1. Trasferimento di azienda
Oggetto del trasferimento può essere l’azienda in toto oppure un solo ramo adibito a una particolare funzione aziendale. Si ha, quindi, trasferimento di azienda anche quando viene trasferito un insieme di beni idoneo ad essere impiegato nell’esercizio di una specifica attività e non tutto il complesso aziendale; in altre parole, è necessario che i beni che non rientrano nel trasferimento non compromettano la funzionalità economica dell’azienda e che il ramo aziendale trasferito sia dotato di autonomia produttiva e sia organizzato stabilmente da poter svolgere un’attività economica in maniera del tutto indipendente.
Ciò perché se così non fosse questo potrebbe essere un espediente utilizzato per demolire un settore che ha esaurito la sua utilità all’interno dell’azienda o non più autosufficiente a svolgere la funzione produttiva.
Per quanto attiene alla forma dell’atto di trasferimento non ne è disposta una in particolare: bisogna rispettare la forma richiesta per il trasferimento dei beni che compongono l’azienda o il ramo aziendale oggetto del trasferimento.
Ai fini dell’opponibilità nei confronti di terzi è però necessario che l’atto sia redatto in forma scritta e sia trasmesso al Registro delle Imprese: il contratto deve essere redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve essere depositato nel termine di trenta giorni.
2. Usufrutto e affitto di azienda
In caso di usufrutto e affitto di azienda sono previste delle differenze normative rispetto alle discipline generali degli istituti.
Gli artt. 2561 – 2562 c.c. pongono in capo all’usufruttuario e locatario particolari diritti e doveri finalizzati a non alterare la struttura dell’azienda e a concedere la libertà esecutiva ai nuovi gestori. In particolare l’usufruttuario e l’affittuario sono tenuti a conservare l’identità aziendale, non devono mutarne la destinazione economica, subentrano nei contratti aziendali per l’intera durata e devono rispettare il divieto di concorrenza.
3. Vendita dell’azienda e divieto di concorrenza
In caso di vendita dell’azienda per intero, l’alienante è tenuto a rispettare il divieto di concorrenza. L’art. 2557 del codice civile stabilisce che “chi aliena l’azienda deve astenersi, per il periodo di cinque anni dal trasferimento, dall’iniziare una nuova impresa che per l’oggetto, l’ubicazione o altre circostanze sia idonea a sviare la clientela dell’azienda ceduta”.
La disciplina tutela entrambe le posizioni:
– quella dell’alienante per il quale il divieto comprime la libertà di iniziativa economica per un periodo limitato di cinque anni ritenuto sufficiente affinchè il nuovo acquirente consolidi il rapporto con la clientela. Questi quindi non può quindi intraprendere una nuova attività concorrenziale tale da poter sviare la clientela dell’azienda ceduta;
– quella dell’acquirente tutelato dal divieto nei confronti dell’alienante al fine di consolidare il rapporto con la clientela.
Il divieto di concorrenza è valido solo nel momento in cui una eventuale nuova attività dell’alienante sia idonea, per le sue caratteristiche, a sviare la clientela all’azienda alienata. Il divieto, quindi, non è da intendersi in senso assoluto ma è relativo all’attività oggetto del trasferimento: il cedente è libero di avviare una attività non concorrenziale che non comporta la sottrazione della clientela all’acquirente.
Non sempre il divieto è sufficiente a tutelare il beneficiario o l’acquirente di un’azienda ceduta: l’alienante infatti spesso si serve di un prestanome, non tenuto al rispetto del divieto di concorrenza, per raggirare la norma e avviare un’attività idonea a sottrare la clientela all’azienda ceduta. È quindi doveroso precisare che il divieto di concorrenza si ritiene violato tutte le volte che vi è una sottrazione della clientela imputabile sia direttamente che indirettamente all’alienante.
In caso di usufrutto e affitto il divieto grava sull’usufruttuario e affittuario per tutta la durata del contratto.
4. Successione dei contratti aziendali, crediti e debiti
In merito alla successione dei contratti aziendali la normativa che regola il trasferimento di azienda dispone la conservazione dell’integrità economica aziendale e, allo stesso tempo, la tutela dei terzi che hanno intrapreso rapporti con l’azienda alienata: il cessionario subentra nei rapporti contrattuali (ad eccezione di quelli aventi carattere personale) che il cedente ha stipulato con gli stakeholders.
Non è quindi richiesto il consenso del terzo contraente nel trasferimento dei contratti aziendali; la disciplina consente al terzo contraente l’esercizio del diritto di recesso entro tre mesi dal trasferimento se sussiste giusta causa (art. 2558 c.c.). Il recesso determina l’estinzione del contratto. La norma non trova applicazione per i contratti aventi carattere personale: contratti cioè per i quali il consenso del terzo contraente è stato fortemente influenzato dalle caratteristiche personali dell’imprenditore. Per i trasferimenti di questi tipi di contratti è necessario il consenso del terzo contraente.
Per quanto riguarda il trasferimento dei crediti, la normativa (art. 2559 c.c.) stabilisce che questi vengono ceduti contestualmente all’azienda a partire dal momento in cui il trasferimento è iscritto nel Registro delle Imprese e che non è necessaria alcun’altra notifica al debitore. Il debitore è liberato se paga al cedente in buona fede: il cessionario in questo caso potrà esercitare la rivalsa sul cedente.
Per quanto concerne i debiti, invece, la normativa (art. 2560 c.c.) stabilisce che il cedente è liberato solo dopo il consenso al trasferimento d’azienda da parte dei creditori. Quindi anche a trasferimento avvenuto è l’alienante che risponde dei debiti aziendali. L’acquirente risponde delle obbligazioni aziendali solo nel momento in cui i debiti ante trasferimento risultano dai libri contabili obbligatori. Non si applica tale disciplina nel caso di usufrutto e affitto.