dell’avviso di ricevimento –, sicché solo a seguito di contestazione del destinatario sorge l’onere, per il mittente di provare il ricevimento, né è censurabile il provvedimento del giudice di appello che consenta alla parte di produrre la ricevuta di ritorno di una raccomandata già ritualmente prodotta con gli atti introduttivi del giudizio. Cass. civ. sez. lav. 11 maggio 2006, n. 10849

Per l’atto di messa in mora, che è un atto stragiudiziale, non è richiesto, all’infuori della scrittura, alcun rigore di forme e, in particolare, ai fini della interruzione della prescrizione, non sono previste modalità particolari di trasmissione, essendo solo sufficiente che l’atto, contenente l’intimazione di pagamento, pervenga nella sfera di conoscenza del debitore. Cass. civ. sez. lav. 18 agosto 2003, n. 12078

Nel caso in cui l’intimazione di pagamento idonea a realizzare la costituzione in mora  – non soggetta a particolari modalità di trasmissione, né alla normativa sulla notificazione degli atti giudiziali – venga inoltrata con raccomandata a mezzo del servizio postale, l’attestazione della sua spedizione con il rilascio di apposita ricevuta da parte dell’ufficio postale è idonea a sorreggere la presunzione del suo arrivo a destinazione, anche in mancanza di avviso di ricevimento, in considerazione dei particolari doveri che la spedizione di una raccomandata impone all’ufficio postale in ordine al suo inoltro e alla consegna al destinatario. Trattasi peraltro di una presunzione semplice di ricezione, che può essere vinta da elementi contrari offerti dalla controparte, la quale può fornire la prova di non aver avuto notizia dell’intimazione senza sua colpa, ovvero che il plico raccomandato non conteneva alcuna lettera al suo interno o che non conteneva alcuna intimazione di pagamento. Cass. civ. sez. III, 9 settembre 1996, n. 8180

Al fine della costituzione in mora del debitore, mediante intimazione o richiesta scritta effettuata stragiudizialmente, qualora il creditore, come gli è consentito, ricorra alla notificazione del relativo atto a mezzo di ufficiale giudiziario, la notificazione medesima resta soggetta alle ordinarie regole fissate dal codice di rito. Pertanto, ove si tratti di notificazione a società munita di personalità giuridica, che venga invalidamente eseguita, a mani di persona diversa dal legale rappresentante, in un ufficio della destinataria che non sia qualificabile come sede, né legale, né effettiva, l’atto stesso deve ritenersi inidoneo al fine indicato, se il creditore non deduca e dimostri che è pervenuto ugualmente a conoscenza di detta destinataria. Cass. civ. sez. II, 19 febbraio 1986, n. 1019

In ambito tributario, in caso di ritardato rimborso d’imposta, la mora dell’Amministrazione finanziaria, da cui può decorrere, ove fine ricorrano i presupposti, il diritto del contribuente al maggior danno ex art. 1224, comma 2, c.c. si realizza, ex art. 1219, comma 1, c.c. in conseguenza, da un lato, della richiesta di rimborso presentata nella dichiarazione e, dall’altro, della scadenza del termine di novanta giorni concesso all’Amministrazione per procedere alla liquidazione, non essendo condizione imprescindibile la sua liquidità, sicché è irrilevante che il credito sia o possa essere contestato. Cass. civ. sez. V, 9 agosto 2016, n. 16797

Con riguardo ai debiti pecuniari della P.A. la costituzione in mora è un elemento costitutivo della pretesa avente ad oggetto gli interessi e l’eventuale maggior danno da svalutazione monetaria, con la conseguenza che grava sul creditore l’onere di dimostrare la ricezione della intimazione scritta di pagamento da parte del debitore, anche in mancanza di specifiche eccezioni o allegazioni di quest’ultimo. Cass. civ. sez. I, 18 settembre 2013, n. 21340

Con riguardo ai debiti della P.A. poichè le norme generali sulla contabilità pubblica e in particolare le norme speciali di cui all’art. 68 della legge della Regione Puglia n. 17 del 1977 stabiliscono, in deroga al principio sancito dall’art. 1182, terzo comma, c.p.c. che i pagamenti si effettuano presso gli uffici di tesoreria dell’amministrazione debitrice sulla base di regolari mandati quietanzati dal creditore, la natura quèrable dell’obbligazione comporta che il ritardo nel pagamento, ove pure per l’adempimento fosse stabilito un termine, non determina automaticamente gli effetti della mora ex re ai sensi dell’art. 1119, secondo comma, n. 3, c.c. occorrendo invece la costituzione in mora, mediante l’intimazione scritta di cui all’art. 1219, primo comma, c.c. ed anteriormente al pagamento stesso, affinchè insorga la responsabilità da tardivo adempimento, con conseguente obbligo di corresponsione degli interessi moratori e dell’eventuale maggior danno ; nè ad integrare la costituzione in mora è sufficiente l’invio delle fatture da parte del creditore, tale invio essendo funzionale all’adempimento di un onere posto a suo carico, ai fini della concreta realizzazione della sua pretesa, ed essendo ad esso oggettivamente estranea la finalità della costituzione in mora. Cass. civ. sez. I, 25 maggio 2005, n. 11016

Il principio secondo cui gli interessi sulle somme liquidate a titolo di risarcimento decorrono dalla data del verificarsi del danno trova applicazione soltanto in materia di responsabilità extracontrattuale, in quanto, ai sensi dell’art. 1219 secondo comma n. 1 c.c. il debitore del risarcimento del danno cagionato da fatto illecito deve essere ritenuto in mora (mora ex re) dal giorno dell’illecito stesso. Quando invece, l’obbligazione risarcitoria derivi da inadempimento contrattuale, i medesimi interessi decorrono solo dalla domanda giudiziale, quale atto idoneo a costituire in mora il debitore, anche se, a quella data, il credito non sia ancora liquido ed esigibile; l’accertamento nel corso del giudizio della sussistenza dell’ammontare del credito ha, infatti, effetto retroattivo dalla data della domanda. Cass. civ. sez. I, 22 gennaio 1976, n. 185

L’inutile scadenza del termine di centoventi giorni dalla presentazione della domanda amministrativa, secondo la previsione dell’art. 7 della legge n. 533 del 1973, è idonea a costituire in mora, ai sensi dell’art. 1219, secondo comma, n. 2, c.c. anche il Ministero dell’Interno in ordine alle prestazioni assistenziali obbligatorie in favore degli invalidi civili, con la conseguente decorrenza degli interessi, atteso il carattere generale della regola dettata dal suindicato art. 7. Cass. civ. sez. lav. 20 agosto 2003, n. 12266

L’inequivoca manifestazione della intenzione di non adempiere un’obbligazione equivale ad inadempimento pur se non è stato fissato o non è ancora scaduto il termine di adempimento ovvero dovrebbe eseguirsi dopo la prestazione della controparte, non ancora avvenuta. Cass. civ. sez. II, 9 gennaio 1997, n. 97

L’art. 1219 c.c. dopo aver nel primo comma premesso che il «debitore è costituito in mora mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto», nel secondo comma stabilisce che «non è necessaria la costituzione in mora» tra l’altro «quando il debitore ha dichiarato per iscritto di non voler eseguire l’obbligazione». Dalla lettera della legge, e ancor più dall’interpretazione logica della stessa, appare chiaro che non è sufficiente al fine di escludere la necessità di una formale messa in mora il semplice fatto che il debitore abbia riconosciuto di non essere in condizioni di adempiere nel termine previsto. Infatti, vi è differenza tra dichiarazione di non voler più adempiere e riconoscimento dell’impossibilità di adempiere nel termine, implicando la prima un’esplicita intenzione del debitore di non effettuare la prestazione; mentre la seconda presuppone invece la volontà di adempiere, anche se la prestazione non possa essere effettuata nel termine. Cass. civ. sez. III, 12 gennaio 1972, n. 95

Anche per i crediti derivanti da fitti e pigioni non è necessaria – ai fini della decorrenza degli interessi – la costituzione in mora quando il termine per pagare è scaduto e la prestazione deve essere effettuata nel domicilio del creditore. Cass. civ. sez. III, 13 marzo 2007, n. 5836

La costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c. non è richiesta in presenza di una clausola penale per l’adempimento o per il ritardo ai sensi dell’art. 1382 c.c. per effetto della quale la penale è automaticamente dovuta a seguito del concreto verificarsi di detti eventi. Cass. civ. sez. I, 24 settembre 1999, n. 10511

L’art. 1182, comma terzo, c.c. secondo cui l’obbligazione avente per oggetto una somma di denaro deve essere adempiuta al domicilio del creditore, trova applicazione non solo nel caso in cui l’obbligazione abbia per oggetto una somma di denaro già determinata nel suo ammontare, ma anche quando il credito in denaro sia determinabile solo in base ad un semplice calcolo aritmetico e non si renda necessario procedere ad ulteriori accertamenti, essendo già noti e determinati dalle parti, o dalla legge, o da contratti collettivi, o dagli usi, gli elementi per stabilire l’ammontare della somma dovuta. Fine consegue che in tali casi, alla scadenza del termine in cui il pagamento deve essere eseguito, si verifica la mora del debitore senza bisogno di intimazione (mora ex re), a norma dell’art. 1219, comma secondo, n. 3, c.c. e per effetto della mora sono applicabili le disposizioni in tema di interessi e di obbligo di risarcimento del maggior danno dettate dall’art. 1224, commi primo e secondo. (Omissis). Cass. civ. sez. lav. 21 gennaio 1999, n. 535

La disposizione del comma 3 dell’art. 9 della L. 27 luglio 1978, n. 392 – la quale fa obbligo al conduttore di pagare gli oneri condominiali entro due mesi dalla loro richiesta – delimita entro il medesimo periodo il termine massimo entro il quale il conduttore può esercitare il suo diritto di chiedere l’indicazione specifica delle spese e dei criteri di ripartizione, nonché di prendere visione dei documenti giustificativi. Fine consegue che, non essendovi, in mancanza di una siffatta istanza del conduttore, alcun onere di comunicazione del locatore, il conduttore stesso, decorsi i due mesi dalla richiesta di pagamento degli oneri condominiali, deve ritenersi automaticamente in mora alla stregua del principio dies interpellat pro homine e non può quindi, sospendere, ridurre o ritardare il pagamento degli oneri accessori, adducendo che la richiesta del locatore non era accompagnata dall’indicazione delle spese e dei criteri di ripartizione. Cass. civ. sez. III, 24 novembre 1994, n. 9980

La formale costituzione in mora del debitore non è necessaria se il termine, anche non essenziale, di adempimento della obbligazione sia scaduto e la prestazione debba essere eseguita al domicilio del creditore o, in altri termini, in un luogo lato sensu riferibile alla sfera patrimoniale di quest’ultimo, in modo che l’iniziativa dell’adempimento spetti solo al debitore e non sia necessaria altra collaborazione del creditore che quella, meramente passiva, di ricevere la prestazione. Cass. civ. sez. II, 23 luglio 1994, n. 6887

Il termine di adempimento – la cui scadenza, a norma dell’art. 1219, secondo comma, 3, c.c. rende non necessaria la formale costituzione in mora del debitore, come prevista dal primo comma del citato art. 1219, in forza del principio dies interpellat pro homine – è anche quello che il creditore – il quale, in mancanza della determinazione del tempo dell’adempimento, può di norma, esigere immediatamente la prestazione (art. 1183, primo comma, prima parte, c.c.) – conceda unilateralmente al debitore, al di fuori di un’apposita pattuizione. Cass. civ. sez. II, 23 maggio 1994, n. 5021

Anche in presenza di termine non essenziale il ritardo del debitore nell’adempimento produce gli effetti della mora, tra i quali il trasferimento a carico del debitore stesso del rischio della prestazione, senza che la circostanza che il creditore non agisca immediatamente per ottenere dall’obbligato l’esecuzione dell’obbligazione possa importare la rinunzia, da parte del creditore, ad ogni effetto del termine originariamente convenuto. Pertanto, nel caso di contratto preliminare, ove sia convenuto che la stipulazione della vendita definitiva debba seguire entro un certo termine e sia inadempiente il promissario acquirente, gli effetti dell’inadempimento ricadono sul medesimo, compreso il trasferimento dei rischi inerenti alla cosa promessa. Cass. civ. sez. II, 13 aprile 1987, n. 3654

Allorché l’obbligazione deve essere adempiuta al domicilio (in senso lato) del debitore – come nel caso di pagamenti da effettuarsi dalla pubblica amministrazione, ai quali non possono parificarsi gli ordinativi – non si applica la norma contenuta nel n. 3 dell’art. 1219 c.c. ispirata al principio dies interpellat pro homine, bensì la norma generale del primo comma dello stesso articolo, per cui il debitore non è costituito in mora se non mediante intimazione o richiesta per iscritto. Cass. civ. sez. lav. 24 marzo 1984, n. 1944

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