1. Cenni generali sull’istituto del divorzio
Nella nostra cultura a forte vocazione cattolica l’istituto del matrimonio è nato sul presupposto dell’indissolubilità. La previsione della conclusione del rapporto matrimoniale, infatti, non era stata contemplata da alcuna disposizione di legge fino al 1970, anno in cui, con la legge n. 898, viene introdotto nel nostro ordinamento giuridico l’istituto del divorzio che, come indicato dai primi due articoli della medesima legge, si fonda sul presupposto “..che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita..”.
Prima del 1970, lo scioglimento del matrimonio era contemplato nella sola ipotesi di decesso di uno dei coniugi.
Il motivo per cui si manifesta la volontà di procedere con il divorzio dovrà sempre essere fatto presente al Presidente del Tribunale il quale, come per i casi di separazione, ha il dovere di tentare di riconciliare i coniugi.
2. Cause di divorzio previste dalla l. n.898 del 1970
La legge del 1970 indica all’art. 3, quali sono i motivi che possano portare una coppia di coniugi al divorzio e, i più comuni, consistono in:
A. Fatti che costituiscono rilevanza penale e, quindi:
- Condanna successiva alla data di celebrazione del matrimonio per fatti avvenuti in precedenza;
- Ergastolo o pena di anni 15 per uno o più delitti non colposi;
- Condanna per fattispecie di reato espressamente previste dalle legge quali, ad esempio, incesto, induzione, costrizione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione;
- Condanna per omicidio volontario di un figlio o per tentato omicidio del coniuge o del figlio;
- Condanna a pena detentiva per reato di lesione personale con circostanze aggravanti.
B. Oltre alle circostante fin qui elencate la cessazione degli effetti del matrimonio può essere domandata nei casi in cui:
- Il coniuge sia stato dichiarato totalmente infermo di mente;
- È stata pronunciata, con sentenza passata in giudicato, la separazione tra i coniugi.
Nel caso della separazione, la stessa dovrà essersi protratta per almeno dodici mesi per la separazione giudiziale e di sei mesi per la separazione consensuale;
C. Costituisce causa di scioglimento dei vincoli matrimoniali il caso in cui il coniuge straniero ha ottenuto l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio all’estero e sempre all’estero abbia contratto nuovo matrimonio;
D. Anche la mancata consumazione del matrimonio costituisce per il nostro ordinamento giusta causa di divorzio. Sul punto la legge non tiene nemmeno conto di eventuali impedimenti di natura psico-fisica;
E. Infine, anche il passaggio in giudicato della sentenza di attribuzione di sesso costituisce valido motivo di divorzio. In una mera ottica logico-giuridica questo ultimo presupposto pare coerentemente, e indirettamente, collegato al motivo di divorzio indicato al punto precedente.
3. Procedura di divorzio dinanzi al Tribunale
Per la richiesta di scioglimento ovvero della cessazione degli effetti civili del matrimonio, la domanda dovrà essere proposta, mediante ricorso, dinanzi al Tribunale del luogo in cui il coniuge convenuto ha la residenza o il domicilio. Nel caso in cui il coniuge sia irreperibile o risieda all’estero, il ricorso potrà essere introdotto presso il Tribunale del circondario di residenza della parte che chiede di voler procedere con il divorzio.
Nel caso in cui, invece, la domanda di divorzio venga proposta congiuntamente, il Tribunale presso cui introdurre il ricorso potrà essere quello del luogo di residenza o domicilio dell’uno o dell’altro coniuge.
Ai fini di una corretta introduzione del ricorso si riportano sinteticamente le principali peculiarità che l’atto dovrà contenere:
- Indicazione del Giudice;
- Nome, cognome, residenza, e domicilio sia del ricorrente (colui che formalizza la richiesta di divorzio) che il convenuto;
- Oggetto della domanda;
- Esposizione dei fatti e gli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda di divorzio;
- Indicazione dei mezzi di prova di cui intende avvalersi.
Il nostro ordinamento prevede che i coniugi debbano comparire personalmente, a meno che l’impossibilità di comparsa sia dovuta a gravi e comprovati motivi. Con la loro personale comparizione il Presidente del Tribunale, così come previsto dalla legge, avrà la possibilità di ascoltarli prima separatamente e poi congiuntamente per esperire un tentativo di riconciliazione. Se la conciliazione non dovesse riuscire (ipotesi nella prassi assai probabile) o se il coniuge convenuto non dovesse comparire, il Presidente del Tribunale potrà disporre con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti che reputerà opportuni nell’interesse dei coniugi e soprattutto dei figli e nominerà il giudice istruttore presso il quale il procedimento di divorzio dovrà proseguire.
Per la parte relativa ai provvedimenti di natura economica la legge prevede che la sentenza di primo grado sia provvisoriamente esecutiva e, quindi, in caso di mancata corresponsione, ad esempio, dell’assegno di mantenimento, potrà essere avviata procedura di pignoramento presso la parte inadempiente.
Nel caso in cui, invece, la domanda di scioglimento del matrimonio sia stata proposta congiuntamente e contenente, quindi, anche le condizioni inerenti alla prole e ai rapporti economici, dovrà essere sempre proposta con ricorso al Tribunale. Quest’ultimo, dopo aver ascoltato i coniugi e dopo aver verificato la sussistenza dei presupposti di legge e valutata la rispondenza delle condizioni all’interesse dei figli, emetterà sentenza di divorzio. Se dall’accordo dei coniugi emergeranno patti lesivi dell’interesse dei figli, il Tribunale avrà facoltà di rettificare le parti che prevedono tale lesione.
4. Effetti del divorzio nella sfera personale e patrimoniale
Contestualmente all’emissione della sentenza di divorzio, le parti perdono automaticamente gli obblighi previsti dall’istituto del matrimonio ed indicati dal nostro codice civile. La sentenza di scioglimento del matrimonio dovrà essere annotata presso l’ufficiale dello stato civile ove è stato trascritto l’atto di matrimonio.
Per l’effetto del divorzio, la donna perderà il cognome del marito. Tuttavia, qualora la donna ne abbia interesse, il Giudice potrà comunque disporre che ella continui ad utilizzare il cognome del marito.
Nel caso di matrimonio contratto da persona straniera, nonostante la pronuncia della sentenza di divorzio, quest’ultima manterrà il diritto alla cittadinanza italiana.
Da un punto di vista prettamente economico il Giudice, dopo una attenta valutazione complessiva delle disponibilità reddituali di entrambi i coniugi, ha facoltà di disporre l’obbligo in capo ad un coniuge di corrispondere periodicamente in favore dell’altro un assegno, quando quest’ultimo non ha i mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Per permettere al Giudice di effettuare tale valutazione, l’art. 5 della l. n. 898 del 1970 prevede che i coniugi alla prima udienza di comparizione sono tenuti a presentare al Presidente del Tribunale tutta la documentazione relativa ai singoli quadri reddituali delle parti.
Se il Giudice che provvede all’emissione della sentenza di divorzio, ha fondato motivo di temere che la parte obbligata alla corresponsione dell’assegno di mantenimento possa sottrarsi a tale onere, potrà obbligarlo in via preventiva a prestare idonea garanzia reale o personale.
Nel caso in cui la parte beneficiaria dell’assegno passi a nuove nozze, perderà contestualmente il diritto a percepire l’assegno stabilito dalla sentenza di divorzio.
5. Effetti del divorzio verso la prole
La legge sul divorzio ha comunque lasciato ampia tutela nei confronti dei diritti e degli interessi della prole. L’art. 6, infatti, indica la permanenza dell’obbligo in capo agli ex coniugi di osservare le disposizioni degli artt. 147 e 148 c.c. che prevedono appunto, quali siano i doveri dei genitori verso i figli.
Sempre nell’ottica del miglior interesse della prole, il Giudice nella sentenza di divorzio indica a quale genitore i figli dovranno essere affidati non escludendo, in caso di specifiche necessità, di affidare i figli in maniera congiunta o alternata.
Da un punto di vista economico viene stabilito in che modo il genitore non affidatario dovrà contribuire alle spese di mantenimento dei figli.
La potestà genitoriale viene conferita al genitore affidatario ed è previsto che le decisioni di maggiore interesse dovranno essere adottate da entrambi i genitori. Il genitore che non ha l’affidamento, ha comunque la facoltà di vigilare sull’educazione ed istruzione dei figli e, qualora ritenga che siano state effettuate scelte pregiudizievoli al loro interesse, ha la facoltà di ricorrere al Tribunale.
Il genitore che ha ricevuto in affidamento i figli, ha comunque l’onore di attenersi alle disposizioni dettate dal Tribunale nella sentenza di divorzio. Infatti, qualora tali disposizioni non dovessero essere osservate, il Tribunale avrà anche la facoltà di disporre un successivo cambio di affidamento.
Tendenzialmente la casa familiare resta nella disponibilità del genitore affidatario ma sul punto, in ogni caso, il Giudice effettuerà una valutazione che dovrà tenere conto anche delle separate fonti reddituali dei coniugi cercando di tutelare, in tal senso, il coniuge più debole.
6. L’assegno di mantenimento
L’assegno di divorzio viene di solito versato periodicamente. Il suo importo è suscettibile di adeguamento automatico nella misura prevista dagli indici di svalutazione monetaria.
Su esplicito accordo dei coniugi, è possibile che la corresponsione dell’assegno avvenga in unica soluzione, ed il tutto dovrà chiaramente avvenire sotto la supervisione del Giudice, che ne valuterà la congruità dell’accordo in ragione delle sostanze a loro disposizione (potrà essere incluso nell’accordo anche la cessione di eventuali beni immobili).
Come detto in precedenza, ai fini di una valutazione dell’entità dell’assegno divorzile, il Giudice dovrà tenere in considerazione l’intero quadro reddituale di entrambi i coniugi e l’intero assetto mobiliare ed immobiliare degli stessi.
La legge, comunque, prevede dei casi in cui vi è la perdita del diritto a ricevere l’assegno di mantenimento così come predisposto dal Giudice. Tali casi sono:
- La morte di uno dei coniugi;
- Il passaggio a nuove nozze da parte del beneficiario;
- La sopravvenienza, in favore del coniuge beneficiario, dei mezzi adeguati al mantenimento del tenore di vita matrimoniale;
- Il peggioramento delle condizioni economiche del coniuge obbligato che comporti anche un peggioramento del suo stesso tenore di vita.
Con recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (n. 225/2016) è stato altresì affermato che la perdita del diritto all’assegno di mantenimento avviene anche nel caso in cui il beneficiario del predetto assegno abbia instaurato una nuova famiglia anche solo di “fatto”, non ritenendo quindi indispensabile il fatto che abbia contratto nuove nozze.
7. Divorzio e pensione di reversibilità
Il 2° comma dell’art. 9 della legge 698/1970 prevede che in caso di morte dell’ex coniuge la parte rispetto alla quale è stata pronunciata sentenza di scioglimento degli effetti civili del matrimonio avrà diritto, sempre se titolare del diritto a ricevere l’assegno mensile, alla pensione di reversibilità. Ciò sarà possibile se l’ex coniuge superstite non è passato a nuove nozze. Qualora vi sia altro coniuge o altri coniugi superstiti, il Tribunale avrà l’onere di ripartire fra tutti la pensione e gli altri assegni. La ripartizione non viene effettuata in egual misura tra le parti, ma viene effettuata tenendo conto dei rispettivi rapporti matrimoniali in ragione della loro durata.
8. L’assegno successorio
Il legislatore, per il tramite dell’art. 9 bis l. 898/1970, ha previsto la possibilità della corresponsione di un assegno successivo a morte dell’ex coniuge da addebitarsi sulle sostanze che lascia in eredità.
I requisiti necessari per l’attribuzione dell’assegno successorio sono:
- La titolarità del diritto all’assegno post-matrimoniale;
- La mancata celebrazione di nuove nozze;
- Lo stato di bisogno cioè l’assoluta mancanza di risorse economiche.
La valutazione dell’importo dell’assegno successorio dovrà essere rimesso al Giudice che dovrà valutare a tal fine diversi elementi, quali:
- L’importo dell’assegno post-matrimoniale;
- Capacità lavorative e reddituali dell’ex coniuge;
- Eventuale percepimento di pensione di reversibilità;
- Valore del patrimonio ereditario;
- Numero di eredi;
- Qualità degli eredi da un punto di vista economico.
È prevista la possibilità di corrispondere l’assegno successorio in unica soluzione.
Vi sono casi che portano alla perdita del diritto ad ottenere l’assegno successorio. Tali casi consistono nel passaggio a nuove nozze o nel venir meno dello stato di bisogno del coniuge.
Per gli stessi presupposti che danno diritto all’ottenimento dell’assegno successorio è possibile ottenere anche una percentuale dell’indennità di fine rapporto dell’ex coniuge defunto.