Necessità di una di una disciplina specifica sulla responsabilità medica nella emergenza epidemiologica

Articolo a cura della Dott.ssa Donata Maddalena Bonaccorso

L’improvvisa diffusione di una patologia nuova, mai studiata scientificamente e contraddistinta dall’elevata contagiosità, oggi ben nota a tutti come “COVID-19”, ha scosso il delicato equilibrio tra rapporti civili, economici ed etico-sociali, costituzionalmente tutelati: Quale equilibrio tra interesse collettivo e libertà personali? Quali prospettive future per il Servizio Sanitario? Molte le domande si accavallano, dai diritti del malato agli obblighi delle strutture sanitarie, dall’interesse collettivo alle libertà personali.

Responsabilita medica

L’emergenza epidemiologica in corso, in relazione alle situazioni giuridiche soggettive, diviene feconda occasione di indagine e proprio in questo contesto il tema della responsabilità sanitaria risulta giuridicamente interessante.

La tutela costituzionale del diritto alla salute

Si avvia l’analisi del diritto alla salute così come garantito dalla nostra Carta costituzionale, anche al fine di verificare i tanti risvolti che, sul piano risarcitorio, la sua lesione può comportare.
L’enunciato di cui all’art. 32 Cost. dispone che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». La collocazione della norma nella parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini e la scelta della espressione “fondamentale” denotano il forte intento del Costituente di riconoscere alla salute natura di bene primario nell’ordinamento giuridico: la salute come un diritto per ciascuno e un interesse per tutti. Ad esempio é proprio in questo contesto che si legittima l’obbligo vaccinale, perché tutela la salute come interesse collettivo oltre che come diritto individuale. La norma va inserita nel contesto degli altri valori fondanti la nostra convivenza: i diritti inviolabili e i doveri inderogabili di solidarietà come affermato dall’art. 2 Cost., ovvero la libertà personale e l’autodeterminazione previste all’articolo 13 Cost. e la pari dignità sociale affermata dall’art. 3 Cost..
Il dettato costituzionale riconosce dunque all’individuo un diritto di accesso alle prestazioni sanitarie, facendo obbligo alle istituzioni della Repubblica di tutelare la salute dei cittadini, definendone i livelli essenziali di assistenza. La tutela della salute è certamente un diritto espressamente e pienamente esigibile in un contesto di vita “normale”. Invece la situazione emergenziale, in cui ha operato attualmente il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ha determinato in concreto talvolta l’inesigibilità del diritto alla salute, ovvero la non fruibilità della prestazione.

Conseguenze dell’emergenza epidemiologica sulla responsabilità medica

L’emergenza ha imposto di confrontarsi con più elementi di criticità: un virus ignoto, il SARS-CoV-2, e la patologia da esso procurata, il Covid-19, risultata da subito di facile trasmissione e diffusione e nel contempo non conosciuta dalla scienza medica. Conseguenza inevitabile è stata l’enorme e improvvisa quantità di malati affetti dalla patologia, rivelatasi di gran lunga superiore rispetto alla disponibilità delle risorse necessarie ad affrontarlo. L’insufficiente disponibilità di dispositivi di protezione individuale, di apparecchi di ventilazione e di posti in terapia intensiva é stata parzialmente risolta facendo massiccio ricorso a nuovi investimenti per nuove risorse infrastrutturali. L’insufficienza di risorse umane specializzate, medici e infermieri, è stata gestita costituendo a supporto di infettivologi e rianimatori, specifiche task force di medici provenienti da altre specializzazioni e di infermieri provenienti da altri reparti, che si sono generosamente prestati ad operare in ambiti diversi dalla propria pratica professionale abituale.
Tale drammatico scenario ha correttamente suscitato la preoccupazione di ciò che ne potesse conseguire ovvero un’eccessiva e ingiustificata esposizione giudiziaria per il personale sanitario. In un primo momento le diverse parti politiche impegnate a proporre emendamenti al provvedimento di conversione in legge del decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18 detto “Cura Italia” miravano a scongiurare tale rischio tramite l’introduzione di norme dirette ad escludere o a limitare la responsabilità medica per eventi avversi alla salute dei pazienti Covid-19. Con il successivo ritiro di tali emendamenti la questione è rimasta in sospeso. Dunque non si è ancora giunti ad un intervento definitivo da parte del legislatore, continuando a far discutere gli interpreti circa i confini da tracciare, oltre i quali la pandemia, integrando una causa di forza maggiore o di necessità, escluda la responsabilità del medico, o renda non del tutto esigibile un esatto adempimento da parte della struttura sanitaria.
La responsabilità medica, oggi è regolata dalla L. 8 marzo 2017, n. 24 nota come Legge Gelli Bianco, entrata in vigore dal 1° aprile 2017.  All’art. 5 prevede che <<… gli esercenti le professioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee giuda pubblicate ai sensi dell’art.3… In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali>>. La stessa legge all’art.6 ha modificato l’art. 590 c.p. inserendo l’art. 590 sexies  <<Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario>>. Quest’ultimo prevede che se l’evento si è verificato per imperizia, la punibilità è esclusa nelle ipotesi in cui sono state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in loro mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali e <<… sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso>>.
La corretta interpretazione della norma è chiarita da una pronuncia della Suprema Corte, la quale ha puntualizzato che l’esercente la professione sanitaria risponde a titolo di colpa, per morte o lesioni personali nelle ipotesi in cui:
a)l’evento si è verificato per colpa, anche “lieve” da negligenza o imprudenza;
b) l’evento si è verificato per colpa, anche “lieve” da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni o linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
c)  l’evento si è verificato per colpa, anche “lieve” da imperizia nell’individuazione e scelta delle linee guida o pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali tenuto conto del rischio da gestire e delle difficoltà dell’atto medico.[1]
L’esclusione eventuale della responsabilità penale non esclude la responsabilità civile infatti la Legge Gelli Bianco ha introdotto un sistema a doppio binario di responsabilità civile: di natura contrattuale con riferimento alla struttura sanitaria pubblica o privata, e di natura extracontrattuale per i professionisti. E’ previsto un diverso regime probatorio delle due differenti qualificazioni di responsabilità.
Queste norme vanno così interpretate e riadattate alla luce della pandemia dilagante. L’inadeguatezza dell’ultima riforma nel disciplinare tale settore, è ancora più evidente nell’attuale contesto epidemiologico.
La Corte di Cassazione ha affermato che con l’introduzione dell’art. 590 sexies c.p. ad opera della riforma Gelli-Bianco, il giudice è tenuto ad accertare e motivare scrupolosamente, la qualificazione della condotta del medico come imperita piuttosto che negligente o imprudente. Il giudice, ai fini dell’accertamento di una responsabilità del medico, deve inoltre individuare anche il grado della colpa. I fattori da esaminare sono diversi: specifiche condizioni dell’agente e il grado di specializzazione, problematicità o equivocità della vicenda, particolare difficoltà delle condizioni in cui il medico ha operato, difficoltà di cogliere e collegare le informazioni cliniche, grado di atipicità e novità della situazione, impellenza, motivazione della condotta, consapevolezza delle condotta pericolosa.
Con riguardo alle linee guida, pur non costituendo regole cautelari vincolanti, consentono al giudice nella valutazione della condotta del medico, di verificare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia.
Nel complesso quanto lacunoso sistema della responsabilità sanitaria aggravata dall’emergenza potrebbe intervenire l’art. 2236 c.c. che dispone <<Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non per dolo o colpa grave>>. La prestazione d’opera è un’obbligazione di mezzi che richiede particolare diligenza nell’esecuzione.

Riflessioni conclusive: necessità di una disciplina specifica della materia

Il nostro SSN, retto sui principi fondamentali dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità, sulla base del diritto alla salute costituzionalmente garantito, deve trovare nello Stato il proprio garante, secondo un modus operandi efficiente ed efficace. Una pandemia, ieri solo teoricamente prevedibile ha messo a durissima prova il sistema.
Risulta tangibile quindi l’urgenza di una disciplina ad hoc, in un contesto aggravato da una carenza strutturale, organizzativa e di risorse umane, propria di questo SSN, che appare certamente quanto meno da rinsaldare, se non in alcune parti da rifondare.
L’intervento legislativo auspicato, ferma restando la protezione dei diritti individuali e della salute pubblica,  al fine di tutelare anche gli operatori sanitari e le strutture sanitarie in una situazione di assoluta novità, potrebbe riguardare:

  • la limitazione o la ridefinizione durante la fase di emergenza epidemiologica della responsabilità penale degli operatori sanitari non soltanto nelle ipotesi di colpa grave per imperizia, ma anche per negligenza o imprudenza,
  • la previsione di ulteriori specifici e univoci criteri nella valutazione della condotta e della sua esigibilità e nella individuazione e imputazione corretta delle responsabilità.

In definitiva per il tema sin qui affrontato così come per la tutela della salute è fondamentale integrare la normativa vigente con una disciplina funzionale e organica specifica per le situazioni di emergenza epidemiologica.


[1] Cass. Pen. SS.UU. 8770/2018

responsabilita medica

L’emergenza epidemiologica in corso, in relazione alle situazioni giuridiche soggettive, diviene feconda occasione di indagine e proprio in questo contesto il tema della responsabilità sanitaria risulta giuridicamente interessante.

La tutela costituzionale del diritto alla salute

Si avvia l’analisi del diritto alla salute così come garantito dalla nostra Carta costituzionale, anche al fine di verificare i tanti risvolti che, sul piano risarcitorio, la sua lesione può comportare.
L’enunciato di cui all’art. 32 Cost. dispone che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». La collocazione della norma nella parte dedicata ai diritti e doveri dei cittadini e la scelta della espressione “fondamentale” denotano il forte intento del Costituente di riconoscere alla salute natura di bene primario nell’ordinamento giuridico: la salute come un diritto per ciascuno e un interesse per tutti. Ad esempio é proprio in questo contesto che si legittima l’obbligo vaccinale, perché tutela la salute come interesse collettivo oltre che come diritto individuale. La norma va inserita nel contesto degli altri valori fondanti la nostra convivenza: i diritti inviolabili e i doveri inderogabili di solidarietà come affermato dall’art. 2 Cost., ovvero la libertà personale e l’autodeterminazione previste all’articolo 13 Cost. e la pari dignità sociale affermata dall’art. 3 Cost..
Il dettato costituzionale riconosce dunque all’individuo un diritto di accesso alle prestazioni sanitarie, facendo obbligo alle istituzioni della Repubblica di tutelare la salute dei cittadini, definendone i livelli essenziali di assistenza. La tutela della salute è certamente un diritto espressamente e pienamente esigibile in un contesto di vita “normale”. Invece la situazione emergenziale, in cui ha operato attualmente il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), ha determinato in concreto talvolta l’inesigibilità del diritto alla salute, ovvero la non fruibilità della prestazione.

Conseguenze dell’emergenza epidemiologica sulla responsabilità medica

L’emergenza ha imposto di confrontarsi con più elementi di criticità: un virus ignoto, il SARS-CoV-2, e la patologia da esso procurata, il Covid-19, risultata da subito di facile trasmissione e diffusione e nel contempo non conosciuta dalla scienza medica. Conseguenza inevitabile è stata l’enorme e improvvisa quantità di malati affetti dalla patologia, rivelatasi di gran lunga superiore rispetto alla disponibilità delle risorse necessarie ad affrontarlo. L’insufficiente disponibilità di dispositivi di protezione individuale, di apparecchi di ventilazione e di posti in terapia intensiva é stata parzialmente risolta facendo massiccio ricorso a nuovi investimenti per nuove risorse infrastrutturali. L’insufficienza di risorse umane specializzate, medici e infermieri, è stata gestita costituendo a supporto di infettivologi e rianimatori, specifiche task force di medici provenienti da altre specializzazioni e di infermieri provenienti da altri reparti, che si sono generosamente prestati ad operare in ambiti diversi dalla propria pratica professionale abituale.
Tale drammatico scenario ha correttamente suscitato la preoccupazione di ciò che ne potesse conseguire ovvero un’eccessiva e ingiustificata esposizione giudiziaria per il personale sanitario. In un primo momento le diverse parti politiche impegnate a proporre emendamenti al provvedimento di conversione in legge del decreto-legge del 17 marzo 2020, n. 18 detto “Cura Italia” miravano a scongiurare tale rischio tramite l’introduzione di norme dirette ad escludere o a limitare la responsabilità medica per eventi avversi alla salute dei pazienti Covid-19. Con il successivo ritiro di tali emendamenti la questione è rimasta in sospeso. Dunque non si è ancora giunti ad un intervento definitivo da parte del legislatore, continuando a far discutere gli interpreti circa i confini da tracciare, oltre i quali la pandemia, integrando una causa di forza maggiore o di necessità, escluda la responsabilità del medico, o renda non del tutto esigibile un esatto adempimento da parte della struttura sanitaria.
La responsabilità medica, oggi è regolata dalla L. 8 marzo 2017, n. 24 nota come Legge Gelli Bianco, entrata in vigore dal 1° aprile 2017.  All’art. 5 prevede che <<… gli esercenti le professioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale, si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee giuda pubblicate ai sensi dell’art.3… In mancanza delle suddette raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono alle buone pratiche clinico-assistenziali>>. La stessa legge all’art.6 ha modificato l’art. 590 c.p. inserendo l’art. 590 sexies  <<Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario>>. Quest’ultimo prevede che se l’evento si è verificato per imperizia, la punibilità è esclusa nelle ipotesi in cui sono state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o, in loro mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali e <<… sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alla specificità del caso>>.
La corretta interpretazione della norma è chiarita da una pronuncia della Suprema Corte, la quale ha puntualizzato che l’esercente la professione sanitaria risponde a titolo di colpa, per morte o lesioni personali nelle ipotesi in cui:
a)l’evento si è verificato per colpa, anche “lieve” da negligenza o imprudenza;
b) l’evento si è verificato per colpa, anche “lieve” da imperizia quando il caso concreto non è regolato dalle raccomandazioni o linee guida o dalle buone pratiche clinico-assistenziali;
c)  l’evento si è verificato per colpa, anche “lieve” da imperizia nell’individuazione e scelta delle linee guida o pratiche clinico-assistenziali non adeguate alla specificità del caso concreto;
d) l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee guida o buone pratiche clinico-assistenziali tenuto conto del rischio da gestire e delle difficoltà dell’atto medico.[1]
L’esclusione eventuale della responsabilità penale non esclude la responsabilità civile infatti la Legge Gelli Bianco ha introdotto un sistema a doppio binario di responsabilità civile: di natura contrattuale con riferimento alla struttura sanitaria pubblica o privata, e di natura extracontrattuale per i professionisti. E’ previsto un diverso regime probatorio delle due differenti qualificazioni di responsabilità.
Queste norme vanno così interpretate e riadattate alla luce della pandemia dilagante. L’inadeguatezza dell’ultima riforma nel disciplinare tale settore, è ancora più evidente nell’attuale contesto epidemiologico.
La Corte di Cassazione ha affermato che con l’introduzione dell’art. 590 sexies c.p. ad opera della riforma Gelli-Bianco, il giudice è tenuto ad accertare e motivare scrupolosamente, la qualificazione della condotta del medico come imperita piuttosto che negligente o imprudente. Il giudice, ai fini dell’accertamento di una responsabilità del medico, deve inoltre individuare anche il grado della colpa. I fattori da esaminare sono diversi: specifiche condizioni dell’agente e il grado di specializzazione, problematicità o equivocità della vicenda, particolare difficoltà delle condizioni in cui il medico ha operato, difficoltà di cogliere e collegare le informazioni cliniche, grado di atipicità e novità della situazione, impellenza, motivazione della condotta, consapevolezza delle condotta pericolosa.
Con riguardo alle linee guida, pur non costituendo regole cautelari vincolanti, consentono al giudice nella valutazione della condotta del medico, di verificare l’osservanza degli obblighi di diligenza, prudenza, perizia.
Nel complesso quanto lacunoso sistema della responsabilità sanitaria aggravata dall’emergenza potrebbe intervenire l’art. 2236 c.c. che dispone <<Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non per dolo o colpa grave>>. La prestazione d’opera è un’obbligazione di mezzi che richiede particolare diligenza nell’esecuzione.

Riflessioni conclusive: necessità di una disciplina specifica della materia

Il nostro SSN, retto sui principi fondamentali dell’universalità, dell’uguaglianza e dell’equità, sulla base del diritto alla salute costituzionalmente garantito, deve trovare nello Stato il proprio garante, secondo un modus operandi efficiente ed efficace. Una pandemia, ieri solo teoricamente prevedibile ha messo a durissima prova il sistema.
Risulta tangibile quindi l’urgenza di una disciplina ad hoc, in un contesto aggravato da una carenza strutturale, organizzativa e di risorse umane, propria di questo SSN, che appare certamente quanto meno da rinsaldare, se non in alcune parti da rifondare.
L’intervento legislativo auspicato, ferma restando la protezione dei diritti individuali e della salute pubblica,  al fine di tutelare anche gli operatori sanitari e le strutture sanitarie in una situazione di assoluta novità, potrebbe riguardare:

  • la limitazione o la ridefinizione durante la fase di emergenza epidemiologica della responsabilità penale degli operatori sanitari non soltanto nelle ipotesi di colpa grave per imperizia, ma anche per negligenza o imprudenza,
  • la previsione di ulteriori specifici e univoci criteri nella valutazione della condotta e della sua esigibilità e nella individuazione e imputazione corretta delle responsabilità.

In definitiva per il tema sin qui affrontato così come per la tutela della salute è fondamentale integrare la normativa vigente con una disciplina funzionale e organica specifica per le situazioni di emergenza epidemiologica.


[1] Cass. Pen. SS.UU. 8770/2018