La detenzione domiciliare

La misura della detenzione domiciliare, nel gergo comune definita “arresti domiciliari”, fonda le sue radici giuridiche nella c.d. legge Gozzini(1). Si tratta di una legge promulgata nel 1986 che ha avuto un forte impatto sulla modifica dell’ordinamento penitenziario penale e sulla esecuzione delle misure privative della libertà allora in vigore.
La differenza sostanziale tra la detenzione domiciliare e gli arresti domiciliari sta nel fatto che mentre nel primo caso si tratta di un regime di espiazione della pena, nel secondo caso, invece, si tratta di una misura cautelare.

1. Introduzione all’istituto della detenzione domiciliare

La normativa relativa alle modalità di esecuzione della pena si riconduce alla legge n. 354/1975(2). Prima dell’emanazione della predetta legge lo Stato, nel regolare le modalità di somministrazione della pena previste dall’ordinamento penale, si affidava ad una normativa obsoleta e risalente addirittura ai tempi del codice Zanardelli.
In prima battuta, questa legge riportava una disciplina relativa agli arresti domiciliari molto meno peculiare rispetto ad oggi. 
Come accennato nel libello introduttivo, infatti, la stessa è stata oggetto di profonda revisione undici anni dopo grazie alla legge c.d. Gozzini. La predetta legge, infatti, ha apportato una serie di modifiche sostanziali all’istituto, perfezionate in ultima battuta dalla legge n. 165/1998(3).

2. Requisiti per ottenere gli arresti domiciliari

Per l’ottenimento della detenzione domiciliare, l’art. 47 ter della legge 354/1975 pone una serie di requisiti di natura oggettiva e temporale che si riassumono di seguito:

Termine di penaSoggetti beneficiari
Pena della reclusione non superiore a quattro anni o pena residua non superiore a quattro annia. donna incinta;
b. madre di figli di età inferiore a dieci anni;
c. padre esercente la potestà genitoriale su figli di età minore di anni dieci e con lui convinventi;
d. soggetti in condizioni di salute gravi e che necessitano di costante assistenza sanitaria;
e. persona inabile di età superiore a sessanta anni;
f. minore di anni ventuno se dimostra di avere esigenze di salute, lavoro o famiglia.
Pena della reclusione non superiore a due anni o pena residua non superiore a due anniCondannato che non necessita di affidamento in prova ai servizi sociali e che dall’arresto domiciliare non possa comunque commettere ulteriori reati. 

Inoltre, in caso di rinvio di esecuzione della pena ai sensi degli artt. 146 e 147 del codice penale, la detenzione domiciliare può essere disposta dal giudice, a prescindere dalla durata totale della pena. In questo caso, il periodo di detenzione in domicilio è prestabilito e, al suo termine riprende la detenzione in carcere. 
Ad ogni modo, in caso di comprovate esigenze oggettive, al termine del periodo di detenzione domiciliare, potrà essere concessa una proroga da parte del Tribunale di sorveglianza. 

3. Il ruolo del tribunale di sorveglianza

Se l’istanza di applicazione della detenzione domiciliare viene effettuata dopo che ha avuto inizio l’esecuzione della pena, il magistrato di sorveglianza avrà facoltà di disporre l’applicazione provvisoria della misura, quando ricorrono i requisiti indicati dai commi 1 e 1-bis dell’art. 47 ter della legge 354/1975.
È sempre compito del tribunale disporre la revoca della detenzione domiciliare nei casi previsti dalla legge.

4. Misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria

La detenzione domiciliare potrà essere concessa oltre i limiti di pena normalmente previsti, nei confronti di coloro che sono affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria debitamente accertate.

5. La detenzione domiciliare speciale

Per cercare di rendere meno traumatico il distacco generato dalla detenzione in carcere tra madri e figli, la legge n. 40/2001(4) ha introdotto l’istituto della detenzione domiciliare speciale che prevede,  e condannate madri di prole di età non superiore ad anni dieci, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli, possono essere ammesse ad espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e alla assistenza dei figli, dopo l’espiazione di almeno un terzo della pena ovvero dopo l’espiazione di almeno quindici anni nel caso di condanna all’ergastolo.

6. Casi di revoca della detenzione domiciliare

Il giudice competente è tenuto a disporre la revoca della detenzione domiciliare, nel caso in cui 

– riscontri nel condannato un comportamento contrario alla legge e appare incompatibile con la prosecuzione della misura;
– venga meno una delle condizioni indicate nei commi 1 e 1 bis dell’art. 47 ter della predetta legge;
– in caso di allontanamento dall’abitazione indicata come il luogo dove espiare la detenzione.