La filiazione

La filiazione consiste nel rapporto che unisce un determinato individuo a coloro che l’hanno concepito. Questo istituto è stato oggetto di ampio dibattito nel mondo giuridico fino a giungere all’importante processo di riforma introdotto dalla legge n. 219 del 2012.
Di seguito analizzeremo le peculiarità della filiazione e quali modifiche sono state introdotte con l’ultima riforma.

1. Cenni generali sull’istituto della filiazione

Come accennato nel libello introduttivo, il significato della filiazione risiede nel rapporto che biologicamente si viene a creare tra l’appena nato e coloro che lo hanno concepito.
Prima della riforma del 2012, il codice civile distingueva i figli legittimi, ovvero concepiti da genitori coniugati, e i figli naturali, cioè concepiti da soggetti non uniti dal vincolo del matrimonio.
Oggi questa distinzione è stata totalmente eliminata con la modifica dell’art. 315 del codice civile, il quale prevede che “Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”.

2. La riforma sulla filiazione

Attraverso la legge n. 219 del 10 dicembre 2012 e il successivo D. lgs. n. 154 del 28 dicembre 2013 sono state introdotte numerose novità in materia di filiazione. Si riportano di seguito i passaggi più significativi:

  • All’interno del codice civile le parole “figli legittimi” e “figli naturali” sono state sostituite rispettivamente con le parole “figli nati nel matrimonio e “figli nati fuori dal matrimonio;
  • Le disposizioni contenute dagli artt. 155 e successivi del codice civile (relative alla responsabilità genitoriale in caso di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, nullità e annullamento del matrimonio) sono state spostate negli artt. da 337 bis a 337 octies c.c.;
  • Ai nonni è riconosciuto il diritto di ricorrere al tribunale per i minorenni al fine di mantenere i rapporti con i propri nipoti;
  • È stato introdotto l’obbligo di ascolto del minore, a meno che non sia palesemente superfluo o in contrasto con gli interessi dello stesso minore.

3. Acquisizione dello status di figlio

L’acquisizione dello status di figlio può avvenire in due modi diversi. Nel caso dei figli nati in circostanza di matrimonio, lo status si forma d’ufficio, con la denuncia di nascita e la formazione del relativo atto dinanzi all’ufficio anagrafe del comune di competenza. Qualora, invece, la nascita non sia stata regolarmente denunciata da entrambi i genitori, il rapporto di filiazione può desumersi da una serie di fatti che nel loro complesso conducono ad un rapporto genitoriale. I fatti di maggiore rilievo che comunque dovranno concorrere per il riconoscimento dello status di figlio sono:

  • Che il genitore abbia trattato l’individuo come figlio ed abbia provveduto in questa qualità al mantenimento, al collocamento e all’educazione di essa;
  • Che il presunto genitore sia considerato come tale nei rapporti sociali;
  • Che tale rapporto presuntivo sia stato riconosciuto anche dalla famiglia.

Per il caso invece dei figli nati fuori dal vincolo matrimoniale è necessario il riconoscimento o un accertamento giudiziario del rapporto di filiazione. La disciplina relativa a quest’ultimo caso è contenuta nell’art. 250 del codice civile e prevede che il riconoscimento possa avvenire direttamente nell’atto di nascita o con un’apposita dichiarazione, successiva alla nascita o al concepimento.

4. Diritti e doveri dei figli

Al figlio sono riservati una serie di diritti e doveri così come previsti dall’art. 315 bis c.c.
Egli infatti:

  • Ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni;
  • Ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti;
  • Deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finchè convive con essa;
  • Ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, se ha compiuto dodici anni.

5. Azione di reclamo dello stato di figlio

L’azione di reclamo dello stato di figlio può avvenire nei confronti di genitori coniugati. Secondo il codice civile:

  • L’azione può essere esercitata da chi è nato fuori dal matrimonio ma fu iscritto come figlio di ignoti;
  • L’azione può essere esercitata per reclamare uno stato di figlio conforme alla presunzione di paternità;
  • Nel giudizio devono essere chiamati entrambi i genitori.

Per il caso dei figli nati fuori dal matrimonio si parla, invece, di “dichiarazione di paternità e maternità”.

6. Il caso dei figli non riconoscibili

La legge prevede anche l’ipotesi in cui lo status di figlio non sia più riconoscibile. Tale circostanza può avvenire in una delle seguenti ipotesi:

  • I figli nati da genitori che non hanno compiuto 16 anni, salvo l’intervento del giudice che ne conceda l’autorizzazione;
  • Il figlio ultraquattordicenne che non abbia dato il consenso al riconoscimento;
  • Il figlio infraquattordicenne per mancanza di consenso del genitore che abbia già effettuato il riconoscimento, salva l’autorizzazione del tribunale;
  • Il figlio privo di assistenza morale e materiale, per il quale siano intervenuti la dichiarazione di adottabilità e l’affidamento preadottivo;
  • Il figlio riconosciuto da altri e non riconoscibile dal padre biologico.

Tuttavia, anche se il figlio resta privo di riconoscimento, è prevista comunque la possibilità di esperire azione giudiziale volta ad ottenere il mantenimento, l’istruzione e l’educazione e il diritto a un assegno vitalzio.

7. Ultime dalla Corte di Cassazione

Il provvedimento di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone, come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunziate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, ma anche la loro idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova autonoma valutazione dei presupposti dell’entità dell’assegno ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione originaria dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto ed adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione all’eventuale nuova situazione patrimoniale. Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 18608 del 30 giugno 2021

La proposizione, ex art. 316 c.c., avanti al tribunale ordinario da parte di uno dei genitori di una domanda per l’affidamento esclusivo di un minore, ai sensi degli artt. 337 quater e 316 bis c.c., nella pendenza avanti al tribunale per i minorenni di un procedimento per la decadenza dalla responsabilità genitoriale dell’altro genitore, pur escludendo l’attrazione al tribunale ordinario del procedimento “de potestate”, in quanto anteriormente instaurato, non determina l’attrazione della competenza sul procedimento per l’affidamento del figlio al tribunale minorile, senza che rilevi la circostanza che, nella specie, l’oggetto della domanda, proposta ai sensi dell’art. 316 c.c., sia costituito unicamente dall’adozione dei provvedimenti nell’interesse della prole, poichè il carattere tassativo delle competenze attribuite al tribunale per i minorenni e la mancata previsione di una “vis attractiva” in favore dello stesso, impongono di ritenere che il giudizio successivamente promosso dinanzi al tribunale ordinario resti attribuito alla sua competenza, ferma restando la necessità di tener conto nell’adozione dei provvedimenti nell’interesse della prole delle determinazioni assunte dal giudice specializzato. Cassazione civile, Sez. VI-I, ordinanza n. 16340 del 10 giugno 2021

Ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all’assegnazione della casa coniugale, il giudice di merito è tenuto a valutare, con prudente apprezzamento, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei beneficiari, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l’assegnazione dell’immobile, fermo restando che tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, poiché il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni e (purché compatibili con le condizioni economiche dei genitori) aspirazioni. Cassazione civile, Sez. I, ordinanza n. 17183 del 14 agosto 2020