Principesse in armatura – Violenza di genere e femminicidi alla luce del “Codice Rosso”

Articolo a cura della Dott.ssa Carmen Amato

Il coraggio di tante donne, nate principesse ma divenute guerriere.
È questo uno dei temi più delicati del momento, un tema molto dibattuto e divenuto ancora più grave e delicato durante il lockdown.

Violenza donne

Dopo anni ed anni di disinteresse e non curanza, ecco che finalmente il 9 agosto approda in Senato una legge appositamente creata per fornire maggiori garanzie alle vittime di violenza, il cd Codice Rosso.
Una legge che costituisce un passo avanti molto significativo, accendendo i riflettori laddove stupratori, violentatori e persecutori cercano di creare ombre.
È rosso come il sangue versato, rosso come “allarme”, ”pericolo”.
Una sorta di corsia preferenziale, proprio come accade in ospedale con l’omonimo codice, per garantire più sicurezza, più celerità e maggiori garanzie.
Il Codice Rosso ha introdotto modifiche al codice penale e di procedura penale ed alle altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
In un solo anno ha consentito l’apertura di 4.000 nuove indagini per quattro reati di violenza di genere introdotti, ovvero Revenge Porn, sfregi permanenti, violazione misure di protezione e costrizione al matrimonio.
Questi sono i dati che emergono dal report presentato dal ministro Bonafede.
Ancora oggi violenza sulle donne e femminicidi vengono riportati dalla cronaca e dai mass media come raptus, omicidio passionale, follia d’amore, quasi come se si volesse giustificare un tal gesto.
Al centro vi sono donne esasperate, che certamente non trovano il coraggio di denunciare per paura di non ricevere un’adeguata protezione.
Cambiano le regole, si accelerano le procedure e lo Stato finalmente interviene in favore di vittime disperate e scoraggiate.
La pandemia mondiale ha aumentato maggiormente il rischio di violenza sulle donne in quanto, quasi sempre, la violenza avviene all’interno della famiglia.
Ma l’autore dei reati c.d. di violenza di genere e domestica, non si lascia intimidire dall’aumento delle pene.
Le donne sono costrette a vivere all’interno delle mura domestiche per intere giornate, non potendo neppure ricevere la protezione garantita dalle case famiglia, dai centri specializzati.
La lotta contro la violenza in ogni caso non si è fermata, i centri antiviolenza continuano a fornire assistenza seppur con le modalità consentite in tale periodo.
I recenti interventi legislativi rappresentano un fondamentale passo avanti, ma non è certamente sufficiente.
Occorre tutelare la vittima con misure mirate, volte alla protezione durante tutte le fasi del procedimento.
Molte vittime di femminicidio evidenziano le lacune del sistema anche alla luce del Codice Rosso.
Prima fra tutti i sei mesi previsti per denunciare i quali potrebbero non essere sufficienti per trovare il coraggio di elaborare la situazione e denunciare.
Altro punto negativo è rappresentato dalle misure cautelari: in effetti, l’autore del fatto finirebbe per trascorrere tranquillamente i domiciliari in casa, non escludendo che potrebbe continuare a molestare la vittima.
Come ogni legge, anche il Codice Rosso presenta “pro” e “contro”, “vantaggi” e “svantaggi”.
Uno dei “contro” di tale codice è riferibile alle misure punitive, le quali riguardano solo l’uomo, manca dunque una vera e propria legislazione assistenziale efficace per la donna, che ha diritto ad essere protetta.
Invece, significativo vantaggio è rappresentato dal fatto che la vittima deve essere sentita entro tre giorni.
Non è sufficiente però imporre al Pubblico Ministero l’obbligo di sentire la vittima entro tre giorni, se non si interviene in modo organico sulla disciplina per l’incolumità della persona offesa.
È il momento di dire basta e di reagire ad un sistema che affonda le radici in un passato basato sul cosiddetto delitto d’onore, oggi non più accettabile neppure da un punto di vista morale.
Il molestatore non è spinto da un raptus, da una follia; chi molesta e uccide, lo fa con coscienza e volontà, premeditando e definendone perfino i dettagli.
L’amore è un sentimento molto particolare. Molte ragazzine, affascinate dall’uomo predominante, geloso e possessivo, tendono a giustificare determinati gesti e spesse volte ad esaltarli. Ma chi urla non merita elogi, chi alza le mani non deve essere giustificato.
Se fa “male”, non lo si può definire amore.
Si tratta di un “male” fisico e psicologico che va oltre i semplici limiti.
È come trovarsi su un palcoscenico, nel bel mezzo di una commedia, dove gli attori recitano in pubblico in maniera brillante e dietro le quinte si sfogano senza alcuna regola.
Ecco, nella realtà avviene esattamente così.
In presenza di amici e parenti, i molestatori si dimostrano dolci, premurosi e gentili, trasformandosi in “orchi” tra le mura domestiche: è un continuo evolversi.
Si comincia col parlare con toni più accesi, per poi dare uno schiaffo, uno spintone ed infine arrivare a gesti folli.
Ma cosa scatta nell’indole di una donna in quei terribili momenti?
Un mix di sensazioni pervadono la mente, un susseguirsi di interrogativi, quali: “Perché lo ha fatto?”, “Cosa avrò detto o fatto di male?”, “Sarà stata colpa mia?”.
L’ultimo interrogativo costituisce argomento di animate discussioni a livello sociale, in quanto effettivamente non si riesce a comprendere il motivo per il quale la maggior parte delle vittime tenda a colpevolizzare sé stessa, anziché il molestatore.
Elaborare un tal trauma è certamente difficile, così come lo è trovare il coraggio di reagire, di denunciare, specie se dopo essersi recati in caserma o commissariato, bisogna rincasare tra le stesse mura dell’orco.
Ma occorre trovare il coraggio di reagire, di colpevolizzare gli autori di tali delitti piuttosto che colpevolizzare e sminuire sé stesse.
Perché ogni donna nasce principessa, ma ci pensa la vita ad addestrarla guerriera ed oggi più che mai occorre portare avanti queste battaglie di vita.
Ogni donna merita di poter vivere la propria vita in serenità, senza paure, traumi.
“In Italia ogni 7 minuti un uomo stupra o tenta di stuprare una donna. Ogni 3 giorni nel nostro Paese un uomo uccide una donna”.
È arrivato il momento di dire basta.
Occorre allontanarsi da antichi retaggi culturali che oggi non sono più validi e ridefinire le relazioni tra uomo e donna.
Per cui care donne facciamoci sentire, camminiamo a testa alta combattendo contro chiunque semini odio e violenza.
Impariamo a volerci bene, ad apprezzarci e valorizzare le nostre persone, denunciando ogni gesto vile che tenda a sminuire noi stesse e le nostre vite.

violenza donne

Dopo anni ed anni di disinteresse e non curanza, ecco che finalmente il 9 agosto approda in Senato una legge appositamente creata per fornire maggiori garanzie alle vittime di violenza, il cd Codice Rosso.
Una legge che costituisce un passo avanti molto significativo, accendendo i riflettori laddove stupratori, violentatori e persecutori cercano di creare ombre.
È rosso come il sangue versato, rosso come “allarme”, ”pericolo”.
Una sorta di corsia preferenziale, proprio come accade in ospedale con l’omonimo codice, per garantire più sicurezza, più celerità e maggiori garanzie.
Il Codice Rosso ha introdotto modifiche al codice penale e di procedura penale ed alle altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.
In un solo anno ha consentito l’apertura di 4.000 nuove indagini per quattro reati di violenza di genere introdotti, ovvero Revenge Porn, sfregi permanenti, violazione misure di protezione e costrizione al matrimonio.
Questi sono i dati che emergono dal report presentato dal ministro Bonafede.
Ancora oggi violenza sulle donne e femminicidi vengono riportati dalla cronaca e dai mass media come raptus, omicidio passionale, follia d’amore, quasi come se si volesse giustificare un tal gesto.
Al centro vi sono donne esasperate, che certamente non trovano il coraggio di denunciare per paura di non ricevere un’adeguata protezione.
Cambiano le regole, si accelerano le procedure e lo Stato finalmente interviene in favore di vittime disperate e scoraggiate.
La pandemia mondiale ha aumentato maggiormente il rischio di violenza sulle donne in quanto, quasi sempre, la violenza avviene all’interno della famiglia.
Ma l’autore dei reati c.d. di violenza di genere e domestica, non si lascia intimidire dall’aumento delle pene.
Le donne sono costrette a vivere all’interno delle mura domestiche per intere giornate, non potendo neppure ricevere la protezione garantita dalle case famiglia, dai centri specializzati.
La lotta contro la violenza in ogni caso non si è fermata, i centri antiviolenza continuano a fornire assistenza seppur con le modalità consentite in tale periodo.
I recenti interventi legislativi rappresentano un fondamentale passo avanti, ma non è certamente sufficiente.
Occorre tutelare la vittima con misure mirate, volte alla protezione durante tutte le fasi del procedimento.
Molte vittime di femminicidio evidenziano le lacune del sistema anche alla luce del Codice Rosso.
Prima fra tutti i sei mesi previsti per denunciare i quali potrebbero non essere sufficienti per trovare il coraggio di elaborare la situazione e denunciare.
Altro punto negativo è rappresentato dalle misure cautelari: in effetti, l’autore del fatto finirebbe per trascorrere tranquillamente i domiciliari in casa, non escludendo che potrebbe continuare a molestare la vittima.
Come ogni legge, anche il Codice Rosso presenta “pro” e “contro”, “vantaggi” e “svantaggi”.
Uno dei “contro” di tale codice è riferibile alle misure punitive, le quali riguardano solo l’uomo, manca dunque una vera e propria legislazione assistenziale efficace per la donna, che ha diritto ad essere protetta.
Invece, significativo vantaggio è rappresentato dal fatto che la vittima deve essere sentita entro tre giorni.
Non è sufficiente però imporre al Pubblico Ministero l’obbligo di sentire la vittima entro tre giorni, se non si interviene in modo organico sulla disciplina per l’incolumità della persona offesa.
È il momento di dire basta e di reagire ad un sistema che affonda le radici in un passato basato sul cosiddetto delitto d’onore, oggi non più accettabile neppure da un punto di vista morale.
Il molestatore non è spinto da un raptus, da una follia; chi molesta e uccide, lo fa con coscienza e volontà, premeditando e definendone perfino i dettagli.
L’amore è un sentimento molto particolare. Molte ragazzine, affascinate dall’uomo predominante, geloso e possessivo, tendono a giustificare determinati gesti e spesse volte ad esaltarli. Ma chi urla non merita elogi, chi alza le mani non deve essere giustificato.
Se fa “male”, non lo si può definire amore.
Si tratta di un “male” fisico e psicologico che va oltre i semplici limiti.
È come trovarsi su un palcoscenico, nel bel mezzo di una commedia, dove gli attori recitano in pubblico in maniera brillante e dietro le quinte si sfogano senza alcuna regola.
Ecco, nella realtà avviene esattamente così.
In presenza di amici e parenti, i molestatori si dimostrano dolci, premurosi e gentili, trasformandosi in “orchi” tra le mura domestiche: è un continuo evolversi.
Si comincia col parlare con toni più accesi, per poi dare uno schiaffo, uno spintone ed infine arrivare a gesti folli.
Ma cosa scatta nell’indole di una donna in quei terribili momenti?
Un mix di sensazioni pervadono la mente, un susseguirsi di interrogativi, quali: “Perché lo ha fatto?”, “Cosa avrò detto o fatto di male?”, “Sarà stata colpa mia?”.
L’ultimo interrogativo costituisce argomento di animate discussioni a livello sociale, in quanto effettivamente non si riesce a comprendere il motivo per il quale la maggior parte delle vittime tenda a colpevolizzare sé stessa, anziché il molestatore.
Elaborare un tal trauma è certamente difficile, così come lo è trovare il coraggio di reagire, di denunciare, specie se dopo essersi recati in caserma o commissariato, bisogna rincasare tra le stesse mura dell’orco.
Ma occorre trovare il coraggio di reagire, di colpevolizzare gli autori di tali delitti piuttosto che colpevolizzare e sminuire sé stesse.
Perché ogni donna nasce principessa, ma ci pensa la vita ad addestrarla guerriera ed oggi più che mai occorre portare avanti queste battaglie di vita.
Ogni donna merita di poter vivere la propria vita in serenità, senza paure, traumi.
“In Italia ogni 7 minuti un uomo stupra o tenta di stuprare una donna. Ogni 3 giorni nel nostro Paese un uomo uccide una donna”.
È arrivato il momento di dire basta.
Occorre allontanarsi da antichi retaggi culturali che oggi non sono più validi e ridefinire le relazioni tra uomo e donna.
Per cui care donne facciamoci sentire, camminiamo a testa alta combattendo contro chiunque semini odio e violenza.
Impariamo a volerci bene, ad apprezzarci e valorizzare le nostre persone, denunciando ogni gesto vile che tenda a sminuire noi stesse e le nostre vite.