I reati ambientali

Con riferimento ai reati di natura ambientale il legislatore ha introdotto, di recente, un intero titolo dedicato ai delitti contro l’ambiente, ovvero il VI-bis, del libro secondo codice penale.
Con l’aumentare del degrado ambientale, dovuto ad una scarsa responsabilità da parte dell’essere umano, si è deciso di intervenire per meglio disciplinare da un punto di vista giuridico questo spiacevole fenomeno culturale.

1. Inquadramento normativo 

La prima generica previsione del reato di natura ambientale ci viene fornita dall’articolo 452 bis del codice penale. Ai sensi del predetto articolo, infatti, viene punito con una reclusione fino a sei anni ed una multa fino a centomila euro chi cagiona una compromissione o un deterioramento:

– delle acque, dell’aria, del suolo o del sottosuolo;
– di un ecosistema, della biodiversità, della flora o della fauna.

2. Singole fattispecie di reato ambientale

Oltre alla generica previsione di legge indicata nel precedente paragrafo, il legislatore ha voluto prevedere  in maniera specifica ulteriori e precise circostanze che rientrano nel novero dei disastri ambientali e che sono meritevoli di separata previsione sanzionatoria. Di seguito saranno oggetto di singolare trattazione le varie fattispecie previste.

2.1 Disastro ambientale

Costituisce specifica ipotesi reato, quella previsto dall’art. 452 quater c.p., che prevede la circostanza del disastro ambientale. Ai sensi di quest’ultimo articolo, infatti, è prevista una pena della reclusione fino a quindici anni per i casi in cui il soggetto agente abbia causato:

a. una alterazione irreversibile dell’equilibrio di un ecosistema;
b. una alterazione dell’equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti difficile;
c. offesa alla pubblica incolumità  in ragione della rilevanza del fatto.

Inoltre, la norma prevede un aggravio della pena per l’ipotesi in cui il disastro ambientale venga commesso in luogo di particolare interesse storico o ambientale.

2.2 Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività

Costituisce ulteriore ipotesi di reato ambientale quello previsto dall’art. 452 sexies c.p., il quale ritiene fattispecie delittuosa il traffico e l’abbandono di rifiuti radioattivi. In tale circostanza è prevista una pena detentiva fino a sei anni e una multa fino ad € 50.000,00.
Sono inoltre previste circostanze aggravanti per i casi in cui vi sia una seria compromissione delle acque, dell’aria o del suolo e per l’ipotesi in cui, dal reato, derivi la messa in pericolo della vita di altro soggetto.

2.3 Impedimento del controllo da parte della vigilanza

L’articolo 452 septies del codice penale, prevede una pena della reclusione fino ad anni tre per il caso in cui un soggetto ostacoli, con qualsiasi mezzo, l’attività di controllo e vigilanza ambientali  nonché della sicurezza e dell’igiene sul luogo di lavoro.

2.4 Omessa bonifica

Per l’effetto dell’art. 452 terdecies c.p., qualora il soggetto tenuto a compiere opere di bonifica per legge, o per ordine del giudice, non vi provveda, sarà assoggettato ad una pena detentiva che andrà da un minimo di un anno ad un massimo di quattro, oltre ad una multa che potrà raggiungere l’importo massimo di euro ottantamila.

2.5 Attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti

L’ultimo articolo del codice penale che disciplina i reati ambientali, ovvero il 452 quaterdecies, prevede l’ipotesi di una dedizione organizzata al traffico di rifiuti. In tale ultima ipotesi il soggetto che con più operazioni e con attività continuative organizzat, traffica rifiuti in maniera illecita, è punito con la pena della reclusione minima di un anno e massima di sei. Dal medesimo articolo sono previste le circostanze aggravanti e il dovere del giudice di ordinare il ripristino dello stato dei luoghi oggetto dell’illecito.

3. Circostanze aggravanti comuni e confisca

Le circostanze aggravanti comuni per i reati di natura ambientale sono previste dall’art. 452 octies c.p., ai sensi del quale, infatti, comportano aggravio di pena la circostanza il predetto reato sia commesso:

– da associazione a delinquere o di stampo mafioso;
– dal pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio che svolge funzioni in ambito ambientale.

Altra circostanza aggravante è quella in cui il fatto viene commesso allo scopo di conseguire uno o più delitti tra quelli previsti dal Testo unico ambientale (o codice dell’ambiente).
La legge penale prevede, altresì, che siano assoggettati a confisca i beni che costituiscono il provento del reato ambientale commesso.

4. Circostanze attenuanti comuni

Può comportare una diminuzione della pena l’ipotesi in cui il soggetto agente, dopo aver commesso uno tra i reati di natura ambientale previsti dalla legge, si adoperi affinchè l’attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori.
Inoltre, per i casi di inquinamento ambientale e disastro ambientale, è possibile che il reato sia stato commesso con colpa e non con dolo, in tale ultima ipotesi è prevista una diminuzione della pena fino a due terzi.

5. Elemento oggettivo

L’elemento oggettivo può consistere in una condotta posta in essere dal soggetto agente che volutamente o non volutamente compie un reato tra quelli previsti di natura ambientale.

6. Elemento soggettivo

I c.d. reati ambientali possono essere commessi con dolo generico, specifico ovvero con colpa. Per il reato di natura colposa vi è l’espressa previsione fornita dall’art. 452 quinquies c.p. Può accadere quindi, che si verifichi un reato ambientale senza che lo stesso sia voluto dal soggetto agente. Si pensi, ad esempio, al riversamento fortuito di materiale chimico da parte di un autotreno.
Con riferimento al dolo, questo può essere generico per la commissione di taluni reati e specifico per altri. In tale ipotesi, in ogni caso, il soggetto avrà posto in essere una condotta volta, con coscienza e volontà, a compiere taluno dei delitti previsti dal titolo VI bis c.p.

7. Ultime dalla Corte di Cassazione

“In tema di reati ambientali, l’attribuzione della delega di funzioni non fa venir meno il dovere di controllo del delegante sul corretto espletamento delle funzioni conferite, sussistendo, tuttavia, la responsabilità di quest’ultimo solo qualora si ravvisino in concreto gli estremi della “culpa in vigilando”. (Fattispecie in cui è stata esclusa la violazione del dovere di controllo del delegante, in considerazione al fatto che al delegato erano ascritte irregolarità nelle modalità di stoccaggio dei rifiuti del tutto marginali, derivanti da modeste difformità rispetto alle prescrizioni dell’autorizzazione integrata ambientale).” (Cass. Sez. III penale, sentenza del 5 giugno 2020, n. 17174)

“È configurabile la responsabilità amministrativa dell’ente derivante dai reati ambientali di natura colposa di cui al d. lgs. n. 152 del 2006, introdotti per il tramite dell’art. 25-undecies, comma 2, d.lgs. n. 231 del 2001 nell’elenco dei reati-presupposto della responsabilità amministrativa dell’ente, qualora sia stata sistematicamente violata la normativa cautelare con conseguente oggettivo interesse o vantaggio per l’ente, sotto forma di risparmio di spesa o di massimizzazione della produzione, indipendentemente dalla volontà di ottenere il vantaggio stesso.” (Cass. Sez. III penale, sentenza del 27 gennaio 2020, n. 3157)

“La legittimazione a costituirsi parte civile nei processi per reati ambientali spetta non soltanto al Ministro dell’Ambiente per il risarcimento del danno ambientale ma anche agli enti locali territoriali, i quali deducano di avere subito, per effetto della condotta illecita, un danno diverso da quello ambientale, avente natura anche non patrimoniale.” (In applicazione del principio la Corte ha confermato la decisone con la quale era stato riconosciuto al Comune ed alla Regione il risarcimento per danno all’immagine). (Cass. Sez. III penale, sentenza del 11 giugno 2014, n. 24619)