Nell’ipotesi di comunione impropria sul fondo interessato, caratterizzata dalla coesistenza di diritti non omogenei, nuda proprietà e usufrutto, allorquando l’azione confessoria o negatoria a tutela del fondo gravato dall’usufrutto sia promossa dal (o contro il) nudo proprietario, non è necessaria la partecipazione al giudizio dell’usufruttuario del fondo passivamente o attivamente gravato dalla servitù non sussistendo i presupposti per l’applicazione analogica dell’art. 1012, comma 2, c.c. L’onere di chiamare in giudizio il nudo proprietario, posto dall’art 1012 c.c. a carico dell’usufruttuario che intenda esercitare l’azione confessoria o negatoria a tutela del fondo gravato dall’usufrutto, trae la sua giustificazione dal particolare contenuto, assai ristretto nel tempo e nelle facoltà, che caratterizza l’estensione di tale diritto nei confronti della proprietà e dalla correlativa esigenza di evitare la formazione di giudicati la cui inopponibilità al nudo proprietario, derivante dalla sua mancata partecipazione al giudizio, contrasterebbe con la finalità di accertare una “conditio” o “qualitas fundi” cui i giudicati stessi sono preordinati, esigenza che non ricorre, invece, nella diversa ipotesi in cui le suddette azioni siano promosse dal (o contro il) nudo proprietario. Cass. civ. sez. II, 24 luglio 2019, n. 20040
In tema di limitazioni legali della proprietà, l’azione per denunciare la violazione da parte del vicino delle distanze nelle costruzioni ha natura di “negatoria servitù utis”, essendo diretta a far valere l’inesistenza di “iura in re” a carico della proprietà suscettibili di dar luogo ad una servitù e pertanto al suo esercizio è legittimato, a norma dell’art. 1012, secondo comma, c.c. anche il titolare del diritto di usufrutto sul fondo. Cass. civ. sez. II, 21 ottobre 2009, n. 22348
L’azione promossa contro il proprietario per costruire sul fondo una servitù coattiva non comporta la presenza necessaria in giudizio dell’usufruttuario del fondo stesso, dal momento che nel giudizio non si controverte affatto dell’esistenza del suo diritto; e, se dall’esito della controversia dovesse scaturire una limitazione del diritto di godimento dell’usufruttuario, questa non sarebbe che un effetto riflesso dell’imposizione di un peso sullo stesso fondo e, quindi, della limitazione del diritto del proprietario, che egli, in quanto usufruttuario, è costretto a subire. Diversa, infatti, è l’ipotesi in cui sia l’usufruttuario ad agire in negatoria servitù utis, poiché nel relativo giudizio il proprietario è litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 1012 c.c. Cass. civ. sez. II, 8 novembre 1974, n. 3441