Art. 1147 – Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262 - Aggiornato alla legge 26 novembre 2021, n. 206)

Possesso di buona fede

Articolo 1147 - codice civile

È possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto (535, 1153, 1159 ss.).
La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave.
La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell’acquisto (534, 1153, 1159, 1415, 1445, 2728).

Articolo 1147 - Codice Civile

È possessore di buona fede chi possiede ignorando di ledere l’altrui diritto (535, 1153, 1159 ss.).
La buona fede non giova se l’ignoranza dipende da colpa grave.
La buona fede è presunta e basta che vi sia stata al tempo dell’acquisto (534, 1153, 1159, 1415, 1445, 2728).

Massime

L’art. 1147 c.c. in base al quale la buona fede è presunta ed è sufficiente sussista al tempo dell’acquisto, detta un principio di carattere generale, applicabile anche al possessore dei beni ereditari; ne consegue che chi agisce per rivendicare i beni ereditari – eventualmente previo annullamento del testamento che ha chiamato all’eredità il possessore di buona fede – può pretendere soltanto i frutti indebitamente percepiti nei limiti fissati dall’art. 1148 c.c.. Cass. civ. sez. II, 20 agosto 2019, n. 21505

Il possesso di un bene, che sia stato acquisito in forza di un contratto poi dichiarato nullo, resta soggetto ai principi generali fissati dagli artt. 1147 e 1148 c.c. con la conseguenza che, ove sussista la buona fede (da presumersi) alla data del suddetto acquisto, la medesima buona fede non viene esclusa dalla mera proposizione della domanda rivolta a far valere quella nullità, ed il possessore è tenuto alla restituzione dei frutti solo a partire dalla data della domanda di rilascio. Cass. civ. sez. III, 19 luglio 2019, n. 19502

Dalla presunzione di buona fede nel possesso, fissata dall’art. 1147, comma 3, c.c. deriva che all’attore in rivendicazione di un bene mobile è sufficiente provare di averne acquistato il possesso in base a titolo astrattamente e potenzialmente idoneo al trasferimento della proprietà (art. 1153 c.c.), mentre spetta a chi resiste all’azione medesima di dimostrare l’eventuale mala fede al momento della consegna a “non domino”. Cass. civ. sez. II, 28 febbraio 2019, n. 6007

In materia di possesso, la buona fede costituisce oggetto di presunzione “iuris tantum”, che può essere superata anche attraverso presunzioni contrarie e semplici indizi.. Cass. civ. sez. II, 18 settembre 2013, n. 21387

In ipotesi di acquisto «a non domino» la presunzione di buona fede, che l’art. 1147 c.c. pone a vantaggio dell’acquirente nel possesso del bene, è una presunzione semplice, e come tale può essere superata in tutti i casi in cui l’acquirente sia stato posto in grado di accertare, o comunque di dubitare, che l’alienante non fosse proprietario del bene, a mezzo della verifica catastale o a mezzo della verifica dei registri nei quali è effettauta la trascrizione di determinate alienazioni o delle domande giudiziali relative al trasferimento della proprietà dello stesso bene. Cass. civ. sez. II, 25 settembre 2002, n. 13929

Quando le norme (nella specie, quelle relative agli effetti della simulazione), facciano riferimento alla buona fede senza nulla dire in ordine a ciò che vale ad integrarla o ad escluderla, ovvero a soggetto tenuto a provarne l’esistenza o ad altri profili di rilevanza della stessa, si deve, in linea di principio, fare riferimento all’art. 1147 c.c. che tali aspetti disciplina in relazione al possesso di buona fede. Cass. civ. sez. III, 4 marzo 2002, n. 3102

Il principio della presunzione di buona fede ha portata generale non limitata all’istituto del possesso in relazione al quale è enunciato. La presunzione in questione non è vinta dall’allegazione del mero sospetto di una situazione illegittima essendo, invece, necessario che l’esistenza del dubbio promani da circostanze serie, concrete e non meramente ipotetiche, la cui prova deve essere fornita da colui che intenda contrastare detta presunzione legale di buona fede. Cass. civ. sez. II, 22 maggio 2000, n. 6648

La buona fede nel possesso, dell’acquirente a non domino di bene immobile va presunta, ai sensi dell’art. 1147 c.c. con la conseguenza che spetta a chi rivendichi il bene, al fine di escludere in favore del possessore gli effetti di cui all’art. 1153 c.c. di fornire la prova della malafede o della colpa grave del possessore medesimo, al momento della consegna. Tale prova può essere data anche mediante presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, e tali da prevalere sull’indicata presunzione legale. Cass. civ. sez. II, 16 maggio 1997, n. 4328

La buona fede nel possesso è presunta solo quando si tratti di giustificarne gli effetti, non quando si controverta sulla legittimità del comportamento acquisitivo del possesso, dovendo in tal caso essere provata da chi la invoca. Ne segue che, in caso di spoglio, il convenuto con l’azione possessoria non può addurre la presunzione indicata e resta invece soggetto alla presunzione del carattere violento dello spoglio medesimo, ove posto in essere all’insaputa del precedente possessore. Cass. civ. sez. II, 29 gennaio 1993, n. 1131

A differenza dell’art. 701 del c.c. abrogato, che esigeva, per la sussistenza del possesso di buona fede, il concorso di tre elementi, e cioè l’animus rem sibi habendi, un titolo – anche viziato – idoneo, in astratto, a trasferire il dominio, e l’ignoranza del vizio del titolo, l’art. 1147 del c.c. vigente, nel presumere la buona fede con disposizione di carattere generale, prescinde dall’esistenza di un titolo e, assegnando rilievo alla cosiddetta opinio dominii, cioè al ragionevole convincimento di poter esercitare sulla cosa posseduta il diritto di proprietà o altro diritto reale senza ledere la sfera altrui, imprime al concetto di possesso di buona fede un carattere eminentemente psicologico o soggettivo. Cass. civ. sez. II, 20 agosto 1991, n. 8918

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