Il reato di violazione di domicilio

Il reato di violazione di domicilio è compreso tra i delitti contro l’inviolabilità del domicilio indicati all’interno del codice penale. L’istituto in questione è stato oggetto di recente riforma per quel che riguarda il computo della pena. Come vedremo di seguito, infatti, il processo di riforma ha condotto ad un aggravio delle pene.

1. Introduzione e inquadramento normativo

La fattispecie delittuosa di violazione di domicilio è rubricata all’interno dell’art. 614 del codice penale. Ai sensi di quest’ultimo il domicilio si intende violato qualora “Chiunque s’introduce nell’abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con inganno”.
Questo genere di reato può essere perseguibile previa querela della persona offesa.
Per il caso di introduzione con le modalità indicate dall’ultimo comma del predetto articolo, per la persecuzione del reato è possibile procedervi anche d’ufficio.

2. La previsione costituzionale

Il diritto all’inviolabilità del domicilio risulta essere anche costituzionalmente garantito. Ai sensi dell’articolo 14 della Costituzione, infatti, esso è inviolabile e, anche per il caso di ispezioni o perquisizioni, queste potranno avvenire solo come previsto ex lege, mantenendo comunque intatte le garanzie previste a tutela della libertà personale. Con questo quadro normativo i vari legislatori che si sono succeduti hanno voluto blindare la privacy a cui ogni cittadino avrà diritto all’interno della propria dimora.

3. Le diverse previsioni di pena

La pena genericamente prevista per il caso di violazione di domicilio va da un minimo di un anno ad un massimo di quattro anni. Nel caso in cui, invece, l’introduzione nel domicilio sia avvenuta con violenza sulle cose, sulle persone o con l’utilizzo di armi, la pena prevista va da un minimo di due anni ad un massimo di sei.
Se un soggetto si introduce in una abitazione abusando della sua qualifica di pubblico ufficiale, potrà essere assoggettato ad una pena che va da un minimo di un anno a un massimo di cinque anni.
Se invece l’introduzione è avvenuta nell’esercizio delle sue funzioni, senza osservare gli obblighi prescritti dalla legge (es. assenza di esplicito mandato), il pubblico ufficiale potrà subire una condanna fino a un anno di reclusione.

4. La riforma del 2019

Con la legge 26 aprile 2019, n. 36 vi è stato un inasprimento delle pene che erano originariamente previste per il reato di violazione di domicilio. Infatti, la pena prevista dal primo comma dell’art. 614 del codice penale, è passata da “un minimo di sei mesi a un massimo di tre anni” a “un minimo di un anno e un massimo di quattro”. Invece, per la circostanza aggravante prevista dall’ultimo del medesimo articolo, ovvero che il fatto sia commesso con violenza o armi, la pena originariamente prevista era “da uno a cinque anni”, mentre per l’effetto della riforma è passata ad una pena che va “due anni a sei anni”.

5. Il reato connesso di “interferenze illecite nella vita privata”

Reato simile a quello della violazione materiale di domicilio è indicato dall’articolo 615 bis c.p., che prevede il caso in cui si verificano delle interferenze illecite nella vita privata. Ciò consiste nella condotta posta in essere da un individuo che, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata altrui, svolte in privata dimora. In tal caso, il soggetto agente viene punito con la reclusione fino a quattro anni. La pena è aumentata fino a cinque anni se il medesimo reato è commesso da pubblico ufficiale.

6. Elemento oggettivo

Trattandosi di un reato comune, la violazione di domicilio può essere commessa da chiunque. L’elemento oggettivo consiste nel compimento di una condotta volta a introdursi, o intrattenersi, in domicilio privato contro la volontà del titolare del diritto di esclusione.

7. Elemento soggettivo

Trattandosi di dolo generico, l’elemento soggettivo del reato di violazione di domicilio consiste nella coscienza e nella volontà di introdursi in privata dimora senza che vi sia stato alcun consenso da parte del titolare (espresso o tacito).

8. Ultime dalla Corte di Cassazione

La pronunzia assolutoria per il reato di cui all’art. 612-bis cod. pen. passata in giudicato non preclude la celebrazione del giudizio per il reato di cui all’art. 614 cod. pen. quando gli atti persecutori si siano sostanziati, oltre che nell’intrusione nell’abitazione della vittima, anche in ulteriori comportamenti invasivi determinanti uno o più degli eventi tipici dello “stalking”, non sussistendo identità del fatto storico rilevante per la violazione del divieto di “bis in idem”, secondo l’interpretazione data dalla sentenza della Corte costituzionale n. 200 del 2016. (Cass. Sez. V penale, sentenza del 23 luglio 2020, n. 22043)

Ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio, l’occupazione non coperta da valido titolo non esclude in capo all’occupante l’esercizio dello “ius excludendi”, quando le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull’immobile consentono di ritenere quel luogo come l’effettivo domicilio dell’occupante medesimo. (Fattispecie nella quale l’occupante non aveva liberato l’immobile su richiesta del proprietario il quale, dopo avere acconsentito per un certo periodo all’uso del medesimo quale abitazione dell’occupante, vi si era introdotto, gettando in strada i suoi oggetti e aveva chiuso con un lucchetto il cancello d’ingresso). (Cass. Sez. V penale, sentenza del 12 luglio 2019, n. 30742)

Ai fini della configurabilità dell’aggravante prevista dall’ultimo comma dell’art. 614 cod. pen. (fatto commesso con violenza su persone o cose o da soggetto armato) non è sufficiente un rapporto occasionale tra gli atti di violenza e la violazione di domicilio, ma occorre un nesso teleologico tra le due azioni. Ne consegue che se la violenza è usata non per entrare o intrattenersi nell’altrui abitazione, ma per commettere un altro reato, la violazione è aggravata ai sensi dell’art. 61, n. 2 stesso codice e il reato è procedibile a querela (Nella fattispecie la Corte ha escluso la sussistenza dell’aggravante con riferimento alla condotta del ricorrente che, dopo essersi introdotto nell’abitazione dell’ex coniuge, strattonava la donna, le strappava dalle mani il telefono cellulare e colpiva con dei calci la porta di ingresso, rilevando che dette azioni erano espressive di uno scatto d’ira ovvero del tentativo di impossessarsi del telefono con cui la donna intendeva chiamare le forze dell’ordine). (Cass. Sez. V penale, sentenza del 28 febbraio 2018, n. 9084)