La mancata partecipazione al negozio costitutivo di una servitù di taluno dei comproprietari di un fondo indiviso non priva l’atto di effetti giuridici. Se, infatti, trattasi di servitù attiva, la stipulazione effettuata dagli altri condomini, è valida ed efficace nei confronti dell’assente, in quanto, con il contratto a favore di terzo, può essere attribuito a quest’ultimo anche uno ius in re aliena. Se, invece, si tratta di servitù passiva, la concessione vincola il proprietario concedente, ai sensi dell’art. 1059 c.c. e la servitù resta definitivamente costituita quando si verifichi l’adesione degli altri condomini, o maturi – nei casi consentiti – l’usucapione, ovvero vengano acquisite dal condomino concedente anche le quote degli altri condomini. Cass. civ. sez. II, 18 maggio 2000, n. 6450
L’atto di disposizione del fondo comune, consistente nella costituzione su di esso di un diritto reale di servitù esige il consenso di tutti i partecipanti alla comunione, in difetto del quale il compimento da parte di uno solo o da alcuni di questi è inidoneo alla produzione di siffatta costituzione e non determina pregiudizi nei confronti degli altri compartecipi. Cass. civ. sez. II, 29 marzo 1994, n. 3083
Posto che il partecipante alla comunione può usare della cosa comune per un suo fine particolare, con la conseguente possibilità di ritrarre dal bene una utilità specifica aggiuntiva rispetto a quelle che vengono ricavate dagli altri, con il limite di non alterare la consistenza e la destinazione di essa, o di non impedire l’altrui pari uso, il passaggio su una strada comune, in origine destinata a servire alcuni, determinati fondi di proprietà esclusiva, che venga effettuato da un comunista anche per accedere ad altro fondo, a lui appartenente in proprietà esclusiva, di per sé non raffigura un godimento vietato, a norma dell’art. 1059, primo comma, c.c. non comportando la costituzione di una servitù sul bene comune, perché non si risolve nella modifica della destinazione di questo, né nell’impedimento dell’altrui pari diritto. Cass. civ. sez. II, 20 gennaio 1994, n. 476