Ai fini del cumulo di due distinti possessi ex art. 1146 c.c. è necessaria la prova, da parte di chi intende valersene, nel caso di successio possessionis, della qualità di erede e, nell’ipotesi di accessio possessionis, di un titolo idoneo in astratto a trasmettere la proprietà od altro diritto reale, anche se invalido. Cass. civ. sez. II, 11 dicembre 1981, n. 6552
Gli istituti della successione e dell’accessione, disciplinati in relazione al possesso dall’art. 1146 c.c. non sono applicabili alla detenzione; invero, costituendo la detenzione di un determinato bene manifestazione di facoltà proprie di un rapporto obbligatorio, una successione sia a titolo universale che particolare può ipotizzarsi solo nel rapporto medesimo, ove la natura di esso lo consenta. (Nella specie, deceduto il comodatario di un immobile adibito ad uso di abitazione, ed immessosi in esso il di lui erede, il giudice del merito qualificava questi successori nella detenzione del de cuius e, in mancanza di un atto di interversio possessionis, ne rigettava la domanda di intervenuta usucapione del bene; la Corte Suprema ha cassato la sentenza, enunciando il principio di cui in massima). Cass. civ. sez. II, 21 aprile 1976, n. 1407
In caso di morte dell’usuario di un immobile, con conseguente estinzione del diritto d’uso dovuta alla sua intrasferibilità “mortis causa” è inapplicabile, in favore degli eredi che siano subentrati nel godimento del bene, la successione nel possesso, agli effetti dell’art. 1146 c.c.. Cass. civ. sez. II, 12 ottobre 2012, n. 17491
Per effetto di una “fictio iuris”, il possesso del “de cuius” si trasferisce agli eredi i quali subentrano nel possesso del bene senza necessità di una materiale apprensione, occorrendo solo la prova della qualità di eredi; detta continuità nel possesso tra il “de cuius” e l’erede consente a quest’ultimo, pur in assenza della materiale apprensione dei beni ereditari, il legittimo esercizio delle azioni possessorie. Cass. civ. sez. II, 20 luglio 2011, n. 15967
L’erede non convivente del conduttore di immobile adibito ad abitazione non gli succede nella detenzione qualificata e poiché il titolo si estingue con la morte del titolare del rapporto – analogamente al caso di morte del titolare dei diritti di usufrutto, uso o abitazione – quegli è un detentore precario della res locata al de cuius, sì che nei suoi confronti sono esperibili le azioni di rilascio per occupazione senza titolo e di responsabilità extracontrattuale. Cass. civ. sez. III, 22 maggio 2001, n. 6965
L’operatività della successione nel possesso (di cui all’art. 1146, primo comma, c.c.) presuppone l’esistenza in capo al de cuius del possesso della res, il quale, secondo la nozione fornitane dall’art. 1140 c.c. si identifica nella manifestazione di un potere di fatto sulla cosa corrispondente all’esercizio di un diritto reale. Ne consegue che ove la successio possessionis sia negata da colui nei cui confronti essa sia fatta valere è onere dell’erede dimostrare l’esistenza in capo al de cuius del suddetto rapporto di fatto con il bene in contestazione. (Omissis). Cass. civ. sez. II, 29 marzo 2001, n. 4630
Il principio della continuità nel possesso tra il de cuius e l’erede (art. 1146, primo comma, c.c.) consente a quest’ultimo, pur in assenza della materiale apprensione dei beni ereditari, il legittimo esercizio delle azioni possessorie, a fondamento delle quali è sufficiente la dimostrazione, da parte di chi invochi la successio possessionis, dell’esistenza di un titolo, anche invalido, (nella specie, il testamento) astrattamente idoneo al trasferimento dei beni ereditari, con la conseguenza che il giudizio possessorio così instaurato non può essere sospeso in attesa dell’esito del giudizio petitorio nel quale si discuta della validità del testamento. Cass. civ. sez. II, 26 maggio 1998, n. 5221
Il coniuge che continua ad abitare la casa di abitazione coniugale in comune proprietà, dopo la morte dell’altro (coniuge), anche per la quota di questo, in forza del diritto di abitazione che è a lui riservato dall’art. 540 c.c. acquista il possesso solo rappresentativo della quota trasferita in proprietà agli eredi del coniuge deceduto i quali, conseguentemente, subentrano egualmente, ai sensi dell’art. 1146 c.c. nel possesso del bene senza necessità di materiale apprensione. Cass. civ. sez. II, 13 giugno 1994, n. 5731
In tema di accessione nel possesso, di cui all’art. 1146, comma 2, c.c. affinché operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori e il successore a titolo particolare possa unire al proprio il possesso del dante causa, è necessario che il trasferimento trovi la propria giustificazione in un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà o altro diritto reale sul bene; ne consegue, stante la tipicità dei negozi traslativi reali, che l’oggetto del trasferimento non può essere costituito dal mero potere di fatto sulla cosa. Cass. civ. sez. II, 13 agosto 2018, n. 20715
La continuazione del possesso in favore dell’erede opera automaticamente, ai sensi dell’art. 1146, comma 1, c.c. diversamente dalla “accessio possessionis” a vantaggio del successore a titolo particolare di cui all’art. 1146, comma 2, c.c. che, invece, rimette alla volontà dell’acquirente, manifestata anche implicitamente e senza il ricorso a forme sacramentali, la scelta di unire il proprio possesso a quello del dante causa. Cass. civ. sez. II, 6 giugno 2018, n. 14505
In tema di accessione nel possesso ex art. 1146, comma 2, c.c. affinché operi il trapasso del possesso dall’uno all’altro dei successivi possessori ed il successore a titolo particolare possa unire al proprio quello del dante causa, è necessario che il trasferimento sia giustificato da un titolo astrattamente idoneo al passaggio della proprietà od altro diritto reale sul bene, sicché va esclusa, per difetto di forma del sottostante atto traslativo, l’operatività dell’accessione rispetto al possesso di un terreno incluso tra i beni di una azienda ceduta con contratto verbale in caso di cessione d’azienda. Cass. civ. sez. II, 3 ottobre 2016, n. 19724
L’accessione del possesso della servitù a favore del successore a titolo particolare della proprietà del fondo dominante, ferma la necessità di un titolo astrattamente idoneo a trasferire quest’ultimo, non richiede, ai sensi dell’art. 1146, comma secondo, c.c. l’espressa menzione della servitù nel titolo di acquisto. Cass. civ. sez. II, 5 novembre 2012, n. 18909
Chi intende avvalersi dell’accessione del possesso di cui all’art. 1146, secondo comma, c.c. per unire il proprio possesso a quello del dante causa ai fini dell’usucapione, deve fornire la prova di aver acquisito un titolo astrattamente idoneo (ancorché invalido o proveniente “a non domino”) a giustificare la “traditio” del bene oggetto della signoria di fatto, operando detta accessione con riferimento e nei limiti del titolo traslativo e non oltre lo stesso. Ne consegue che il convenuto in azione di regolamento di confini che eccepisca l’intervenuta usucapione invocando l’accessione del possesso, deve fornire la prova dell’avvenuta “traditio” in virtù di un contratto comunque volto a trasferire la proprietà del bene in questione. Cass. civ. sez. VI, 26 ottobre 2011, n. 22348
Il compossessore “pro indiviso” di un immobile, che poi consegua il possesso esclusivo di una porzione di esso in esito a divisione, può invocare, ai fini dell’usucapione di tale porzione, anche il precedente compossesso, in virtù della sopravvenuta qualità di successore nel compossesso degli altri condividenti e della possibilità, prevista dall’art. 1146, comma secondo, cod. civ. di accessione del proprio possesso a quello esercitato dai condividenti medesimi. Cass. civ. sez. II, 24 febbraio 2009, n. 4428
Nell’ipotesi di alienazione di un immobile realizzato in violazione delle prescrizioni di cui all’art. 873 c.c. il successore a titolo particolare che invochi l’acquisto per usucapione del diritto (servitù di mantenerlo a distanza inferiore a quella legale può in virtù del principio dell’accessione di cui al secondo comma dell’art. 1146 c.c. unire al proprio possesso quello del suo dante causa, giacchè in materia di servitù – trattandosi di un diritto di natura reale – occorre fare riferimento al dato obiettivo del rapporto tra i fondi, non assumendo rilievo le persone che la esercitano e coloro che hanno un interesse contrario; d’altra parte, ai fini dell’acquisto per usucapione di una servitù continua (come appunto quella in oggetto), è sufficiente l’esistenza della prescritta durata ventennale di opere visibili e permanenti destinate al suo esercizio. Cass. civ. sez. II, 15 maggio 2006, n. 11131
In tema di usucapione, colui che – ai fini dell’accessione prevista dall’art. 1146 comma secondo c.c. – intende unire il proprio possesso a quello del dante causa deve fornire la prova di avere acquistato con un titolo astrattamente idoneo al trasferimento (ancorché invalido o proveniente a non domino) il medesimo diritto oggetto del possesso; pertanto, con riferimento all’usucapione di un diriito reale limitato come quello di servitù il titolo idoneo non può essere costituito dal contratto di vendita del fondo (preteso) dominante nel quale non sia specificamente menzionata la servitù atteso che l’accessione nel possesso opera nei soli limiti del titolo traslativo, sicchè il trasferimento del fondo dominante può essere sufficiente a trasferire la servitù esclusivamente nel caso in cui questa sia già sussistente a favore del fondo alienato ma non nell’ipotesi in cui sia in corso il possesso ad usucapionem da parte del cedente. (Omissis). Cass. civ. sez. II, 26 settembre 2005, n. 18750
In tema di acquisto del diritto di proprietà o di altro diritto reale per effetto di usucapione, l’accessione al possesso del dante causa, prevista dall’art. 1146 c.c. presuppone l’identità del contenuto e del tipo di possesso esercitato dal successore a titolo particolare. Cass. civ. sez. II, 17 settembre 2003, n. 13695
L’accessione del possesso di cui all’art. 1146, secondo comma c.c. opera con riferimento e nei limiti del titolo traslativo e non oltre lo stesso. Cass. civ. sez. II, 23 giugno 1999, n. 6382
Oggetto di un contratto di compravendita può essere solo il trasferimento della proprietà di una cosa o di un altro diritto; con la conseguenza che detto contratto non può avere ad oggetto il trasferimento del possesso di un immobile in sè e per sè (non collegato, cioè, alla cessazione della proprietà dello stesso) e da esso, ove comunque posto in essere dalle parti, non possono derivare gli effetti dell’accessione del possesso di cui all’art. 1146, secondo comma, c.c. in quanto il possesso «unibile» ai sensi di detta norma è esclusivamente quello del precedente titolare del diritto trasferito. L’acquisto della proprietà di un immobile per effetto dell’usucapione, affinché possa esser fatto valere e formare oggetto di un contratto di vendita, deve essere dapprima accertato e dichiarato nei modi di legge. Cass. civ. sez. II, 12 novembre 1996, n. 9884
Ai fini dell’usucapione ordinaria è inammissibile il cumulo del proprio possesso con la detenzione di colui che, in quanto affittuario dell’immobile, non è autore del trasferimento a titolo particolare della cosa che sarebbe stata usucapita. Cass. civ. sez. II, 12 aprile 1995, n. 4193
Il principio della accessione del possesso, ai sensi dell’art. 1146, secondo comma, c.c. secondo cui il successore a titolo particolare può unire il suo possesso a quello del proprio dante causa allo scopo di goderne gli effetti (e perciò ai fini dell’usucapione), non può operare quando sia stata dichiarata la risoluzione del suo titolo d’acquisto. Cass. civ. sez. II, 14 dicembre 1989, n. 5623
CEDU (Convenzione Europea dei Diritti Umani)
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