COVID-19 e legittimo impedimento

Il lockdown, il lavoro da remoto e i figli in didattica a distanza (DAD), hanno stravolto la vita professionale di tutti, compresa quella degli avvocati che si sono ritrovati a dover riorganizzare i propri studi in modalità smart working e a conciliare gli impegni professionali con quelli personali e, talvolta, ancor più pesantemente, con quelli che riguardano, purtroppo, la salute.
In piena emergenza sanitaria, in caso di comparsa di sintomi riconducibili al coronavirus o di isolamento obbligatorio in seguito a tampone positivo, l’avvocato ha diritto di invocare il legittimo impedimento ottenendo così il rinvio dell’udienza penale?

Legittimo impedimento

Cos’è il legittimo impedimento?

Il legittimo impedimento è previsto e disciplinato dall’articolo 420-ter del nostro codice di procedura penale. In sintesi, si tratta di un istituto di diritto processuale italiano, che permette all’avvocato di chiedere e ottenere dal giudice il rinvio di un’udienza qualora il difensore non possa prendervi parte attivamente per caso fortuito e forza maggiore o per altra ragione che comporti una impossibilità assoluta a comparire.
L’accettazione o meno del legittimo impedimento rimane un potere esercitabile a discrezione del giudice incaricato nel processo.
Il giudice è chiamato infatti a valutare se, secondo il proprio giudizio, l’impedimento invocato dall’avvocato sia o meno legittimo. Tra l’altro, il giudice può anche disattendere la prognosi contenuta in un certificato medico senza necessariamente dover far ricorso adulteriori accertamenti, avvalendosi di comuni regole di esperienza o di conoscenze mediche di base; considerato che la legge richiede l’assoluta impossibilità di comparire e che la prognosi di una malattia è pur sempre un giudizio fondato sulla probabilità e non sulla certezza si può ben capire come i giudici godano di ampi margini di discrezionalità nella propria valutazione.

Legittimo impedimento per motivi di salute

La legittimità dell’impedimento, quindi, non è predefinita dalla legge, ma viene valutata discrezionalmente dal giudice che, secondo il proprio libero convincimento, può decidere se accordare o meno il rinvio.
La principale e più diffusa ipotesi in cui viene invocato il legittimo impedimento è quella connessa a motivi di salute dell’avvocato, che, come stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 9025/2018, devono essere adeguatamente dimostrati attraverso l’esibizione di un certificato medico dettagliato (in caso di influenza, ad esempio, il medico è chiamato a riportare nel certificato la temperatura registrata).
Per fare un esempio, tra le varie pronunce in merito a legittimo impedimento per malattia ritroviamo quella del Giudice di Taranto, del febbraio 2020.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto la richiesta di differimento della trattazione dell’udienza per ragioni di salute del difensore, il quale aveva trasmesso la certificazione medica comprovante l’impedimento a presenziare all’udienza. La Cassazione, interpellata dal legale sul punto, ha stravolto il giudizio, segnalando l’errore del giudice: era stata depositata infatti una certificazione medica che documentava un impedimento assoluto con riposo a letto, prescritto dal sanitario all’avvocato.
La I Sezione penale della Cassazione, con la sentenza 22 ottobre 2020 – 5 febbraio 2021, n. 4624 ha colto l’occasione per precisare che al difensore deve essere garantito il diritto al rinvio dell’udienza, laddove si trovi nelle condizioni di essere legittimamente impedito per motivi di salute. La decisione segue dunque il trend giurisprudenziale inaugurato dalle Sezioni Unite che, già nel 2016, avevano emesso una pronuncia in tema di legittimo impedimento per ragioni di salute del difensore, ponendo l’attenzione sulla rilevanza dell’impedimento del professionista determinato da serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate.

COVID-19 e legittimo impedimento

In un’altra occasione, sempre nel febbraio scorso, la V Sezione penale della Cassazione ha ritenuto che l’età avanzata del difensore, nella specie pari a 77 anni, e la sua residenza in zona rossa, nel piemontese, non costituissero valide ragioni per far slittare l’udienza penale, che poteva essere tenuta seguendo le regole del distanziamento dettate dall’articolo 83 del decreto Cura Italia.
Alle zone rosse locali è seguito il lockdown e misure restrittive sempre più stringenti che tutt’ora siamo chiamati ad osservare. Se prima del COVID19 era quasi normale o comunque socialmente accettato recarsi al lavoro pur avendo sintomi para-influenzali lievi, oggi la situazione è radicalmente cambiata.
Nella situazione di vuoto normativo, alcuni Consigli dell’Ordine degli Avvocati hanno condiviso, con Tribunali e Procure, un vero e proprio protocollo ed un fac-simile di Dichiarazione Sostitutiva di Atto Notorio (DSAN) attestante l’impedimento del difensore nel processo penale, al fine di supportare l’istanza di rinvio dell’udienza per improvvisi sintomi compatibili con il contagio da COVID19, e rispetto ai quali vi sono raccomandazioni da parte delle Autorità Sanitarie a contattare il medico e ad evitare di uscire di casa, o per uno degli altri casi precisati sul modello stesso. Ovviamente, va da sé che in caso di quarantena obbligatoria a seguito di tampone positivo il legittimo impedimento è giustificato.
Nell’ambito di alcuni fori, Consigli e magistrati si sono premurati di affrontare, in sinergia, le ipotesi non documentabili nel minor tempo possibile per evitare di causare disagio alle controparti processuali.
I Tribunali aderenti, tra cui quello di Verona, hanno ritenuto di concedere un differimento di cortesia, a prescrizione sospesa per l’intera durata dello stesso, agli avvocati che facciano richiesta di rinvio dell’udienza con le modalità indicate per comparsa di sintomi riconducibili al coronavirus, poiché la mancanza di documentazione sanitaria non consente di applicare il regime di sospensione della prescrizione proprio del legittimo impedimento.
Da nord a sud l’impedimento appare diversamente legittimo, tra certificati medici, età avanzata del difensore, residenza in zona rossa e sintomi da COVID19 non documentabili.
Ci si rimette, quindi, al buon senso dei magistrati che vogliano assicurare il rispetto dei severi protocolli di contrasto al coronavirus e, al contempo, ridurre al minimo le lungaggini dei processi dovute spesso a rinvii più o meno pretenziosi.

legittimo impedimento

Cos’è il legittimo impedimento?

Il legittimo impedimento è previsto e disciplinato dall’articolo 420-ter del nostro codice di procedura penale. In sintesi, si tratta di un istituto di diritto processuale italiano, che permette all’avvocato di chiedere e ottenere dal giudice il rinvio di un’udienza qualora il difensore non possa prendervi parte attivamente per caso fortuito e forza maggiore o per altra ragione che comporti una impossibilità assoluta a comparire.
L’accettazione o meno del legittimo impedimento rimane un potere esercitabile a discrezione del giudice incaricato nel processo.
Il giudice è chiamato infatti a valutare se, secondo il proprio giudizio, l’impedimento invocato dall’avvocato sia o meno legittimo. Tra l’altro, il giudice può anche disattendere la prognosi contenuta in un certificato medico senza necessariamente dover far ricorso adulteriori accertamenti, avvalendosi di comuni regole di esperienza o di conoscenze mediche di base; considerato che la legge richiede l’assoluta impossibilità di comparire e che la prognosi di una malattia è pur sempre un giudizio fondato sulla probabilità e non sulla certezza si può ben capire come i giudici godano di ampi margini di discrezionalità nella propria valutazione.

Legittimo impedimento per motivi di salute

La legittimità dell’impedimento, quindi, non è predefinita dalla legge, ma viene valutata discrezionalmente dal giudice che, secondo il proprio libero convincimento, può decidere se accordare o meno il rinvio.
La principale e più diffusa ipotesi in cui viene invocato il legittimo impedimento è quella connessa a motivi di salute dell’avvocato, che, come stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza numero 9025/2018, devono essere adeguatamente dimostrati attraverso l’esibizione di un certificato medico dettagliato (in caso di influenza, ad esempio, il medico è chiamato a riportare nel certificato la temperatura registrata).
Per fare un esempio, tra le varie pronunce in merito a legittimo impedimento per malattia ritroviamo quella del Giudice di Taranto, del febbraio 2020.
Il Tribunale di sorveglianza ha respinto la richiesta di differimento della trattazione dell’udienza per ragioni di salute del difensore, il quale aveva trasmesso la certificazione medica comprovante l’impedimento a presenziare all’udienza. La Cassazione, interpellata dal legale sul punto, ha stravolto il giudizio, segnalando l’errore del giudice: era stata depositata infatti una certificazione medica che documentava un impedimento assoluto con riposo a letto, prescritto dal sanitario all’avvocato.
La I Sezione penale della Cassazione, con la sentenza 22 ottobre 2020 – 5 febbraio 2021, n. 4624 ha colto l’occasione per precisare che al difensore deve essere garantito il diritto al rinvio dell’udienza, laddove si trovi nelle condizioni di essere legittimamente impedito per motivi di salute. La decisione segue dunque il trend giurisprudenziale inaugurato dalle Sezioni Unite che, già nel 2016, avevano emesso una pronuncia in tema di legittimo impedimento per ragioni di salute del difensore, ponendo l’attenzione sulla rilevanza dell’impedimento del professionista determinato da serie, imprevedibili e attuali ragioni di salute, debitamente documentate e tempestivamente comunicate.

COVID-19 e legittimo impedimento

In un’altra occasione, sempre nel febbraio scorso, la V Sezione penale della Cassazione ha ritenuto che l’età avanzata del difensore, nella specie pari a 77 anni, e la sua residenza in zona rossa, nel piemontese, non costituissero valide ragioni per far slittare l’udienza penale, che poteva essere tenuta seguendo le regole del distanziamento dettate dall’articolo 83 del decreto Cura Italia.
Alle zone rosse locali è seguito il lockdown e misure restrittive sempre più stringenti che tutt’ora siamo chiamati ad osservare. Se prima del COVID19 era quasi normale o comunque socialmente accettato recarsi al lavoro pur avendo sintomi para-influenzali lievi, oggi la situazione è radicalmente cambiata.
Nella situazione di vuoto normativo, alcuni Consigli dell’Ordine degli Avvocati hanno condiviso, con Tribunali e Procure, un vero e proprio protocollo ed un fac-simile di Dichiarazione Sostitutiva di Atto Notorio (DSAN) attestante l’impedimento del difensore nel processo penale, al fine di supportare l’istanza di rinvio dell’udienza per improvvisi sintomi compatibili con il contagio da COVID19, e rispetto ai quali vi sono raccomandazioni da parte delle Autorità Sanitarie a contattare il medico e ad evitare di uscire di casa, o per uno degli altri casi precisati sul modello stesso. Ovviamente, va da sé che in caso di quarantena obbligatoria a seguito di tampone positivo il legittimo impedimento è giustificato.
Nell’ambito di alcuni fori, Consigli e magistrati si sono premurati di affrontare, in sinergia, le ipotesi non documentabili nel minor tempo possibile per evitare di causare disagio alle controparti processuali.
I Tribunali aderenti, tra cui quello di Verona, hanno ritenuto di concedere un differimento di cortesia, a prescrizione sospesa per l’intera durata dello stesso, agli avvocati che facciano richiesta di rinvio dell’udienza con le modalità indicate per comparsa di sintomi riconducibili al coronavirus, poiché la mancanza di documentazione sanitaria non consente di applicare il regime di sospensione della prescrizione proprio del legittimo impedimento.
Da nord a sud l’impedimento appare diversamente legittimo, tra certificati medici, età avanzata del difensore, residenza in zona rossa e sintomi da COVID19 non documentabili.
Ci si rimette, quindi, al buon senso dei magistrati che vogliano assicurare il rispetto dei severi protocolli di contrasto al coronavirus e, al contempo, ridurre al minimo le lungaggini dei processi dovute spesso a rinvii più o meno pretenziosi.