Le limitazioni della concorrenza

La libertà di iniziativa economica promulgata dalla Costituzione all’art. 41 non va intesa in senso assoluto. La scelta di intraprendere un’attività economica e la libera concorrenza sul mercato incontrano alcune volte limiti stabiliti dalla legge e altre volte limiti negoziali.
La legge e lo stesso art. 41 Cost. limitano l’iniziativa economica privata quando sussistono comprovate ragioni di interesse generale.

1. La libertà di iniziativa economica

In tema di concorrenza è doveroso far riferimento al principio cardine che è alla base dell’attività economica in generale: la libertà di iniziativa economica privata. Il principio, contemplato nell’art. 41 della Costituzione, riconosce a tutti la libertà di avviare l’esercizio di un’attività economica.
La libertà non è però intesa in senso assoluto. Se da un lato viene concesso ampio spazio in materia, dall’altro, si precisa che tale spazio non è del tutto illimitato. Al secondo comma dell’art. 41 si precisa, infatti, che l’attività “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. La libertà economica incontra il limite dell’interesse generale e, a tal proposito, la legge conferisce il potere di istituire i controlli opportuni affinché l’attività economica sia orientata ai fini sociali.

Altro riferimento normativo importante in tema di concorrenza e avvio di attività economica è dato dall’art. 2595 c.c. Anche questa norma limita, in un certo senso, il principio di libertà e precisa che la concorrenza deve svolgersi in modo da non ledere gli interessi dell’economia nazionale.

Entrambe le norme mostrano come l’iniziativa privata gode di una libertà che non può spingersi oltre i confini dell’interesse collettivo e sociale. L’interesse collettivo e sociale viene anteposto all’interesse del singolo di avviare un’attività economica: la libertà di iniziativa economica deve essere esercitata in modo da non ledere e contrastare l’interesse della collettività e l’utilità sociale.

2. Limitazioni pubblicistiche

La libertà di iniziativa economica sancita dall’art. 41 Cost. può subire particolari limitazioni pubblicistiche al fine di tutelare l’interesse generale. Tali limitazioni sono disposte dai pubblici poteri attraverso interventi legislativi finalizzati a vigilare sull’esercizio di determinate attività economiche a tutela dell’interesse collettivo.
Ad esempio vi sono attività il cui esercizio è subordinato a concessioni o licenze amministrative; altre attività sono, invece, soggette al regime di prezzi amministrati fissati, cioè, dalle autorità amministrative (si pensi al prezzo dei medicinali) e altre ancora sono soggette a particolari controlli amministrativi (per esempio gli istituti di credito).

3. Monopoli legali

Vi sono poi casi particolari in cui la libertà di iniziativa economica e la relativa concorrenza vengono completamente soppresse a favore della costituzione dei cosiddetti monopoli pubblici.
L’art. 43 della Cost. legittima la costituzione di monopoli legali per lo svolgimento di attività che riguardano i servizi pubblici essenziali, fonti di energia o servizi aventi interesse generale. L’attività può essere esercitata dallo Stato, da un altro ente pubblico o da un privato su concessione dello Stato.
Il monopolio legale è disposto dalla legge e si caratterizza per la presenza di una sola impresa sul mercato: è precluso l’ingresso ad ogni altra impresa.


In regime di monopolio legale non trovano applicazione le discipline comunitarie e nazionali Antitrust. Il legislatore, tuttavia, si è preoccupato di tutelare i terzi imponendo particolari obblighi in capo al monopolista.
In base all’art. 2597 c.c.chi esercita un’impresa in condizione di monopolio legale ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento”. Il monopolista ha quindi l’obbligo di soddisfare la domanda di tutti i consumatori e di applicare le condizioni contrattuali a tutti allo stesso modo.

4. Limitazioni legali di concorrenza

I limiti legali della concorrenza rappresentano dei vincoli posti dal legislatore al fine di garantire correttezza nell’applicazione di un contratto e tutelare gli interessi delle parti in determinate situazioni.

Tali limitazioni si traducono in genere in obblighi a carico di soggetti legati da particolari rapporti contrattuali.
Esempi di limitazioni legali sono:

  • l’obbligo di fedeltà che grava sul lavoratore subordinato il quale è tenuto a non contrattare con i concorrenti del datore di lavoro per tutta la durata del contratto di lavoro;
  • divieto di concorrenza per chi trasferisce un’azienda o una parte di essa per un periodo pari a cinque anni
  • divieto di esercitare attività concorrente che grava sui soci e amministratori delle società;

5. Limitazioni negoziali

In base a quanto stabilito nell’art. 2596 c.c., le limitazioni della concorrenza possono derivare dalla stipulazione di particolari patti che vincolano una o più parti.
Tali limiti non sono imposti dalla legge ma derivano da disposizioni contrattuali. Gli accordi che limitano la concorrenza in questo senso devono essere redatti per iscritto, devono essere circoscritti ad una determinata zona o attività e possono avere una durata massima pari a cinque anni.

Distinguiamo due tipologie di patti che limitano la concorrenza:

  • I patti autonomi: contratti autonomi che hanno la funzione di limitare la libertà di concorrenza. Il patto può prevedere obblighi nei confronti di una sola parte (restrizione unilaterale) o di tutte parti che partecipano all’accordo (restrizione reciproca).
    Le restrizioni reciproche, definite anche cartelli o intese, hanno ad oggetto particolari condizioni che regalano il mercato comune delle parti. Esempi di restrizioni reciproche sono i cartelli di contingenza (stabiliscono la quantità che ciascuna parte deve produrre), i cartelli di zona (stabiliscono i mercati di sbocco di ciascuna delle parti) e i cartelli di prezzo (stabiliscono i prezzi di vendita da applicare ai beni e servizi prodotti).
  • I patti accessori: clausole accessorie di altri contratti, aventi diverso oggetto, che prevedono particolari limitazioni della concorrenza. Come per i patti autonomi, possono vincolare una parte o più parti.
    Ne è un esempio il patto di non concorrenza che vincola il lavoratore a non esercitare alcuna attività concorrente per due anni dalla cessazione del contratto di lavoro.