Sequestro di persona

Il sequestro di persona è disciplinato dall’articolo 605 del codice penale. In questo caso il bene giuridico che la norma intende tutelare è quello della libertà personale.

1. Riferimento normativo

La norma di riferimento del nostro ordinamento penale, in relazione al reato di sequestro di persona è l’art. 605 del codice penale, il quale nel difendere la libertà personale di ogni individuo chiarisce al primo comma che: “ Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni”.
Questo prima comma traccia una prima ipotesi di pena generica la quale, come vedremo nel paragrafo successivo, al verificarsi di determinate circostanze sarà soggetta ad un ulteriore aggravio.

2. Circostanze aggravanti nel caso di sequestro di persona

Sempre all’interno del medesimo articolo 605 c.p. sono elencate le ipotesi che comportano un aggravio della pena, che può aumentare fino a dieci anni nel caso in cui il soggetto sequestrato sia:

  • Ascendente;
  • Discendente;
  • Coniuge;

oppure se il sequestro di persona viene commesso da un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni (come ad esempio un sequestro da parte di un agente di polizia).
La pena potrà ancora aumentare fino a:

Computo della penaRequisiti sequestrato
Fino a dodici anniIndividuo sequestrato minore di anni diciotto
Fino a quindici anniIndividuo sequestrato minore di anni quattordici o minore di anni diciotto trattenuto all’estero

Nell’ipotesi peggiore, ovvero quella in cui il sequestrante cagiona la morte del minore sequestrato, è prevista la pena dell’ergastolo.

3. Circostanze attenuanti nel caso di sequestro di persona

Oltre alle previsioni di aggravio di pena, l’articolo in esame prevede anche le ipotesi in cui la pena dovrà essere attenuata. Tali circostanze si rinvengono nel caso in cui l‘imputato si attiva:

  • Affinchè il minore riacquisti la propria libertà individuale;
  • Nell’aiutare in maniera concreta le forze dell’ordine nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
  • Per evitare la commissione di ulteriori fatti delittuosi della medesima specie.

4. Elemento oggettivo

L’elemento oggettivo di siffatta ipotesi delittuosa si rinviene nella limitazione della libertà personale di un determinato individuo.
La nozione di libertà personale, secondo la corrente maggioritaria in dottrina deve essere intesa come semplice libertà di movimento, che viene aggredita da tutti i comportamenti volti ad impedire l’opportunità di muoversi o di rimanere fermi sulla base delle scelte individuali di ciascuna persona.

5. Elemento soggettivo

Con riferimento all’elemento soggettivo, invece, questo dovrà ritrovarsi nel dolo generico consistente nella volontà cosciente di limitare la libertà personale di un determinato individuo.
Tuttavia, il fine dell’azione potrà condurre all’applicazione di altre ed ulteriore fattispecie di reato. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il sequestro di persona avvenga per scopo di estorsione.
Ritrovandoci in presenza di un reato di danno, per questa fattispecie delittuosa è prevista l’ipotesi del tentativo nel caso in cui siano stati posti in essere atti idonei diretti in modo non equivoco a privare la libertà di un individuo.

6. La durata del sequestro di persona per la configurazione del reato

La norma relativa al sequestro di persona non pone un lasso di tempo minimo necessario per la configurazione del reato. Quello che dovrà essere di volta in volta oggetto di valutazione da parte del giudice è la condotta posta in essere dal soggetto agente. Vi sono state ipotesi in cui la Suprema Corte ha accertato la sussistenza di tale ipotesi delittuosa per casi in cui, in concreto, vi sia stata una privazione della libertà per pochi secondi.
Quindi, quello che dovrà essere di rilievo per la sussistenza del reato di sequestro di persona, non dovrà essere il tempo ma la condotta posta in essere dal soggetto attivo.

7. Le ultime dalla Corte di Cassazione

Il delitto di arresto illegale si differenzia dal sequestro di persona commesso da un pubblico ufficiale con abuso di poteri inerenti alle sue funzioni sia quanto all’elemento oggettivo, poiché, nel primo caso, l’abuso deve riguardare specificamente l’esercizio di un potere di coercizione riconosciuto e disciplinato dalla legge, sia quanto all’elemento soggettivo, poiché, per abusare del potere di arresto, è necessario che la volontà dell’agente sia diretta sin dall’inizio a mettere il soggetto illegalmente ristretto a disposizione dell’autorità giudiziaria. (Nella specie la Corte ha ritenuto correttamente configurato il reato di cui all’art. 605, comma secondo, cod. pen. nell’operato di alcuni carabinieri che, dopo aver condotto in caserma un automobilista in evidente stato di ebbrezza per sottoporlo ad alcoltest, lo avevano rinchiuso in cella di sicurezza per circa mezz’ora). (Cass. Sez. V penale, sentenza del 11 giugno 2020 n. 17955).

Il delitto di sequestro di persona non implica necessariamente che la condizione limitativa imposta alla libertà di movimento sia obiettivamente insuperabile, essendo sufficiente che l’attività anche meramente intimidatoria o l’apprestamento di misure dirette ad impedire o scoraggiare l’allontanamento dai luoghi ove si intende trattenere la vittima, se non attraverso iniziative imprudenti e pericolose per la propria persona, siano idonei a determinare la privazione della libertà fisica di quest’ultima, con riguardo, eventualmente, alle sue specifiche capacità di reazione. (Fattispecie in cui la vittima, dopo aver forzato con una sbarra di ferro, casualmente rinvenuta, la serratura della porta del locale nel quale era stata rinchiusa nel corso di una rapina, si dava alla fuga solo dopo essersi accertata dell’allontanamento dei rapinatori). (Cass. Sez. II penale, sentenza del 15 marzo 2019 n. 11634).

Il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione si distingue da quello di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona, posto in essere in concorso con il sequestro di persona, non già in base alla intensità della violenza o della minaccia che connota la condotta, bensì in ragione del fine perseguito dal suo autore che, nel primo caso, è volta al conseguimento di un profitto ingiusto, e, nell’altro, alla realizzazione, con modi arbitrari, di una pretesa giuridicamente azionabile. (In motivazione la Corte ha precisato che l’ingiusto profitto sussiste sia nel caso in cui il vantaggio ricercato dal reo coicide con il prezzo della liberazione sia nel caso in cui detto vantaggio derivi dall’esecuzione di un pregresso rapporto illecito con la vittima del reato, trattandosi di una pretesa non tutelabile dinanzi all’autorità giudiziaria). (Cass. Sez. VI penale, sentenza del 29 dicembre 2017 n. 58087).