Si è chiusa oggi una battaglia legale durata oltre vent’anni con l’ordinanza della Corte di Cassazione n.18603.
Il Ministero dell’Economia e dello Sviluppo economico aveva ricorso in Cassazione dopo la condanna della Corte di Appello di Roma a restituire a Vodafone Omnitel i 49 milioni di euro che erano stati versati nel 1998 per il canone di concessione per l’esercizio delle attività di telecomunicazioni.
La Suprema Corte ha evidenziato il contrasto tra la direttiva UE 97/13-CE e l’obbligo di pagamento comparato al 3% del fatturato annuo stabilito ex lege n. 49 del 1998.
A rafforzare la posizione di Vodafone Omnitel nei confronti dello Stato italiano vi è anche l’attuazione della liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni con cessazione del regime di concessione statale a partire dal 1998.
La Corte d’Appello di Roma, infatti, quando è stata chiamata a pronunciarsi nel 2014 aveva sancito che il pagamento del canone di concessione “deve ritenersi, dopo il 31- 12-1997, in contrasto con l’ordinamento comunitario” e che “i vecchi concessionari dei servizi di telefonia, titolari o meno che fossero di diritti esclusivi, non potevano più esser considerati come titolari di una concessione amministrativa nel periodo transitorio successivo a tale data, né poteva esser loro imposta alcuna prestazione che non fosse quantificabile secondo l’art. 11 della direttiva medesima”.
La Sezione Prima della Corte di Cassazione Civile ha ripreso totalmente la decisione presa dall’organo territoriale ed ha rigettato il ricorso.