Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera il debitore di buona fede, ai sensi dell’art. 1189 c.c. ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere condato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel “solvens” in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’”accipiens”. Cass. civ. sez. I, 19 aprile 2018, n. 9758
Il principio dell’apparenza del diritto ex art. 1189 c.c. trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo circa la corrispondenza del primo alla realtà giuridica, sicchè il giudice – le cui conclusioni, sul punto, sono censurabili in sede di legittimità se illogiche e contraddittorie deve procedere all’indagine non solo sulla buona fede del terzo, ma anche sulla ragionevolezza del suo affidamento, che non può essere invocato da chi versi in una situazione di colpa, riconducibile alla negligenza, per aver trascurato l’obbligo, derivante dalla stessa legge, oltre che dall’osservanza delle norme di comune prudenza, di accertarsi della realtà delle cose, facilmente controllabile. Cass. civ. sez. I, 5 aprile 2016, n. 6563
In tema di adempimento delle obbligazioni, l’art. 1189 c.c. che riconosce efficacia liberatoria al pagamento effettuato dal debitore in buona fede a chi appare legittimato a riceverlo, si applica, per identità di “ratio”, sia all’ipotesi di pagamento eseguito al creditore apparente, sia all’ipotesi in cui lo stesso venga effettuato a persona che appaia autorizzata a riceverlo per conto del creditore effettivo, il quale abbia determinato o concorso a determinare l’errore del “solvens”, facendo sorgere in quest’ultimo in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’ “accipiens”. Cass. civ. sez. II, 13 settembre 2012, n. 15339
Ai fini del riconoscimento dello stato di buona fede del debitore il cui pagamento produce effetto liberatorio qualora effettuato a chi appare legittimato a riceverlo, ai sensi dell’art. 1189 c.c. deve tenersi conto della opinabilità e incertezza nell’individuazione del creditore, per cui non solo il vero e proprio errore di diritto ma anche il dubbio può costituire buona fede e, al limite, anche la piena convinzione personale circa la soluzione opposta a quella seguita con i propri comportamenti può far escludere la mala fede, ove le circostanze oggettive autorizzino a ritenere che, nel caso concreto, al problema possa essere data una soluzione diversa. Cass. civ. sez. III, 24 novembre 2009, n. 24696
In tema di obbligazioni, l’adempimento, anche parziale (acconto ), è idoneo ad estinguere parzialmente il debito se tale modalità è stata accettata dal creditore nel corso del rapporto. La medesima efficacia estintiva va riconosciuta al pagamento parziale effettuato a colui che appare legittimato a riceverlo ai sensi dell’art. 1189 c.c. a condizione che l’apparenza risulti giustificata da circostanze univoche e concludenti, ovvero da atti giuridici compiuti dall’accipiens e ripetutamente consentiti dagli organi sociali, in caso di persona giuridica sì da far sorgere nel debitore un ragionevole affidamento, esente da colpa, sulla effettiva sussistenza della facoltà apparente dell’accipiens di ricevere il pagamento. Incombe sul creditore l’onere di provare che il debitore non ignorava la reale situazione ovvero che l’affidamento di questi era determinato da colpa ; è, altresì, onere dello stesso creditore, nel caso in cui il medesimo controdeduca che il pagamento effettuato al terzo apparentemente legittimato a riceverlo è da imputare ad un diverso rapporto, provare l’esistenza di quest’ultimo. Cass. civ. sez. III, 30 ottobre 2008, n. 26052
In tema di adempimento delle obbligazioni, l’art. 1188 c.c. indicando in modo preciso i soggetti legittimati a ricevere l’adempimento, e cioè in primo luogo il creditore o un suo rappresentante, ovvero l’adiectus solutionis causa vale a dire la persona indicata dallo stesso creditore o autorizzata dalla legge o dal giudice, comporta che il pagamento fatto a persona non legittimata è inefficace nei confronti del creditore, tranne che quest’ultimo non lo ratifichi o non fine approfitti, con la conseguenza che il debitore rimane obbligato ad eseguire la prestazione anche in via giudiziaria. Il pagamento fatto al rappresentante apparente, al pari di quello fatto al creditore apparente, libera invece il debitore di buona fede, ai sensi dell’art. 1189 c.c. ma a condizione che il debitore, che invoca il principio dell’apparenza giuridica, fornisca la prova non solo di avere confidato senza sua colpa nella situazione apparente, ma anche che il suo erroneo convincimento è stato determinato da un comportamento colposo del creditore, che abbia fatto sorgere nel solvens in buona fede una ragionevole presunzione sulla rispondenza alla realtà dei poteri rappresentativi dell’accipiens. Cass. civ. sez. III, 3 settembre 2005, n. 17742
In tema di pagamento al creditore apparente, al fine di escludere la buona fede del debitore e la conseguente applicabilità del principio sancito – a tutela dell’affidamento del debitore stesso – dalla norma di cui all’art. 1189 c.c. qualora quest’ultimo, nell’eseguire il pagamento, dimostri di avere corrisposto al creditore apparente (o a chi appaia autorizzato a riceverlo per conto del creditore) somma idonea all’estinzione del debito, e l’attore, titolare del credito della cui estinzione si controverte, controdeduca che l’eseguito pagamento è da imputare ad un debito diverso da quello dedotto in giudizio, è sull’attore che incombe l’onere di provare l’esistenza del diverso rapporto che lo giustifica, intercorso – in ipotesi – tra il convenuto debitore ed il terzo a cui il pagamento fu effettuato. Cass. civ. sez. II, 30 marzo 2000, n. 3893
L’art. 1189 codice civile – a norma del quale il debitore che esegue il pagamento a chi appare legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche, è liberato se prova di essere stato in buona fede, e che deve essere interpretato nel senso che la portata liberatoria del pagamento non è in alcun modo condizionata dalla sussistenza di un comportamento colposo del soggetto nei cui confronti è invocata l’apparenza – è applicabile anche in relazione alle obbligazioni contributive nei confronti degli enti previdenziali, atteso che l’esigenza di tutela del debitore in buona fede, sottesa a tale disposizione, è particolarmente intensa nei casi in cui la parte debitrice (persona sica o giuridica), proprio per la natura pubblica dei soggetti che fungono da controparti, ha valide ragioni per ritenere che il comportamento di questi ultimi sia improntato a correttezza e al rispetto della legalità. Fine consegue che, determinando il pagamento al creditore apparente una estinzione dell’obbligazione, per cui viene meno la configurabilità di un adempimento civilmente sanzionabile – non opera, in tale ipotesi, la normativa in materia di sanzioni previste per l’omesso o ritardato pagamento di contributi. Cass. civ. sez. lav. 20 maggio 1996, n. 4637