Atti osceni in luogo pubblico

Il reato di atti osceni in luogo pubblico rientra tra le fattispecie delittuose lesive dell’onore e del pudore sessuale. Nel codice Rocco è disciplinato all’art. 527. Questo reato, a seguito di alcuni interventi del legislatore è stato assoggettato ad una depenalizzazione, ritenendo più ristrette le ipotesi in cui possa intervenire una sentenza di condanna alla reclusione.

1. Riferimento normativo

Le norme attraverso le quali estrapolare l’intera disciplina relativa agli atti osceni in luogo pubblico sono contenute negli artt. 537 e successivi del codice penale.
Il primo comma dell’art. 537 c.p.  prevede che “Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000”.
Prima della riforma apportata dal d.lgs. 8/2016(1), anziché la sanzione amministrativa precedentemente indicata, era prevista la reclusione fino a tre anni.
Anche se è intervenuto il procedimento di depenalizzazione è rimasta una circostanza penalmente rilevante quella indicata dal secondo comma dell’articolo in esame, ovvero il caso in cui il fatto osceno viene compiuto in prossimità di luoghi frequentati da minori.

2. Atti osceni avvenuti per colpa

Nel caso degli atti osceni avvenuti per colpa, e non per dolo, il regime sanzionatorio viene pressocchè azzerato. Infatti, oltre a non essere prevista alcuna pena detentiva è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria per un importo che non potrà eccedere gli euro 309,00 che, paragonati alla sanzione prevista per i casi in cui il reato sia commesso con dolo (30.000 euro), lasciano pensare che il legislatore ha voluto davvero ritenere quasi irrilevante, ai fini penali, il caso degli atti osceni commessi con condotta colposa.

3. Bene giuridico tutelato

Il bene giuridico che si è voluto tutelare, con l’introduzione di questa norma, è la moralità pubblica e il buon costume dell’intera comunità.

4. La concezione di atti osceni per l’ordinamento penale

La domanda che molto spesso ci si pone quando si analizza la normativa in esame è: “Cosa intende il legislatore per atti osceni?”.
La risposta a questa domanda ci viene data in maniera chiara dallo stesso codice penale che, all’articolo 529 del codice penale, ci da la definizione di atti e oggetti osceni, definendo tali “gli atti e gli oggetti, che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore”.
Si può dire quindi che, gli atti osceni così come previsti dal nostro ordinamento, siano soggetti ad una mutazione costante che va di pari passo all’evoluzione dei costumi e delle abitudini della nostra società. Quello che era ritenuto osceno negli anni ’50 non è detto che anche oggi sia ritenuto tale.
Il medesimo articolo, inoltre, dispensa da ogni possibilità punitiva la circostanza della produzione di un’opera d’arte o di scienza salvo che sia procurata al minore di anni diciotto.

5. Elemento oggettivo

L’elemento oggettivo, come caratteristica del reato di atti osceni in luogo pubblico, è caratterizzato dalla condotta posta in essere dal soggetto agente (che potrà essere chiunque) che compia atti contrari alla pubblica morale e al buon costume, così come intesi dalla società contemporanea.

6. Elemento soggettivo

Come abbiamo già visto nei paragrafi precedenti, sebbene sia prevista anche una sanzione in caso di atti osceni commessi con colpa (di assai rara verificazione), sostanzialmente l’elemento soggettivo del reato è costituito dal dolo, ovvero dal fatto che l’atto sia compiuto dal soggetto agente con la consapevolezza che lo stesso sia osceno.

7. Differenza tra atti assolutamente osceni e atti relativamente osceni

A seguito dell’evoluzione giurisprudenziale indicata dalle diverse pronunce della Suprema Corte, si è arrivati a una catalogazione tra due tipi di atti osceni, ovvero quelli assolutamente osceni e quelli relativamente osceni. Si riportano nella tabella sottostante le relative peculiarità.

Atti assolutamente osceniAtti che la società ritiene osceni oltre ogni dubbio. Quindi saranno da ritenersi osceni in caso e circostanza (es. consumazione di un rapporto sessuale in pubblico)
Atti relativamente osceniAtti per i quali la loro eventuale oscenità va valutata in relazione al modo e alle circostanze in cui è stato commesso nel caso concreto.

8. Ultime sentenze dalla Corte di Cassazione

Di seguito le più importanti massime ufficiali sull’istituto in questione:

In tema di contravvenzione al foglio di via obbligatorio, ai fini del sindacato sulla legittimità del provvedimento del Questore, motivato con riferimento all’esercizio della prostituzione per strada con atteggiamenti osceni volti a richiamare possibili clienti, è irrilevante l’intervenuta depenalizzazione del delitto di cui all’art. 527 cod. pen., qualora sia successiva tanto all’emanazione del provvedimento che alla violazione commessa dal sottoposto. (Cass. Sez. I penale, sentenza del 28 novembre 2019 n. 48421)

“Per effetto della depenalizzazione dell’ipotesi base del delitto di atti osceni in luogo pubblico di cui al primo comma dell’art. 527 cod. pen., disposta dall’art. 2, comma primo, lett. a) del D.Lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, l’originaria ipotesi aggravata di cui al secondo comma del medesimo articolo è stata trasformata in fattispecie autonoma di reato, in cui l’elemento circostanziale costituito dalla commissione del fatto all’interno o nelle immediate vicinanze dei luoghi abitualmente frequentati da minori è divenuto elemento costitutivo del reato.” (Cass. Sez. III penale, sentenza del 13 giugno 2017 n. 29239)

È configurabile la causa di giustificazione dello stato di necessità (art. 54 cod. pen.) nei confronti di soggetto straniero, ridotto in condizione di schiavitù e obbligato a prostituirsi, il quale sia costretto a commettere il reato di atti osceni in luogo pubblico per il timore che, in caso di disobbedienza, possa essere esposta a pericolo la vita o l’incolumità fisica dei suoi familiari. (In motivazione, la Corte ha osservato che la condizione di “asservimento”, collegata a ripetute condotte di costrizione mediante violenza e minaccia ed al permanere dello sfruttamento nei suoi confronti, impedisce al soggetto di sottrarsi all’esercizio della prostituzione con le modalità, anche pubblicamente oscene, imposte dagli sfruttatori o dal cliente occasionale, precludendogli altresì di rivolgersi alle Forze dell’Ordine o anche solo di collaborare all’attività di polizia). (Cass. Sez. III penale, sentenza del 7 ottobre 2015 n. 40270)