Il peculato: significato e caratteristiche

Il peculato consiste in una fattispecie delittuosa prevista dal nostro ordinamento penale. È un reato che può essere realizzato da individui che ricoprono determinate cariche professionali all’interno della pubblica amministrazione.
La sua nozione generale è contenuta nel libro II titolo II del codice penale intitolato, appunto, “dei delitti contro la pubblica amministrazione”.

1. Nozione sull’istituto del peculato

I caratteri che delineano il reato di peculato sono indicati dall’art. 314 c.p., il quale prevede al primo comma che: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni..”.
Obiettivo della norma è quello di garantire l’imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione.
Per i suoi tratti caratteristici, il peculato rientra nella classificazione dei reati c.d. propri.

1.1 Elementi necessari per la configurazione del reato di peculato

Trattandosi di reato proprio, il soggetto agente può esclusivamente essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.
Con riferimento, invece, all’elemento oggettivo, la condotta penalmente rilevante si traduce nell’appropriazione della cosa pubblica, ovvero quando il soggetto si comporti come proprietario della cosa compiendo su di esso atti di dominio come se la cosa fosse effettivamente di sua proprietà.
L’elemento soggettivo necessario è il dolo generico, ovvero nella coscienza e volontà di appropriarsi della cosa o del denaro appartenente alla “cosa pubblica”.

2. Peculato d’uso

Il secondo comma dell’articolo 314 del codice penale prevede, invece, una pena inferiore per quei casi in cui la fattispecie delittuosa in esame è compiuta senza che vi sia una appropriazione definitiva della cosa.
In siffatta ipotesi, infatti, è previsto che “si applica la pena della reclusione da 6 mesi a 3 anni, quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita”.
La previsione del secondo comma viene anche definita dalla dottrina c.d. “peculato d’uso”, in quanto vi è l’assenza del requisito dell’appropriazione. Tale ultima condotta è sostituita da un uso temporaneo della cosa per poi infine riportarla nelle disponibilità dell’ufficio pubblico ove il reo presta la propria attività lavorativa.

2.1 Elementi del peculato d’uso

A differenza degli elementi necessari per la configurazione del peculato in generale, per il peculato d’uso l’elemento soggettivo necessario si rinviene nel dolo specifico, che consiste nello scopo di usare per un determinato periodo di tempo la cosa nella disponibilità del proprio pubblico ufficio.
L’elemento oggettivo invece, anche in questo caso, è determinato dalla condotta volta alla sottrazione del bene dalla disponibilità pubblica.

3. Il reato di peculato mediante profitto dell’errore altrui

Questa ipotesi di reato è prevista dall’art. 316 del codice penale e sussiste quando il soggetto agente nello svolgimento della propria pubblica mansione, giovandosi dell’errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sé stesso o comunque per un’altra persona, una somma di denaro o altra forma di utilità.
In siffatta ipotesi, vi è una previsione di condanna alla reclusione che potrà variare dai sei mesi ai tre anni.

4. Peculato di cassa

Il peculato di cassa si configura quando il soggetto agente si appropria di una quantità di denaro o cose fungibili appartenenti alla “cosa pubblica” con il fine di restituirle entro il termine del rendiconto. Si tratta in questo caso di una circostanza che prevede un arco temporale limitato e che, sebbene si giunga alla restituzione costituisce comunque una pratica illecita.

5. Eliminazione del peculato di distrazione

Il legislatore del 1990 ha comunque soppresso dalla disposizione il riferimento alla distrazione quale possibile modalità di realizzazione della condotta, salvo poi ricondurne la rilevanza, in presenza degli ulteriori presupposti, all’abuso d’ufficio, secondo la volontà del legislatore storico.

6. Peculato e prescrizione

Con riferimento al reato di peculato, la prescrizione segue i termini ordinari previsti dal diritto penale per i reati in generale, ovvero che l’estinzione della perseguibilità del reato avverrà decorso il termine pari al massimo della pena prevista per la fattispecie delittuosa commessa, a far data dal giorno in cui il reato è stato commesso.
Nel caso del reato in esame, quindi, il delitto commesso si estinguerà dopo dieci anni e sei mesi dalla sua realizzazione.
In ogni caso, comunque, per i delitti i termini di prescrizione penale non potranno mai essere inferiori a sei anni e, pertanto, per l’ipotesi di peculato d’uso, anche se la pena massima è di tre anni, il diritto alla prescrizione sarà esercitabile soltanto dopo che sia decorso un termine pari a sei anni.

7. Ultima modifica legislativa

Con la legge n. 69/2015(1), contenente nuove “disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, di associazioni di tipo mafioso e di falso in bilancio”, è stata leggermente inasprita la pena massima prevista dall’art. 314 c.p., passando da dieci anni a dieci anni e sei mesi.
Il medesimo testo di legge ha altresì previsto un inasprimento delle pene relative agli altri reati previsti dal nostro ordinamento contro la pubblica amministrazione.

8. Peculato: Ultime sentenze delle Cassazione

In tema di peculato, l’appropriazione del denaro, riscosso dal notaio a titolo di imposte e non riversato all’erario, si realizza non già per effetto del mero ritardo nell’adempimento, bensì allorquando si determina la certa interversione del titolo del possesso, che si realizza allorquando il pubblico agente compia un atto di dominio sulla cosa, con la volontà espressa o implicita di tenere questa come propria, condotta che non necessariamente può essere ritenuta insita nella mancata osservanza del termine di adempimento. Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 16786 del 3 maggio 2021 

Integra il delitto di peculato la condotta del medico il quale, nello svolgimento dell’attività libero – professionale consentita dal d.P.R. 20 maggio 1987 n. 270 (cosiddetta “intra moenia”), riceva personalmente dai pazienti le somme dovute per la sua prestazione, anziché indirizzarli presso gli sportelli di cassa dell’ente, omettendo il successivo versamento all’azienda sanitaria. (In motivazione, la Corte ha precisato che il medico, sia pur in via di fatto e senza essere a ciò espressamente tenuto, si ingerisce nell’incasso di somme appartenenti, almeno in parte, all’ente pubblico, delle quali ha avuto la disponibilità nello svolgimento del suo ufficio). Cassazione penale, Sez. VI, sentenza n. 15945 del 27 aprile 2021 

Integra il delitto di peculato la condotta del gestore o dell’esercente degli apparecchi da gioco leciti di cui all’art. 110, sesto e settimo comma, TULPS, che si impossessi dei proventi del gioco, anche per la parte destinata al pagamento del Prelievo Erariale Unico (PREU), non versandoli al concessionario competente, in quanto il denaro incassato appartiene alla pubblica amministrazione sin dal momento della sua riscossione. (In motivazione, la Corte ha precisato che il concessionario riveste la qualifica formale di “agente contabile” ed è incaricato di pubblico servizio, funzione cui partecipano il gestore e l’esercente essendo loro delegate parte delle attività proprie del concessionario). Cassazione penale, Sezioni Unite, sentenza n. 6087 del 16 febbraio 2021