L’avvio e la fine dell’attività di impresa

Il ciclo di vita di un’attività imprenditoriale è scandito da particolari momenti che da un lato ne sanciscono l’inizio e dall’altro la fine.
L’art. 2082 c.c. non espone in maniera dettagliata il momento a partire dal quale un’impresa può considerarsi avviata o conclusa: si limita ad enunciare che la qualità di imprenditore è subordinata all’esercizio dell’attività di impresa.
Lo svolgimento dell’attività è quindi il fulcro attorno al quale ruota la vita dell’impresa delineandone l’inizio e la fine.

1. L’avvio dell’impresa

Assodato che la qualifica di imprenditore si acquista parallelamente all’effettivo svolgimento dell’attività di impresa, bisogna ora capire quando tale attività può considerarsi avviata.

L’attività di impresa non può considerarsi avviata per effetto di adempimenti amministrativi che caratterizzano l’inizio dell’attività: la semplice costituzione o l’iscrizione nel registro delle imprese non implicano l’avvio dell’attività in quanto, anche se richiamano i requisiti di professionalità e organizzazione disciplinati dall’art. 2082 c.c., non sono altro che fasi preliminari che sanciscono una certa programmabilità dell’attività e tale resta fino all’effettiva attuazione del programma di impresa. D’altronde l’art. 2082 subordina l’acquisto della qualità di imprenditore all’esercizio effettivo dell’attività di impresa e non ai soli propositi e programmi della stessa.

La giurisprudenza ritiene che l’impresa si considera avviata nel momento dell’effettivo svolgimento delle attività ad essa relative e cioè:

  • Al compimento di un singolo atto di gestione se preceduto da una serie di atti preparatori eseguiti in forza di un’organizzazione stabile; ciò perché gli atti preparatori eseguiti conferiscono all’attività carattere professionale e non occasionale;
  • Al compimento di una serie di atti omogenei coordinati e ripetuti nel caso in cui il soggetto non abbia eseguito atti preparatori.

L’effettività che caratterizza l’attività di impresa è il risultato dello svolgimento di atti che per le loro intrinseche peculiarità conferiscono all’attività carattere di concretezza e autenticità.

2. La fine dell’impresa

Come l’inizio dell’attività di impresa, anche la fine di impresa è subordinata al principio dell’effettività. L’attività imprenditoriale, infatti, non può ritenersi cessata solo per effetto di determinati adempimenti amministrativi quali la cancellazione da albi o la cancellazione dal registro delle imprese.
La fine dell’impresa coincide con la conclusione del processo di liquidazione. Questa è una fase in cui l’imprenditore chiude il ciclo produttivo: vende le giacenze di magazzino e gli impianti, chiude i rapporti con i dipendenti e liquida il passivo per adempiere alle obbligazioni non estinte.

Nel caso dell’impresa commerciale, l’art. 10 della legge fallimentare dispone che “l’imprenditore può essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell’attività”.
Gli imprenditori individuali e collettivi che hanno cessato l’esercizio di impresa, possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dell’attività dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo. I creditori e il pubblico ministero possono dimostrare il momento della cessazione dell’attività ai fini del computo del termine annuale entro cui è possibile dichiarare fallimento. L’imprenditore, invece, non può dimostrare che l’attività sia cessata prima della cancellazione dal registro delle imprese al fine di anticipare il termine.

La cancellazione dal registro delle imprese è condizione necessaria ma non sufficiente a decretare la fine dell’impresa; ad essa deve essere collegata l’effettiva cessazione dell’attività attraverso la disgregazione di tutto il complesso aziendale.